Abstract.
La tutela c.d. “Zampa” irrompe negli scenari umanitari interni con la sensibilità della cultura giuridica attenta e solerte, rispetto alle esigenze del minorenne. Eppure, i contrasti con gli interessi particolari delle controparti e degli interlocutori istituzionali restano evidenti. Ad avviso della giurisprudenza di Cassazione le volontà espresse, comunque, dal minorenne, le sue dichiarazioni, i bisogni concludenti debbono essere criteri dirimenti rispetto a quelli espressi dagli adulti, che rappresentino, o meno, le autorità degli Stati stranieri e degli enti interni. Talvolta, ci si è posti il dilemma di combinare la tutela con il diritto ad un solerte ricongiungimento familiare. Con ciò responsabilizzando il tutore. Nel mentre dovrebbe il Giudice sovraintendere tale valutazione, purché anch’egli persegua la finalità dell’interesse superiore del minore. I dilemmi sono molteplici. L’accoglienza umanitaria pone al vaglio del Giudice, vicende drammatiche, che pretendono che le tutele siano amplificate, attraverso gli ausili dei consulenti tecnici, degli assistenti sociali e degli operatori. Talvolta appare scontato che i contributi delle micro-comunità possano incidere sul destino del minorenne. Diversamente, ad avviso dello scrittore la valorizzazione della volontà dichiarata, agita ed espressa dal minorenne deve essere criterio dirimente e scriminante, al fine di assumere i provvedimenti per il medesimo. Non perché egli sia l’unico protagonista nello scenario umanitario.
I destini di ciascun individuo non dovranno essere rimessi alle valutazioni di altri adulti, quando essi non rivestano le funzioni del Giudice.
Le crisi delle società, i conflitti, i correttivi educativi e culturali impongono la vigenza effettiva del principio prescrittivo del ruolo imparziale ed indipendente del Giudice. Affinché s’implementino i ruoli proattivi ed attivi del minorenne, rispetto alle dimensioni misopediche, che possano confliggere con questi. E si regolamenti la sua esistenza in considerazione dei suoi bisogni.
In tal modo il principio di effettività, che prevede la concreta esecuzione di quanto stabilito dal diritto sostanziale e dalle norme, che siano parte dell’ordinamento, è termine che indica la stessa realtà del diritto positivo di una data società, che è “reciprocabile” con l’altro principio della vigenza. Per cui, la derivazione e la promulgazione del provvedimento, che sia pronunciato da una autorità esponenziale imparziale e terza, conferisce effettività e vigenza al diritto positivo. Poiché tale organo è inerente ad un corpo sociale, di cui sia espressione, che “è effettivamente esistente in quanto tale”, ove l’ordine giuridico vigente sia quello “effettivamente esistente”. Così come nella misura per la quale egli abbia la facoltà di esprimere valutazioni che siano “effettiva inerenza ad un dato corpo sociale del diritto positivo”.1
È essenziale che il riferimento del Giudice non sia alla singola norma, della fattispecie, ma all’intero diritto positivo. Cioè all’ordinamento “giuridico considerato nella sua interezza”. Ciò perché in un dato ordinamento non vi possa essere unicamente il dilemma tra una norma positiva e la sua violazione, ma affinché la nullità dovuta alla violazione della singola norma, della fattispecie, non “infici la vigenza dell’ordinamento giuridico considerato nel suo insieme”.2 Tanto da inficiare i principi posti a fondamento della medesima società.
Parafrasando altri autori si conclude per il cambiamento dell’ordinamento giuridico, che s’impone nella misura nella quale sia necessario perseguire l’interesse superiore del minorenne. E quando “cambiano gli organi esponenziali”.3
In codesti contesti umanitari la sanzione all’ordinamento deriva proprio dalla “dissociazione” naturale tra l’ordinamento e l’osservanza.
Compito del tutore è conferire effettività, vigenza e garanzie a favore del minorenne, imprescindibilmente dallo status e dalle condizioni.
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