Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  31/12/2020

I diritti dei più fragili a scuola - Mariagrazia Caruso

Recita testualmente l’art. 34 della Costituzione italiana: “La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.

Il nostro ordinamento assicura e garantisce il diritto all’istruzione per tutti come è reso, del resto, evidente anche dall’articolo 2 della Costituzione che tutela i diritti inviolabili della persona, dall’art. 3 della Costituzione ch3e sancisce il principio di uguaglianza e il compito precipuo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale nonché dall’art. 38, della Costituzione che prevede l’assistenza dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere .

Il diritto allo studio costituisce, infatti, nelle società moderne uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, nonché principio sancito nel diritto internazionale dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU se è vero come è vero che “Senza alfabeto niente democrazia. Senza alfabeto solo sottosviluppo" (T. De Mauro, Idee per il governo. La scuola, Laterza, '95,.39).

La Corte Costituzionale già con la sentenza n. 215 del 3 Giugno 1987 così chiariva:

“Statuendo che "la scuola è aperta a tutti", e con ciò riconoscendo in via generale l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, l'art. 34, primo comma, Cost. pone un principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità" apprestata dall'art. 2 Cost. trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che è la comunità scolastica. L'art. 2 poi, si raccorda e si integra con l'altra norma, pure fondamentale, di cui all'art. 3. secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone dei cittadini.

Lette alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni contenute nell'art. 34 palesano il significato di garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona. L'effettività dell'istruzione dell'obbligo è, nel secondo comma, garantita dalla sua gratuità: quella dell'istruzione superiore è garantita anche a chi, capace e meritevole, sia privo di mezzi, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze (terzo e quarto comma). In tali disposizioni, l'accento è essenzialmente posto sugli ostacoli di ordine economico, giacché il Costituente era ben consapevole che è principalmente in queste che trova radice la disuguaglianza delle posizioni di partenza e che era perciò indispensabile dettare al riguardo espresse prescrizioni idonee a garantire l'effettività del principio di cui al primo comma. Ciò però non significa che l'applicazione di questo possa incontrare limiti in ostacoli di altro ordine, la cui rimozione è postulata in via generale come compito della Repubblica nelle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma: sostenere ciò significherebbe sottacere il fatto evidente che l'inserimento nella scuola e l'acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno sviluppo della persona umana" che tali disposizioni additano come meta da raggiungere.

In particolare, assumere che il riferimento ai "capaci e meritevoli" contenuto nel terzo comma dell'art. 34 comporti l'esclusione dall'istruzione superiore degli handicappati in quanto "incapaci" equivarrebbe a postulare come dato insormontabile una disuguaglianza di fatto rispetto alla quale è invece doveroso apprestare gli strumenti idonei a rimuoverla, tra i quali è appunto fondamentale - per quanto si è già detto - l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola.

Per costoro, d'altra parte, capacità e merito vanno valutati secondo parametri, peculiari, adeguati alle rispettive situazioni di minorazione, come le stesse circolari ministeriali dianzi citate si sono in certa misura sforzate di prescrivere (cfr. par. 2): ed il precludere ad essi l'inserimento negli istituti d'istruzione superiore in base ad una presunzione di incapacità - soprattutto, senza aver preventivamente predisposto gli strumenti (cioè le "altre provvidenze" di cui all'art. 34, quarto comma) idonei a sopperire all'iniziale posizione di svantaggio - significherebbe non solo assumere come insuperabili ostacoli che è invece doveroso tentare di eliminare, o almeno attenuare, ma dare per dimostrato ciò che va invece concretamente verificato e sperimentato onde assicurare pari opportunità a tutti, e quindi anche ai soggetti in questione.

Ciò che va ancora sottolineato, poi, è che, onde garantire l'effettività del diritto all'educazione (nel senso ora precisato) di minorati ed invalidi - e quindi dei portatori di handicaps - lo stesso art. 38 dispone, al quarto comma, che ai compiti a ciò inerenti debbano provvedere "organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato". Ciò, per un verso, evidenzia la doverosità delle misure di integrazione e sostegno idonee a consentire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d'istruzione anche superiore: dimostrando, tra l'altro, che è attraverso questi strumenti, e non col sacrificio del diritto di quelli, che va realizzata la composizione tra la fruizione di tale diritto e le esigenze di funzionalità del servizio scolastico.

Per altro verso, la disposizione pone in risalto come all'assolvimento di tali compiti siano deputati primariamente gli organi pubblici. Di ciò si ha, sotto altro e più generale profilo, significativa conferma nella disposizione di cui all'art. 31, primo comma. Cost. che, facendo carico a tali organi di agevolare, con misure economiche e "altre provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i quali è quello dell'istruzione ed educazione dei figli (art. 30) - presuppone che esso possa per vari motivi risultare difficoltoso: ed è evidente che si vi è un settore in cui la dedizione della famiglia può risultare in concreto inadeguata, esso è proprio quello dell'educazione e sostegno dei figli handicappati. Ciò dà la misura dell'impegno che in tale campo è richiesto tanto allo Stato quanto alle Regioni, alle quali ultime spetta in particolare provvedere, con i necessari supporti, all'assistenza scolastica in favore dei "minorati psico-fisici" (art. 42 D.P.R. n. 616 del 1977).

Nello stesso senso depongono, del resto, i compiti posti alla Repubblica dall'art. 32 Cost. atteso l'ausilio al superamento od attenuazione degli handicaps (ovvero ad evitare interruzioni di tali positive evoluzioni) che può essere fornito, come si è già detto, dall'integrazione negli istituti d'istruzione superiore: non a caso la legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978 pone l'obiettivo, tra l'altro, della "promozione della salute nell'età evolutiva... favorendo con ogni mezzo l'integrazione dei soggetti handicappati" (art. 2, secondo comma, lett. d)”.

Insomma per il massimo Giudice delle leggi non v’è dubbio alcuno che nel nostro ordinamento è garantito il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona; effettivo anche in quanto gratuito e assicurato dagli organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

Capacità e merito, poi, vanno valutati secondo parametri, peculiari, adeguati anche alle rispettive situazioni di minorazione.

Come ribadito in più occasioni anche dal Giudice Amministrativo (Consiglio di Stato v. Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 704; Sez. VI, 23 marzo 2010, n. 2231) nel nostro ordinamento le tematiche di rilievo in subiecta materia devono ruotare attorno ai seguenti ineludibili principi fondamentali:

- "a) la qualificazione del diritto all'istruzione del disabile, e in particolare del disabile grave, quale diritto fondamentale";

- "b) l'individuazione in questo ambito di un "nucleo indefettibile" di garanzie perché tale diritto sia realizzato, pur stante la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle relative misure";

"c) l'obiettivo primario ... della massima tutela possibile del diritto del disabile grave all'istruzione ed all'integrazione e nella classe e nel gruppo, fino alla previsione di un'ora di sostegno per ogni ora di frequenza, ma non è di per sé illegittimo un intervento minore, purché non sia scalfito il nucleo indefettibile del diritto, se motivato dall'analisi accurata della situazione specifica nel quadro di ragioni e vincoli oggettivi";

- "e) la possibilità di ricorrere, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente, all'assunzione di insegnanti in deroga";

- "f) dalla accertata situazione di gravità del disabile può conseguire la determinazione di un numero di ore di sostegno pari a quello delle ore di frequenza".

A fronte, però, della previsione chiara di un diritto allo studio costituzionalmente protetto, di fatto, però, la disciplina concernente la tutela del diritto allo studio dei minori con disabilità non è di semplice lettura  e di facile ricostruzione con l’inevitabile continuo proliferare del contenzioso proprio su queste tematiche.

Sul punto merita particolare attenzione per la sentenza del Consiglio di Stato chiamato a pronunciarsi sulla mancata assegnazione, da parte del dirigente scolastico, delle ore di sostegno nell’ammontare stabilito dal Gruppo di lavoro operativo handicap – G.L.O.H (Consiglio di Stato, n. 2023, 3 Maggio 2017).

Il Giudice Amministrativo evidenzia, infatti:

“Il quadro della normativa del settore è di 'qualità' molto scarsa, non può non essere considerato notevolmente frammentario e disarmonico, e risulta di difficile lettura sia per i genitori, sia per gli operatori scolastici”.

Bacchettando il legislatore:

“In una materia come quella in esame, che riguarda diritti fondamentali di una parte cospicua della popolazione nazionale, degli alunni, ma di riflesso anche delle loro famiglie, ciò si dovrebbe evitare, perché risulta in contrasto col principio per il quale tutte le Istituzioni repubblicane devono facilitare l'individuazione delle regole applicabili, rendere gli interessati consapevoli dei loro diritti e consentire senza indugio l'applicazione di tali regole in sede amministrativa, prima ancora che in sede giurisdizionale.

§ 26.2. Inoltre, come rilevato ai precedenti paragrafi 11 e 21, il quadro normativo sulla tutela degli alunni disabili - già di per sé complesso - si caratterizza in concreto non solo per la commistione tra procedimenti eterogenei, e per i conseguenti concreti rischi che l'azione amministrativa ne sia disarticolata, ma anche per il singolare contrasto apparente - ma superabile, come dopo si osserverà - tra le disposizioni di principio risalenti alla legge n. 104 del 1992 sulla sussistenza dei diritti dei medesimi alunni (che come ribadito dalla Corte Costituzionale hanno natura di "diritti fondamentali") e le disposizioni sull'organizzazione scolastica e sulla assegnazione degli insegnanti di sostegno (che sono invece basate sull'esigenza di contenere la spesa).

§ 26.3. Del resto, si deve constatare che non risultano meccanismi tali da rendere conoscibile e trasparente l'attività svolta in materia dagli Uffici scolastici regionali, né su impulso dei dirigenti scolastici, né mediante relazioni in qualche modo pubblicate”.

Tanto premesso i principi normativi vengono così ricostruiti:

“§ 27. Ciò posto, dal complessivo quadro normativo sopra esposto risulta che - a base e a fondamento delle disposizioni della legge n. 104 del 1992 e delle altre leggi sulla tutela degli alunni disabili - si pongono i principi costituzionali di cui all'articolo 2 (sulla tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo" e sui "doveri inderogabili di solidarietà ... sociale"), all'articolo 3 (sul "compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana "), all'articolo 34, primo comma (sulla apertura della scuola "a tutti") e all'articolo 38, terzo comma (sul "diritto all'educazione" anche quando vi sia una disabilità).

§ 27.1. L'attività degli insegnanti di sostegno comporta evidenti vantaggi non solo per i disabili, in un quadro costituzionale che impone alle Istituzioni di favorire lo sviluppo della personalità, ma anche per le famiglie e per la società nel suo complesso.

Infatti, l'inserimento e l'integrazione nella scuola - con l'ausilio dall'insegnante di sostegno - anzitutto evitano la segregazione, la solitudine, l'isolamento, nonché i patimenti e i pesi che ne derivano, in termini umani ed economici potenzialmente insostenibili per le famiglie.

L'inserimento e l'integrazione nella scuola rivestono poi fondamentale importanza anche per la società nel suo complesso, perché rendono possibili il recupero e la socializzazione.

Ciò in prospettiva consente ai disabili di dare anche il loro contributo alla società, fermo restando che la disciplina degli esami deve evitare ogni discriminazione anche potenziale, evitando che vi siano barriere che possano negativamente incidere sull'avviamento al lavoro (ponendosi altrimenti serissime questioni di costituzionalità delle disposizioni che rendano più difficoltoso il conseguimento del diploma, a causa della disabilità).

Inoltre, l'inserimento e l'integrazione nella scuola in prospettiva consentono al Sistema sanitario nazionale di contenere le prestazioni che si renderebbero necessarie, in mancanza delle attività svolte in anni fondamentali dell'età evolutiva.

Ricomposto il sistema normativo, il Giudice Amministrativo ricostruisce gli istituti di rilievo nei termini che seguono: 

“§ 27.2. I principi costituzionali sopra richiamati impongono di dare una lettura sistematica alle disposizioni sulla tutela degli alunni disabili e a quelle sulla organizzazione scolastica e sulle disponibilità degli insegnanti di sostegno, nel senso che le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria.

§ 28. Tale prevalenza - non negata da alcuna disposizione legislativa contraria, che altrimenti avrebbe dato luogo a serissime questioni di legittimità costituzionale - si desume dalla normativa sulle 'assunzioni in deroga' degli insegnanti di sostegno, nonché dall'art. 10, comma 5, della legge 30 luglio 2010, n. 122, entrato in vigore dopo la dichiarazione di parziale incostituzionalità dei commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007.

§ 29. Quanto alle assunzioni 'in deroga' degli insegnanti di sostegno, gli Uffici scolastici devono senz'altro disporle, affinché i dirigenti scolastici - al termine dei relativi procedimenti e in tempo utile - attribuiscano ai singoli alunni disabili le ore di sostegno determinate dal G.L.H.O.

§ 29.1. La possibilità di assumere 'in deroga' gli insegnanti di sostegno, a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010, in linea di principio non è stata posta in discussione dal Ministero, né in sede amministrativa, né nel corso del giudizio.

Sia pure con tempi e con numeri che non sempre soddisfano le famiglie, le assunzioni 'in deroga' sono disposte nella prassi, sulla base delle procedure previste dal Ministero.

La circolare del Ministero 3 luglio 2015, n. 19400, si è occupata non solo dell'organico di diritto dei posti di sostegno, ma anche della assegnazione dei posti in deroga.

Quanto all'organico di diritto, la circolare ha rilevato che esso "è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell'art. 2 della legge n. 244/2007", cioè in base alle disposizioni dichiarate incostituzionali.

Quanto alla assegnazione dei posti in deroga, la circolare ha aggiunto che "Gli eventuali ulteriori posti in deroga, in applicazione della citata sentenza della Corte costituzionale, vanno autorizzati da parte del Direttore Generale dell'Ufficio scolastico regionale ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, secondo le effettive esigenze rilevate ai sensi dell'art. 1, comma 605, lettera b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che deve tenere in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetto l'alunno. I relativi posti vanno assegnati dopo aver accertato: - la effettiva presenza degli alunni nelle classi; - la regolarità della documentazione richiesta (diagnosi funzionale, il P.E.I. elaborato dal G.L.H.O., ecc.); - la accertata verifica della ricorrenza delle condizioni previste dalla citata sentenza della Corte (es. assenza di interventi di altre istituzioni o enti) ".

In base alla circolare, dapprima è utilizzata la dotazione in organico, ancorché fissata con disposizioni dichiarate incostituzionali, e - nel caso di sua insufficienza e a fronte di disabili gravi - si procede ad integrarla.

§ 29.2. Va sottolineato che la medesima circolare, nel riferirsi all'art. 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002, ha indirettamente richiamato l'art. 4 del D.P.C.M. n. 185 del 2006, per il quale "L'autorizzazione all'attivazione di posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, a norma dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è disposta dal dirigente preposto all'Ufficio Scolastico Regionale sulla base della certificazione attestante la particolare gravità".

§ 30. Ritiene la Sezione che le previsioni di tale circolare - pur avendo dettagliatamente ricostruito il susseguirsi delle disposizioni entrate in vigore ed il contenuto della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010 - non sono tali da giustificare l'emanazione di atti degli Uffici scolastici e di atti dei dirigenti scolastici che si discostino dal contenuto dei P.E.I. e, in particolare, dalle "proposte" redatte per i singoli alunni dal G.L.O.H.

Ha infatti un rilievo decisivo l'art. 10, comma 5, della legge 30 luglio 2010, n. 122, per il quale "in sede di formulazione del piano educativo individualizzato", il gruppo elabora "proposte relative all'individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero delle ore di sostegno".

§ 30.1. Va sottolineato che tale comma 5 ha attribuito al G.L.O.H. il potere di proporre le ore da attribuire a tutti gli alunni disabili, non soltanto a quelli che siano stati riconosciuti portatori di una disabilità grave o gravissima.

Anche in presenza di disabilità lievi o medie, le "proposte" del G.L.O.H. devono avere un seguito.

§ 30.2. Va ora chiarito il significato da attribuire alla parola "proposte", contenuta nel medesimo art. 10, comma 5, del decreto legge n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010.

Ritiene la Sezione che si debba tenere conto della articolazione del procedimento, così come sopra ricostruita ai paragrafi 12 e seguenti.

§ 30.3. Va premesso che il legislatore ha doverosamente attribuito al G.L.H.O. il potere di elaborare le "proposte relative all'individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero delle ore di sostegno".

Infatti, il G.L.H.O. è in grado di valutare le effettive esigenze degli alunni disabili, in quanto è composto non solo da esponenti del mondo della scuola, ma - in considerazione dei principi costituzionali rilevanti in materia, sopra richiamati, in connessione all'art. 32 Cost. sulla tutela del diritto alla salute - anche da membri aventi le indefettibili competenze medico-psichiatriche.

§ 30.4. Ciò posto, si deve rimarcare come la legislazione vigente, neppure il comma 5 in esame, non esplicita quale sia l'Autorità competente che debba pronunciarsi sulle "proposte relative all'individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero delle ore di sostegno".

La determinazione dell'Autorità competente si può però desumere dalle disposizioni sopra riportate che scandiscono le ulteriori fasi del procedimento: è il dirigente scolastico l'autorità competente a concludere il procedimento, dopo la 'fase procedimentale intermedia' di acquisizione dei dati, a cura dell'Ufficio scolastico.

§ 30.5. In relazione alla 'fase procedimentale intermedia' nel corso della quale si deve pronunciare l'Ufficio scolastico, nessuna disposizione di legge - nemmeno l'art. 4 del D.P.C.M. n. 185 del 2006 - ha attribuito al dirigente preposto dell'Ufficio scolastico regionale il potere di 'ridurre', tanto meno senza una motivazione, il numero di ore di sostegno, individuate dal G.L.O.H. nelle sue "proposte" a favore dei singoli alunni disabili.

L'art. 10, comma 5, ha attribuito il nomen iuris di "proposte" agli atti del G.L.O.H. sulla determinazione delle ore, non perché altre autorità - peraltro non aventi specifiche competenze di natura medica o didattica sulle esigenze degli alunni disabili - possano esercitare un 'potere riduttivo di merito', ovvero ridurre le ore assegnate, ma per la semplice ragione che tali "proposte" sono atti interni al procedimento, e cioè sono redatte quando non sono ancora state rilevate le effettive esigenze e non sono stati assegnati gli insegnanti di sostegno.

Le proposte hanno invece la funzione di attivare dapprima la fase di competenza degli Uffici scolastici e poi la fase finale, di attribuzione delle ore da parte del dirigente scolastico.

§ 30.6. Poiché nessuna disposizione ha attribuito agli Uffici scolastici il potere di sottoporre a un riesame di merito quanto proposto dal G.L.O.H., l'art. 4. del D.P.C.M. n. 185 del 2006, che definisce "autorizzazione" l'atto del dirigente preposto dell'Ufficio scolastico regionale, va allora interpretato nel senso di prevedere un atto meramente ricognitivo, il quale constata che sussistono i relativi presupposti di spesa, senza poterli modificare, e giustifica l'impegno e il pagamento delle relative somme.

§ 31. Per le ragioni che precedono, ad avviso della Sezione, il procedimento si articola nel modo seguente:

a) il G.L.O.H. elabora i P.E.I. all'interno dei singoli Istituti scolastici, al termine delle fasi procedimentali previste dall'art. 12, comma 5, della legge n. 104 del 1992;

b) il dirigente scolastico trasmette le relative risultanze agli Uffici scolastici;

c) gli Uffici scolastici, a seguito dell'acquisizione dei dati, devono attribuire ai singoli Istituti tanti insegnanti di sostegno, quanti ne sono necessari per coprire tutte le ore che sono risultate oggetto delle "proposte", salva la possibilità di esercitare un potere meramente correttivo, sulla base di riscontri oggettivi (è questo il caso, ad esempio, di errori materiali, ovvero del fatto che singoli alunni non siano più iscritti presso un dato istituto, perché trasferitisi altrove);

d) il dirigente scolastico - tranne i casi in cui prenda atto della correzione di errori materiali o delle circostanze ostative, specificamente e motivatamente individuate dagli Uffici scolastici - deve attribuire a ciascun alunno disabile un numero di ore di sostegno corrispondente a quello oggetto della singola proposta del G.L.O.H, dalla quale non si può discostare;

e) pertanto, i procedimenti riguardanti gli alunni disabili si devono concludere con gli atti del dirigente scolastico di attribuzione delle ore di sostegno, in conformità alle risultanze del G.L.O.H.”

Insomma:

“Va pertanto considerato condivisibile l'orientamento dei Tribunali amministrativi regionali per il quale è fondata la pretesa dei genitori a vedere attribuite ai propri figli disabili le ore di sostegno nella misura determinata dai G.L.O.H.

Di conseguenza, proprio per tale ragione i dirigenti scolastici, i quali ovviamente devono evitare di emanare atti illegittimi, devono essi stessi disporre l'attribuzione delle ore nella medesima misura, anche quando gli Uffici scolastici non abbiano assegnato le risorse indispensabili.

32. Considerati i principi generali sulla responsabilità degli organi amministrativi e sulla leale collaborazione tra tali organi, la Sezione ritiene di dovere precisare quali ulteriori fasi procedimentali siano configurabili, qualora gli Uffici scolastici abbiano assegnato un numero di insegnanti di sostegno inferiore a quello necessario per assegnare in concreto le ore di sostegno attribuite doverosamente dal dirigente scolastico in conformità alle "proposte" del G.L.O.H.

In tal caso, il dirigente scolastico stesso:

- deve segnalare agli Uffici scolastici tale circostanza, affinché questi assegnino senza indugio gli ulteriori insegnanti di sostegno che risultino necessari, e ciò con il supporto del Ministero dell'economia e delle finanze, anch'esso tenuto a dare esecuzione agli atti del dirigente scolastico che abbiano concluso i procedimenti riguardanti i singoli alunni disabili, sulla base delle "proposte" del G.L.H.O.;

- qualora risulti la notifica di un ricorso, proposto al giudice civile o al giudice amministrativo, col quale sia lamentata la mancata fruizione delle ore di sostegno formalmente attribuite, a causa dell'insufficienza delle risorse rese disponibili dagli Uffici scolastici o dal Ministero dell'economia e delle finanze, deve trasmettere una relazione alla competente Procura della Corte dei Conti, per le valutazioni di sua competenza;

- non può che affrontare la situazione venutasi a verificare suo malgrado contra legem e redistribuire provvisoriamente le ore di sostegno, in attesa che siano rese disponibili dall'Ufficio regionale tutte le necessarie risorse.

§ 33. Alla Sezione non sfugge che - quando gli Uffici scolastici non dispongono l'assunzione in deroga del numero necessario degli insegnanti di sostegno, e si discostano 'in senso riduttivo' dai dati numerici acquisiti - il dirigente scolastico è di fatto talvolta costretto, con atti 'definitivi' o 'provvisori', a 'suddividere' - sulla base di conseguenti penose mediazioni - e non ad 'attribuire' le ore di sostegno, rese disponibili dagli Uffici scolastici e inferiori a quelle necessarie.

In tal caso, il dirigente scolastico, dopo avere attribuito le ore di sostegno in conformità alle "proposte" del G.L.O.H., può porre in essere le misure provvisorie che ritenga più idonee, per affrontare la situazione, in attesa che gli Uffici scolastici emanino i loro atti dovuti.

Alla Sezione non sfugge nemmeno che nei fatti - come risulta chiaramente dalla stessa esistenza del contenzioso seriale posto all'esame dei TAR e del Consiglio di Stato, per i casi di attribuzione di ore in numero inferiore a quelle indicate nelle "proposte" - solo i genitori che propongano il ricorso giurisdizionale, e ne abbiano i mezzi anche economici per farlo, possano ottenere una pronuncia che ordini all'Amministrazione scolastica di consentire la fruizione delle ore nel numero determinato dal G.L.H.O., mentre lo stesso non avviene per i genitori che di tali mezzi siano privi

Non è però questo il sistema desumibile dai principi costituzionali e dalle leggi che, prima e dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010, hanno attribuito agli alunni disabili il diritto di ottenere le ore di sostegno, come determinate dal G.L.O.H.”

Del resto:

“… gli Uffici scolastici (così come il dirigente scolastico ed il Ministero dell'economia e delle finanze) non possono sindacare le risultanze delle "proposte" e devono fare in modo che le ore di sostegno siano attribuite a tutti i disabili, già col 'primo atto' del dirigente scolastico e nei tempi fissati, assegnando 'in deroga' gli insegnanti di sostegno quando ciò occorra per 'coprire' le ore determinate nelle "proposte".

In altri termini, il sistema deve far sì che gli alunni e le loro famiglie non debbano proporre ricorsi giurisdizionali per ottenere ciò che è loro dovuto”.

Nell’ambito dei quadro e dei principi normativi sopra delineati è stato, quindi, anche di recente ribadito come in base a quanto disposto dalla legge-quadro 104/1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, e dal d.lgs. 297/1994, recante disposizioni legislative in materia di istruzione, che sanciscono il diritto del disabile all'integrazione scolastica ed allo sviluppo delle sue potenzialità nell'apprendimento, nella comunicazione e nelle relazioni, per consentirgli il raggiungimento della massima autonomia possibile, è illegittima la condotta dell'istituto scolastico che riconosce un monte-ore settimanali di sostegno inferiore, rispetto a quelle individuate come necessarie (da ult. T.A.R. Lazio Roma, sez. III 08/01/2019 n. 210).

È poi da rilevare che, in materia di assegnazione delle ore di sostegno all'alunno disabile, il provvedimento finale del dirigente scolastico con cui si stabilisce l'assegnazione delle ore di sostegno non può rendere prive di effetti concreti, sul piano del sostegno, le statuizioni operate dall'organo collegiale competente a stabilire la gravità dell'handicap e a predisporre il piano individuale di intervento a sostegno del minore in una situazione di handicap riconosciuto come grave.

Inoltre, questo provvedimento non si può basare su un vincolo derivante dalla carenza di risorse economiche che non possono, in modo assoluto, condizionare il diritto al sostegno sino a esigere e sacrificare il diritto fondamentale allo studio e all'istruzione (cfr. Cons. St., sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3393).

E’ stato, ancora, chiarito come fra le varie misure previste dal legislatore viene in rilievo l'obbligo, a carico del Ministero dell'Istruzione (v. dell'art. 14 lett. 'c' della l. 104/92), di affiancare al minore dei docenti specializzati, chiamati per l'appunto ad adempiere alle "ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno" a favore degli alunni diversamente abili (C.Cost. n. 52 del 2000).

La concreta attuazione dei principi sopra espressi è assicurata in via principale dall'art. 12, comma 5, della L. 104-1992, secondo cui, una volta intervenuto l'accertamento sanitario che dà luogo al diritto a fruire delle prestazioni stesse, deve essere elaborato un Profilo Dinamico-Funzionale (PDF) che indichi le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e ponga in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata; esso, inoltre, indica in via prioritaria, dopo un primo periodo di inserimento scolastico, il prevedibile livello di sviluppo che l'alunno in situazione di handicap dimostra di possedere nei tempi brevi (sei mesi) e nei tempi medi (due anni) (art. 4, comma 1 d.P.R. 24 febbraio 1994 - Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap), e alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di istruzione, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato. All'elaborazione del PDF iniziale seguono verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico. Esso è aggiornato a conclusione della scuola materna, elementare, media e durante il corso di istruzione secondaria superiore (cfr. art. 12 l. 104/92, co. 6 e ss.). 

La redazione del PDF è finalizzata alla formulazione di un Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), nella cui definizione i soggetti di cui sopra propongono, ciascuno in base alla propria esperienza pedagogica, medico-scientifica e di contatto e sulla base dei dati derivanti dalla diagnosi funzionale e dal profilo dinamico funzionale, gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all'educazione, all'istruzione ed integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap. Detti interventi propositivi vengono, quindi, integrati tra di loro, in modo da giungere alla redazione conclusiva di un piano educativo che sia correlato alle disabilità dell'alunno stesso, alle sue conseguenti difficoltà e alle potenzialità dell'alunno comunque disponibili, indicandosi non solo il programma che il disabile deve svolgere nell'anno scolastico di riferimento ma anche le figure professionali (docenti e non docenti) che devono supportare il disabile nonché la classe frequentata dallo stesso.

Secondo quanto stabilito dagli artt. 5 e 6 del d.P.R. 24 febbraio 1994 il P.E.I si caratterizza come documento che contiene, contemporaneamente, a) finalità e obiettivi didattici; b) itinerari di lavoro; c) tecnologia da utilizzare; d) metodologie, tecniche e verifiche; e) modalità di coinvolgimento della famiglia. Esso va definito entro il 30 luglio (art. 3, D.P.C.M. 185 del 2006), e va soggetto a verifiche (possibilmente trimestrali o anche straordinarie per casi di particolare difficoltà).

L'importanza del PDF e del P.E.I. nel sistema di tutela dell'alunno disabile sono quindi evidenti: la mancanza o l'incompletezza dell'uno o dell'altro, determinano di fatto l'impossibilità dell'Amministrazione di provvedere in ordine alla tutela degli alunni con disabilità.

Essi costituiscono una parte imprescindibile del complesso sistema che il legislatore ha apprestato per pervenire all'assegnazione degli insegnanti di sostegno agli alunni portatori di handicap grave: tale sistema, come visto, parte dalla programmazione complessiva in materia di organici, per poi giungere, attraverso una serie di passaggi via via sempre più individualizzati, all'attribuzione delle ore di sostegno al singolo studente disabile (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV 10/12/2018 n. 7092).

in relazione al preminente diritto del disabile alla istruzione ed all'integrazione scolastica è stato ancora affermato, che, in mancanza di figure di docenti di sostegno muniti della specifica specializzazione, l'istituzione scolastica debba comunque, anche ricorrendo a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie ovvero all'attività formativa sopra delineata, assicurare allo stesso una figura di sostegno utile al superamento dell'handicap, per l'effetto del possesso delle specifiche competenze tecniche e professionali ad esso relative.

Invero, il docente di sostegno deve possedere le conoscenze specifiche che consentano l'efficace ed ottimale espletamento della sua funzione, proprio con riferimento all'handicap di fronte al quale egli si trova ad operare.

Dovendosi costantemente relazionare con l'alunno, risulta evidente che egli deve avere conoscenza dei mezzi espressivi di cui questi si serve a cagione della sua disabilità, nonché delle tecniche che consentano, in modo ottimale, l'attività di insegnamento a tali particolari categorie.

Diversamente opinando, invero, la figura dell'insegnante di sostegno potrebbe ridursi a mera ed inutile presenza, in quanto non idonea a favorire l'integrazione e l'inserimento del disabile nel contesto scolastico, così assicurando la piena realizzazione degli obiettivi educativi e di formazione che l'istituzione scolastica deve garantire.

Nella fattispecie venne, quindi, accertato il diritto del minore all'assegnazione di un insegnante di sostegno esperto in lingua e specializzato in tiflotecniche e tiflodidattica con conseguente condanna dell'amministrazione al reperimento della relativa figura professionale (Consiglio di Stato, sez. VI 11/10/2018 n. 5851).

In più occasioni è stato, poi, chiarito come costituendo  il diritto all'istruzione del disabile, ed in particolare del disabile grave, quale sancito dall'art. 38, comma 3, Cost. e dai principi di solidarietà collettiva di cui agli artt. 2,3 e 38 Cost., un diritto fondamentale rispetto al quale il legislatore (in prima battuta) e l'amministrazione (in attuazione della legge) non possono esimersi dall'apprestare un "nucleo indefettibile" di garanzie fino anche a giungere alla determinazione di un numero di ore di sostegno pari a quello delle ore di frequenza, in caso di accertata situazione di gravità del disabile (cfr., in tal senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato coeva e successiva alla sent. n. 80 del 2010 della Corte costituzionale, in particolare le sentt. nn. 2231 del 2010 e n. 704 del 2015 della VI sez., oltre alle più recenti nn. 2023, 2624 e 2698 del 2017, sempre della VI sez. da ult. T.A.R. Lazio Roma, sez. III 08/08/2018 n. 8918 e TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, sent. n. 295 del 2018) dovendosi, quindi, censurare la condotta dell'istituto scolastico consistente nel riconoscimento di un monte-ore settimanali di sostegno inferiore, nel caso di specie, alla proporzione 1:1, è in violazione della legge-quadro n. 104 del 1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, nonché del d.lgs. n. 297 del 1994, recante disposizioni legislative in materia di istruzione che sanciscono il diritto del disabile all'integrazione scolastica ed allo sviluppo delle sue potenzialità nell'apprendimento, nella comunicazione e nelle relazioni, per consentirgli il raggiungimento della massima autonomia possibile.

Insomma, anche da questo punto di vista viene ancora rimarcato come i principi costituzionali sopra richiamati impongono di dare una lettura sistematica alle disposizioni sulla tutela degli alunni disabili ed a quelle sulla organizzazione scolastica e sulle disponibilità degli insegnanti di sostegno, nel senso che le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria (cfr., in tal senso, oltre a Corte cost., sent. n. 80 del 2010, anche Cons. Stato, sez. VI, sentt. nn. 2023, 2624 e 2698 del 2017, già citt.) (da ult. T.A.R. Lazio Roma, sez. III 06/09/2018 n. 9188).

In estrema sintesi può ritenersi (C.d.S. Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 704, cit.) che il provvedimento finale del dirigente scolastico:

- deve tenere conto della "gravità dell'handicap ... così come accertato dall'apposito organo collegiale";

- non può tenere conto soltanto delle "difficoltà connesse al numero degli alunni in situazione di handicap";

- non può rendere "prive di effetti concreti, sul piano del sostegno, le statuizioni operate dall'organo collegiale competente a stabilire la gravità dell'handicap e a predisporre il piano individuale di intervento a sostegno del minore in una situazione di handicap riconosciuto come grave";

- non si può basare su "un vincolo derivante dalla carenza di risorse economiche che non possono, in modo assoluto, condizionare il diritto al sostegno in deroga, sino a esigere e sacrificare il diritto fondamentale allo studio e all'istruzione".

Non senza dimenticare, ancora, che è stato espressamente ritenuto che nessuna disposizione del nostro ordinamento consente agli istituti scolastici di disporre l'esclusione di alunni con handicap, ogni qualvolta non sia possibile garantire il rispetto del rapporto 1 a 20 contenuto dall'art. 5, comma 2º, d.P.R. n. 81/2009. Al contrario, dal d.P.R. n. 616 del 1977, che prevede specificamente l'assistenza scolastica, alla legge del 5 giugno 1990, n. 148 (sull'ordinamento della scuola elementare), al d.p.c.m. 30 aprile 1997 (in materia di frequenza universitaria), alla legge-quadro del 5 febbraio 1992, n. 104 (che dedica specifiche disposizioni al tema del diritto allo studio con alcune norme sull'integrazione scolastica), tutti gli interventi del legislatore sono stati finalizzati ad assicurare il diritto allo studio, obbligando i soggetti competenti (e quindi soprattutto gli istituti scolastici) ad apprestare tutte le misure idonee a eliminare gli ostacoli che si frappongono alla frequenza nei confronti dei soggetti di cui si tratta.

Pertanto anche l'art. 5, comma 2º, d.P.R. n. 81/2009, nel momento in cui prevede che le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado che accolgono alunni con handicap sono costituite « di norma » da non più di 20 alunni, è una disposizione che, lungi da avere un effetto preclusivo e potenzialmente pregiudizievole nei confronti di essi, deve essere interpretata nel senso di impegnare le istituzioni scolastiche ad approntare tutte le misure più idonee a garantire l'esplicarsi del diritto allo studio. (cfr. TA.R. Toscana Firenze, sez. I, 26/03/2018, n. 439).

Ancora a proposito di alunni disabili è stato ritenuto il diritto dell’alunno portatore di handicap a vedersi garantito l’accesso all’istruzione, anche non obbligatoria – nella specie, attraverso l’assicurazione di un servizio di trasporto gratuito dalla residenza alla scuola secondaria superiore dal medesimo frequentata – e il relativo onere va posto a carico dell’amministrazione locale competente. Sono, infatti, i valori costituzionali ad imporre la doverosità della tutela dei soggetti disabili ai fini di garantire l’accesso all’istruzione, sotto ogni profilo, anche del trasporto, e senza distinzione tra scuola dell’obbligo e scuola superiore. Così ha deciso il T.A.R. Campania, in una recente pronuncia nella quale fa proprio l’orientamento della Corte costituzionale in materia (TAR Campania, Salerno, sez. I, 22.2.2006 n. 167).

Si annota, per la particoIarità della questione trattata, in questa sede la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (sez. giurisd., del 28/05/2018, n. 303) la quale ha chiarito nei termini che seguono i differenti supporti forniti dall’insegnante di sostegno e dall’assistente igienico-personale proprio partendo dalla premessa che i "diritti sociali" posti a tutela di beni primari, quale l'istruzione e la salute dei minori portatori di handicap, sono diritti fondamentali.

“L'insegnante di sostegno" ha il compito di consentire all'alunno disabile di "avere un futuro" nella società. L'Istituzione scolastica deve elaborare un "progetto di vita" con l'"assistente igienico personale" e l'"assistente per l'autonomia e la comunicazione personale". L'assistente è posto a disposizione dagli enti locali, cui spetta (art. 139 d.lg. n. 112/1998) la predisposizione dei servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione scolastica. Il "Piano educativo individualizzato" (art. 5 d.P.R. 24 febbraio 1994) prevede gli interventi per realizzare il diritto all'istruzione ed è predisposto sulla base della "diagnosi funzionale, D.F. e del « profilo dinamico funzionale, P.D.F., e redatto dal Gruppo misto, G.L.O.H. Il c.d. PAI, è un programma assistenziale individualizzato elaborato da una équipe multiprofessionale, per gli alunni disabili, che necessitano di ulteriori interventi, di natura prevalentemente assistenziale.

È importante, in via preliminare, ricordare che rispetto alla controversia in oggetto va distinta la figura, sulla quale si sono concentrate sia le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione, che la sentenza dell'Adunanza Plenaria, già citate, dell'"insegnante di sostegno", cui spetta favorire la socializzazione dell'alunno disabile e consentirgli di "avere un futuro" nella società, poiché l'Istituzione scolastica - avvalendosi di tali docenti - deve elaborare un "progetto di vita" per ognuno di tali soggetti; dalla figura dell'"assistente igienico personale" e dell'"assistente per l'autonomia e la comunicazione personale" degli alunni con handicap fisici o sensoriali, prevista per il settore scolastico dal medesimo art. 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992, che sul punto ha richiamato le disposizioni già contenute nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, s.m.i. L'assistente, che è solitamente denominato anche 'comunicatore' o 'facilitatore', è posto a disposizione dell'Istituzione scolastica dagli enti locali, Province o comuni, cui spetta (art. 139 d.lgs. n. 112/1998) la predisposizione dei servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione scolastica per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio, a seconda che si tratti rispettivamente di istruzione secondaria, o di altri gradi di istruzione inferiore. Si tratta, a sua volta, di soggetto diverso da quelli che svolgono un "servizio di aiuto personale", al di fuori del settore scolastico, il quale può essere istituto facoltativamente dai Comuni o dalle Unità sanitarie locali nei limiti, comunque, delle proprie ordinarie risorse di bilancio.

Chiarendosi

“Occorre, ancore, premettere, che sul tema in oggetto non di rado si registra una certa confusione tra PEI e PAI, come nel caso della presente controversia.

Il primo, "Piano educativo individualizzato", di cui all'art. 5 del d.P.R. 24 febbraio 1994- "è il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione" ed è predisposto sulla base della "diagnosi funzionale - D.F. " e del "profilo dinamico funzionale - P.D.F.", e redatto dal Gruppo misto, ossia il "Gruppo di lavoro operativo handicap - G.L.O.H. ".

Il secondo, c. d. PAI, è un programma assistenziale individualizzato che viene elaborato di solito da una équipe multiprofessionale, per quanto riguarda la presa in carico di utenti, sia adulti, che, come nel caso della controversia in oggetto, alunni disabili, che necessitano di ulteriori interventi, di natura prevalentemente assistenziale, aggiuntivi risetto a quelli assicurati nell'ambito del sistema scolastico, in quanto necessari per assicurare l'integrazione scolastica dell'alunno stesso. Interventi che sono a carico non della struttura scolastica, ma degli enti locali.

Come detto prima, non esiste ad oggi un orientamento giurisprudenziale che possa in materia, sia con riferimento ai PEI che ai PAI, dirsi consolidato, anche a causa di una legislazione frammentata, disorganica, non sempre chiara. Lo stesso Giudice di legittimità, prima della sentenza n. 25011/2014 (poi confermata dalla sent. n. 1144/2007), con la quale ha ribaltato il proprio precedente orientamento, aveva affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia. Quanto al Giudice amministrativo la decisione dell'Adunanza Plenaria, n. 7 del 2016, che ha posto alcuni punti fermi sulla diatriba, è stata ripresa, ulteriormente integrata e specificata dalla giurisprudenza successiva del Consiglio di Stato, a partire dalla già cit. sent. n. 2023/2017, i cui contenuti sono stati ripresi dalle citate sentenze n. 4342 del 2017 e n. 3927 del 2017, oltre che da numerose decisioni di alcuni TAR (TAR Campania, Napoli, sent. n. 4785/2017) e del CGARS, (sentt. n. 234/2016, e n. 350/2017, cit.)”.

Appena un cenno merita, poi, la normativa relativa al diritto all’istruzione degli alunni affetti da disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) di cui alla legge 170/2010 che ha riconosciuto una speciale disciplina finalizzata a favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto.

Il presupposto per l’attuazione degli interventi di tutela è la diagnosi dei DSA (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia), effettuata dagli specialisti del Servizio sanitario nazionale e comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente.

Superato l’approccio diagnostico le Istituzioni scolastiche dovranno provvedere ad attuare i necessari interventi pedagogico-didattici per il successo formativo degli studenti con DSA, attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata (anche attraverso un Piano Didattico Personalizzato), e ricorrendo a strumenti compensativi e misure dispensative.

I percorsi didattici individualizzati e personalizzati si prefiggono obiettivi compresi comunque all’interno delle indicazioni curricolari nazionali, sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell’alunno, adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute  e potenzino le funzioni non coinvolte nel disturbo.

Le scuole assicurano l’impiego degli opportuni strumenti compensativi  (che in questa fase non prevede l’intervento dell’insegnate di sostegno) finalizzato ad evitare situazioni di affaticamento e di disagio, senza peraltro ridurre il livello degli obiettivi di apprendimento previsti nei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.

La valutazione scolastica, periodica e finale, degli alunni con DSA deve essere coerente con gli interventi pedagogico-didattici attivati. Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono allo studente di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare, relativamente ai tempi di effettuazione e alle modalità di strutturazione delle prove, riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dalle forme.

Le Commissioni degli esami di Stato – tenendo conto delle specifiche situazioni soggettive, delle modalità didattiche e delle forme di valutazione adottate, sulla base del disturbo specifico - possono riservare ai candidati tempi più lunghi di quelli ordinari. Le medesime Commissioni assicurano, altresì, l’utilizzazione di idonei strumenti compensativi e adottano criteri valutativi attenti soprattutto ai contenuti piuttosto che alla forma, sia nelle prove scritte, sia in fase di colloquio. Si possono poi dispensare alunni e studenti dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in sede di esami di Stato, nel caso di certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa dalle prove scritte.

I candidati con disturbi dell’apprendimento che superano l’esame di Stato conseguono il titolo legalmente  valido per l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado ovvero all’università. Solo in casi di particolari gravità del disturbo di apprendimento, l’alunno che abbia seguito un percorso didattico differenziato e sia stato valutato dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono sostenere prove d’esame di Stato differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio di una attestazione.

Sulla questione si attenziona una sentenza del Tar Molise che, in relazione ad un caso di DSA, ha statuito che “ l’obbligo prescritto dall’art. 10 del D.P.R. n. 122/2009 di adottare, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, strumenti metodologico didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei, non riguarda soltanto i criteri di valutazione ma, ancor prima, le modalità di somministrazione delle forme di verifica e ciò con particolare riferimento ai tempi di esecuzione ed alla strutturazione delle prove; – siffatte modalità, nel caso di specie, non risultano soddisfatte; ne discende che il pur significativo sforzo prodotto dal consiglio di classe in sede di giudizio di non ammissione, non consente di ritenere il giudizio negativo immune dalle censure appuntate dai ricorrenti, stante l’evidente incidenza sul livello di apprendimento raggiunto (nella specie insufficiente), dispiegata da una metodologia didattica non adeguata alla condizione soggettiva del minore affetto da disturbi da DSA, in quanto priva di strumenti didattici di supporto adeguati, nonché di misure compensative e dispensative idonee, con particolare riferimento alle metodiche di verifica (in relazione, ad es., ai tempi di esecuzione e alle modalità semplificate di esecuzione delle prove scritte); – la mancanza del profilo dinamico-funzionale non può essere considerato una giustificazione per il ritardo impiegato dall’Amministrazione nella cura del percorso didattico speciale, poiché l’Amministrazione avrebbe potuto procurarsi tale documentazione, rivolgendosi al competente Servizio pubblico socio-sanitario; – ne discende che il giudizio di non ammissione, deve essere annullato” (Tar Molise – Sentenza n. 612 del 17 ottobre 2013).

Nella complessa e articolata materia in relazione ai procedimenti come sopra individuati la ripartizione delle materie fra Giudice Civile e Giudice Amministrativo va effettuata nei termini che seguono, così come chiariti dal Consiglio di Stato, sez. VI 03/05/2017 n. 2023:

Qualora si contestino le valutazioni delle ASL conseguenti ai relativi accertamenti, previsti dagli articoli 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, sopra richiamati al § 13.1., le relative controversie riguardano l'assistenza obbligatoria, e sono quindi devolute alla giurisdizione del giudice civile, ai sensi dell'articolo 442 del codice di procedura civile (su tale pacifico principio, v. Cass., Sez. Un., 23 ottobre 2014, n. 22550).

Sussiste altresì la giurisdizione del giudice civile, ai sensi del medesimo art. 442, quando si tratti di una controversia riguardante l'applicazione dell'art. 35, ultima parte del comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Anche in tal caso, infatti, si tratta di questioni relative all'assistenza e allo status di portatore di handicap, perché le determinazioni delle commissioni previste dagli articoli 3 e 4 della legge n. 104 del 1992 hanno effetti equivalenti rispetto a quelle dei collegi previsti dall'art. 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002 e dal D.P.C.M. applicativo.

Qualora invece siano contestati una "diagnosi funzionale - D.F. ", un "profilo dinamico funzionale - P.D.F. " oppure un "piano educativo individualizzato - P.E.I. ", sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Si tratta in questo caso di controversie concernenti un pubblico servizio, quale l'istruzione, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo, e sono ravvisabili posizioni di interesse legittimo, poiché i relativi atti della Amministrazione scolastica sono atti posti in essere nell'esercizio di un ampio potere tecnico-discrezionale dei competenti organi amministrativi.

Qualora poi si contestino gli atti della Amministrazione scolastica che non abbiano dato coerente seguito alle "proposte" del G.L.O.H. e cioè gli atti interni al procedimento degli Uffici scolastici e quello - finale o provvisorio - del dirigente scolastico, di attribuzione all'alunno disabile di un numero di ore inferiore a quello oggetto della proposta individuale, sussiste ugualmente in linea di principio la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Infatti, si tratta di controversie concernenti un pubblico servizio, quale l'istruzione, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo, con la conseguente applicazione dell'articolo 7, comma 5 (per il quale "Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi"), e dell'art. 55, comma 2 (sulla tutela cautelare, quando la domanda "attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale").

A maggiore ragione, come rilevato dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la sentenza 12 aprile 2016, n. 7, sussiste la giurisdizione amministrativa di legittimità quando la controversia sia sorta prima della elaborazione del P.E.I., cioè quando ancora non sia stato esercitato il potere di formulare la proposta sulla determinazione delle ore di sostegno da attribuire al singolo alunno disabile.

Quando invece il dirigente scolastico abbia attribuito le ore di sostegno in conformità alla proposta del G.L.O.H., ma in concreto tali ore non siano assegnate e quindi non se ne possa fruire, l'ordinamento prevede due possibilità di tutela, a seconda della causa petendi e del petitum posti a base della relativa pretesa, nei termini ora spiegati.

Come è stato chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (con la sentenza 25 novembre 2014, n. 25011, i cui principi sono stati espressamente richiamati e ribaditi dalla sentenza 20 aprile 2017, n. 9966, nonché dall'ordinanza 28 febbraio 2017, n. 5060), sussiste la giurisdizione del giudice civile, quando l'interessato espressamente lamenti innanzi a tale giudice che l'Amministrazione scolastica abbia posto in essere "un comportamento discriminatorio a proprio danno".

Si applicano in tal caso, infatti, l'art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67 (che ha richiamato l'art. 44 del testo unico 25 luglio 1998, n. 286, sulla "Azione civile contro la discriminazione") e - per gli aspetti processuali - l'art. 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

Va sottolineato che il medesimo art. 3 della legge n. 67 del 2006 prevede una fattispecie tipica devoluta alla giurisdizione del giudice civile ed ha il suo ambito di applicazione esclusivamente e tassativamente quando il ricorrente deduca specificamente "la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno", ai sensi del comma 3 (il che in concreto è quanto è stato rappresentato negli atti introduttivi dei giudizi che hanno condotto alle sentenze delle Sezioni Unite n. 25011 del 2014 e n. 9966 del 2017).

In tali casi, il ricorrente ha appunto l'onere di dedurre "in giudizio elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile".

In altri termini, la disciplina sulle "vittime di discriminazione" si applica quando, e solo quando, l'interessato si rivolge al giudice civile rappresentando gli elementi di fatto in cui la discriminazione stessa si manifesta.

Si applicano invece le consuete regole sulla giurisdizione esclusiva quando il ricorrente impugni gli atti del procedimento o contesti un comportamento 1dell'Amministrazione, lamentando puramente e semplicemente:

- la mancata corrispondenza tra il provvedimento finale del dirigente scolastico e la proposta del G.L.O.H. (ovvero lamentando che sia stata data illegittimamente prevalenza a ragioni di contenimento della spesa);

- la mancata concreta fruizione delle ore di sostegno, attribuite dal dirigente scolastico in conformità alla proposta del G.L.O.H., perché il medesimo dirigente, per la carenza delle risorse fornite dagli Uffici scolastici, ha affrontato provvisoriamente la situazione con misure di 'redistribuzione' delle ore di sostegno.

In tali casi la devoluzione della controversia al giudice civile non può dipendere dalla deduzione 'difensiva' dell'Amministrazione scolastica, la quale prospetti essa stessa che il proprio agire - l'atto del dirigente scolastico dissonante dalla proposta del G.L.O.H. ovvero la mancata assegnazione degli insegnanti di sostegno da parte degli Uffici scolastici- vada ricondotto ad una "discriminazione".

Del resto, qualora una condotta di discriminazione sia specificamente dedotta e sia accertata, la legge n. 67 del 2006 consente alla vittima di richiedere a sua tutela al giudice civile l'esercizio di altrettanto specifici poteri, tra i quali anche - all'art. 3, comma 3 - quello che consente di imporre "un piano di rimozione delle discriminazioni accertate" ovvero di disporre il "risarcimento del danno, anche non patrimoniale", in ragione della gravità della condotta accertata.

Quando invece il ricorrente non abbia affatto lamentato la sussistenza di una condotta discriminatoria ed abbia contestato atti e comportamenti per il loro contrasto con la legge, sussiste in materia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

In tali casi, la tutela delle posizioni individuali ha luogo sulla base delle regole del processo amministrativo, in un sistema processuale nel quale:

- il giudice deve emanare prontamente, se del caso in sede cautelare ovvero con una sentenza resa all'esito della camera di consiglio, le misure volte ad imporre l'attribuzione delle ore di sostegno spettanti, tenendo conto che il decorso del tempo incide quanto mai negativamente sulle prospettive di recupero dell'alunno disabile, risultando in tal caso in linea di principio sufficiente a ritenere fondato il ricorso l'oggettivo contrasto tra la proposta del G.L.O.H. e le successive immotivate determinazioni dell'Amministrazione;

In ordine ai profili risarcitori in subiecta materia, in base ai principi generali, si evidenzia:

- il danno morale e quello biologico sono risarcibili quando risulti la commissione di un reato nei confronti dell'alunno disabile, ovvero il nesso causale tra l'atto illegittimo dell'Amministrazione e l'insorgenza di una menomazione ulteriore, permanente o temporanea dell'integrità psicofisica dell'alunno disabile, suscettibile di valutazione medico-legale;

- il danno alla vita di relazione ('esistenziale') è risarcibile quando risulti che la mancata fruizione delle spettanti ore di sostegno abbia comportato regressioni o abbia reso irrealizzabile il "progetto di vita" delineato dal P.E.I. (come definito dalle citate "Linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità", redatte dal Ministero dell'istruzione in data 4 agosto 2009), che in materia rileva quale parametro di riferimento, specifico dei principi enunciati da Cass., Sez. III. 20 aprile 2016, n. 7766.

Infine, si tratta di individuare il responsabile dei danni che fossero provati, identificato tanto nell'Amministrazione quanto nel suo funzionario o dipendente, a sua volta responsabile degli atti compiuti in violazione di diritti, ai sensi dell'art. 28 Cost.

Rileva a tal fine l'esame su come in concreto si sia articolato il procedimento.

Va infatti considerato responsabile il Ministero dell'Economia e delle Finanze, qualora l'illegittimità derivata di un atto del dirigente scolastico (comunque a lui non imputabile) dipenda dagli atti degli Uffici scolastici, e questi a loro volta siano conseguenti alle determinazioni del medesimo Ministero di non dar luogo alla copertura delle spese che si siano manifestate necessarie per l'assunzione degli insegnanti di sostegno. Consiglio di Stato, sez. VI 03/05/2017 n. 2023

In concreto, poi, sono state considerate risarcibili, in quanto provate, per es. le voci di danno consistenti alle somme che la famiglia del disabile abbia dovuto pagare per lo svolgimento di attività educative all'esterno della scuola, sostitutive di quelle che si sarebbero dovute effettuare sulla base del P.E.I. e che non siano state effettuate.

In caso, poi, di ritardo nell'attivazione del servizio di trasporto scolastico gratuito in favore di un alunno disabile, è stato ritenuto che questi ha diritto al risarcimento del danno subito, per il quale risponderanno in solido, ai sensi dell'art. 2055 cod. civ., la Provincia e la Regione. Quanto al profilo soggettivo della colpa, non può costituire un'esimente il taglio dei fondi disponibili addotto dalla Provincia. Ed invero, come dimostrato dal fatto che, comunque, sia pure in ritardo, le risorse sono state reperite ed il servizio è stato assicurato, se l'ente si fosse attivato tempestivamente il servizio di trasporto si sarebbe potuto garantire dall'inizio di ogni anno scolastico e con continuità per l'intero periodo di frequenza obbligatoria delle lezioni.

Sono perciò risarcibili i danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti dai ricorrenti, in proprio, nonché dal minore legalmente rappresentato, per non aver potuto usufruire del servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27/06/2018, n. 3943).




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