Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  12/04/2025

“Sì, ma poi arriveranno...” Il mio ultimo pezzo di storia - Luigina Bima

Sono una persona anziana, in qualche modo non più autosufficiente, ho lavorato una vita e ho cresciuto la mia famiglia facendo anche tanti sacrifici, un po' come tutti.

Un giorno i miei figli mi dicono che c'è il bagno da ristrutturare o che ho bisogno di riabilitazione, o che devono andare in vacanza e che per un breve periodo hanno trovato per me un buon posto, in cui mi troverò bene con persone che mi tratteranno bene e altri anziani con cui potrò passare il tempo e socializzare.

Farò fisioterapia e la cucina sarà ottima, inoltre sarò sempre assistita a tutte le ore.

Se sarò fortunata mi prepareranno una valigia con la biancheria nuova e qualche capo di abbigliamento, tutto etichettato affinché non venga perso.

E poi arriverà il giorno.

Non mi sembrerà vero, avrò dormito poco per l'agitazione.

Forse mi dovranno trasportare in ambulanza perché fatico a fare le scale, perché in macchina ho difficoltà, ma loro mi raggiungeranno là, forse li troverò già lì ad aspettarmi.

Il viaggio mi sembra surreale ma non dura tantissimo, giusto il tempo di chiedermi se davvero sarà solo per un periodo, se i miei nipoti potranno venire a trovarmi, se i miei figli si ricorderanno di pagare le bollette (hanno sempre così tanto da fare...)

Giusto il tempo di radunare le idee e indulgere in qualche ricordo, qualche emozione, qualche paura...ma no, non succederà nulla, andrà tutto bene. Mi fido dei miei figli.

Quando arriviamo in struttura, invece, non sono ancora arrivati.

Desidero fare buona impressione, reprimo una lacrima e cerco di contenere l'ansia che mi assale.

Arriveranno...

Mi fanno scendere dall'ambulanza ma sulle prime pare che nessuno sappia con precisione quale sia il mio reparto, la mia camera.

Ho freddo, ho sete e ancora i miei figli non si vedono.

Qui tutti hanno da fare, sono di fretta e anche l'ambulanza deve ripartire subito ma devono essere pagati. 

Mi sento in imbarazzo, vorrei pagare io ma la mia borsa è rimasta in macchina con la valigia.

Chiudo gli occhi e aspetto.

Arriveranno...

E' passata una mezz'ora, mi hanno accompagnata in camera e i miei figli sono arrivati con la mia roba.

La mia roba...mi guardo intorno e mi manca già la mia casa, le mie cose, i ricordi di una vita.

Si ricorderanno di bagnare i fiori?

E' un posto decoroso, tutto sommato e il personale è gentile. Almeno per ora.

Mi lasciano in camera mentre una ragazza compila un foglio e i miei figli devono andare in ufficio per sbrigare la parte burocratica.

Arriveranno...

Mi sento finita in un tritacarne. Tutto quello che succede da qui in poi si scivola addosso, un evento dopo l'altro.

Sistemazione biancheria, istruzioni, orari, presentazioni, domande...

Qualcuno mi da del Lei ma la maggior parte mi da del tu. Qualcuno mi chiama nonna.

Per carità, non c'è nulla di male, forse vuol dire che siamo tutti amici ma devo ammettere che sulle prime mi ha fatto effetto.

E' come se all'improvviso tutto il mio mondo si sia liquefatto mescolando quella che sono io e quello che è il resto, quello che era il prima e quello che sarà il dopo.

Quello che è il mio e quello che è il tuo.

La mia compagna di camera è nel letto e grida. Grida sempre, mi dicono.

Dove finisco io, e dove comincia lei?

Da quanto tempo sono qui? Quanto ci vuole a ristrutturare un bagno?

Io sono ancora io o sono l'etichetta sui miei vestiti?

I miei vestiti...ho sempre indossato orgogliosamente gonna, calze, camicetta e golfino, non sono mai uscita di casa senza rispettare questo codice che mi è stato tramandato da mia madre e da mia nonna prima di lei ma qui sono stati categorici: tuta da ginnastica calzette e pantofole con il velcro. Non c'è tempo per i dettagli.

Con il tempo i nostri abiti vengono persi, rovinati, buttati, prestati, mischiati e presto ti ritrovi addosso qualcosa che non ti  è mai appartenuto

Non ricordo più dove ho messo gli occhiali e non posso più leggere.

Guardavo volentieri la tv ma non è più possibile. Qui in camera infastidisce la mia compagna e in salone ognuno ha i propri gusti, non ci si mette mai d'accordo su cosa guardare. Soprattutto non si sente, c'è troppa confusione e rimbomba.

Forse il problema non era il bagno, forse è per la riabilitazione che sono qui.

Non riesco più a ricordare bene ma il fisioterapista lo vedo una volta a settimana per un quarto d'ora...di questo passo a  casa non tornerò per Natale.

Quando verrà mia figlia le chiederò. E' tanto che non viene. Forse è in vacanza, non ricordo.

Il telefonino si è scaricato ma nessuno me lo sa riaccendere, in poche provano a rimetterlo in carica ma senza risultati. Mi mancano i miei.

Arriveranno...

Tra l'altro mi hanno fatto la doccia un paio di volte alle sei del mattino, un freddo cane e un imbarazzo incredibile...caricata sul sollevatore, nuda, a gambe aperte, con un lenzuolo buttato addosso...mi sentivo una vacca al macello. Senza contare che in quella posizione, così come quando mi do la spinta per cercare di alzarmi a volte mi scappa qualcosa....a volte è solo aria ma altre...insomma, mi sento morire ogni volta.

Mi sono guardata allo specchio e ho notato di avere una ricrescita piuttosto lunga. Deve essere passato più di un mese dall'ultima volta che ho fatto il colore.

Poi la ragazza ha voluto accorciarmi i capelli e adesso sembro uscita da un campo di lavoro.

D'altro canto non si è spinta a tagliarmi le unghie, per quelle dobbiamo chiamare la callista, ha detto.

Mi fanno male i piedi e faccio sempre più fatica a camminare.

Potrei ancora, con i miei tempi, ma ci metto troppo quindi mi hanno dato una carrozzina di fortuna per fare prima negli spostamenti, una di quelle pieghevoli.

Per carità, io ringrazio sempre ma...è scomoda, mi fa male il sedere e anche la schiena.

I primi giorni arrivando a destinazione mi spostavano in poltrona ma poi è stata ricoverata un'altra ospite un po' più impegnativa e avendo meno tempo mi lasciano direttamente in carrozzina.

Devo chiedere a mia figlia se mi procura un cuscino ma è tanto che non la vedo.

Arriveranno...

Anche perché non vogliono più mettermi il reggiseno ed è un fastidio!

E' successo che per via del sudore si è creata una piccola irritazione sotto . Poi mi hanno anche messo un pannolone per la notte e soprattutto per quando mi danno la purga e sono irritata anche nell'inguine. Mi serve una pasta Fissan. Io mai avuti 'sti problemi, prima.

Bevo molto meno. A volte non so più quale sia il mio bicchiere a tavola, qualcuno ci fa dei pasticci indicibili nelle ore in cui siamo da soli...a volte invece non arrivo proprio a prenderlo.

Come anche di notte: da quella volta in cui ho provato a prendere l'acqua dal comodino e ho rovesciato la bottiglia bagnando tutto il letto non me la lasciano più.

Qui la notte è lunga. Andiamo a letto alle venti, non riesco neanche più a guardare un telegiornale, non so più cosa succeda là fuori. Alle tre sono già sveglia, a volte anche prima. Spesso vorrei girarmi ma non riesco più da sola. Vorrei suonare il campanello per cambiare posizione, bere, girare il cuscino, andare in bagno, ma...non voglio disturbare. Una notte la ragazza mi ha sgridata perché finalmente la mia compagna dormiva e l'ho svegliata, così ha ricominciato a gridare.

Mi sono sentita mortificata ma...avete presente che male quando stai nella stessa posizione per ore e ore?! Ti sembra di impazzire!

Poi verso le cinque magari riprendo sonno ma alle sei o poco più arrivano le ragazze per lavarci.

Ecco, questo momento può essere un sollievo ma anche un inferno. Non oso dirglielo perché lo so che entro le otto devono alzarci tutti ma a volte l'acqua è fredda, altre è troppo calda.

Una volta o due ho provato a dirglielo ma quando mi hanno risposto “ Eh vabbè così si sveglia” oppure “ Ma sì, l'acqua calda sgrassa meglio”...ecco, mi sono sentita male dentro, nell'orgoglio proprio...Come se non fossi più un essere umano fatto di carne e sensazioni ed emozioni ma un pezzo di plastica da catena di montaggio.

Vorrei dormire un po' di più, ho aspettato una vita per potermi riposare e invece non posso più decidere.

Sveglia intorno alle sei,poi in attesa di colazione in salone fino alle otto e mezza. Arriviamo in carrozzina uno per volta chiuso nel proprio malumore del primo mattino, nel silenzio del mondo che non ha ancore cominciato a girare, più o meno due ogni quarto d'ora e chi di noi ragiona ancora fa la conta. 

Ci siamo ancora tutti o qualcuno stanotte ci ha lasciati? A chi toccherà la prossima volta?

Facciamo colazione e immancabilmente chi avrebbe voluto il caffelatte si troverà il the e viceversa; chi vorrebbe i biscotti a parte se li trova già dentro la scodella in un pappone inguardabile, e viceversa.

E' tutto un viceversa, paradossalmente. Non è colpa di nessuno. 

Non nostra che siamo troppo vecchi per avere ancora una rilevanza sociale e dignitosa.

Non dei nostri figli che devono lavorare fino a non vedere più quasi neanche i loro figli stessi.

Non del personale, che viene impiegato in ogni mansione disponibile sulla rosa delle “cose da fare” fino allo sfinimento.

Noi siamo tanti, loro sono pochi e hanno tanti pensieri, non possono ricordare tutto.

L'imperativo è fare in fretta.

Dopo colazione infatti non vediamo più nessuno fino a pranzo e quelle quattro ore sulla carrozzina sono un inferno di pieghe, pruriti e dolori.

Vorrei sgranchirmi, fare due passi, andare in bagno con le mie gambe, con i miei tempi, lavarmi le mani ma non è possibile.

Loro devono sistemare la cucina, rifare i letti, compilare un sacco di scartoffie e hanno tutte mal di schiena.

A pranzo l'illusione dell'ottima cucina si dissolve sistematicamente e di nuovo si ripresenta lo spettacolo irricevibile del piatto unico, della mancanza di condimento, del grado di cottura mai al punto giusto per tutti.

Non vedo una bistecca dal giorno del ricovero. Del resto come potrebbero farci avere una bistecca calda, alla stessa ora, tagliata e masticabile per tutti?

Alcuni di noi hanno perso la dentiera e dato il costo elevato i parenti non gliel'hanno sostituita.

Di fatto dopo pranzo siamo tutti stanchi di stare seduti in carrozzina da ore e tutti abbiamo fretta di essere accompagnati a letto, più che altro per cambiare posizione, andare in bagno o essere cambiati o anche solo per parlare con qualcuno che ci sorrida e che per una volta ci dica “Non si preoccupi signora se ha un bisogno...siamo qui per questo”.

Non tutti, però, sono abituati a dormire nel pomeriggio, ma di fatto non abbiamo scelta.

E fino alle sedici, diciassette, di nuovo, non vediamo nessuno.

Il resto si ripete, stesse dinamiche per merenda, poi per cena, poi per la notte.

La lunga eterna notte.

La socializzazione tra noi è un'utopia: chi è sorda, chi non c'è più con la testa, chi ha altri interessi, chi parla un altro dialetto e chi solo il proprio dialetto.

Siamo una famiglia di perfetti estranei che condivide la stessa sorte ma non la stessa vita, quella vera.

C'è chi riceve visite e chi non vede mai nessuno. Di fatto ognuno di noi è solo con sé stesso e con quello che non ha più deve farci i conti.

Forse dovremmo concentrarci su quello che abbiamo, che è già tanto rispetto a chi è abbandonato a sé stesso.

L'unica consolazione dovrebbe essere quella di non morire da soli ed essere trovati solo dopo giorni, ma....la maggior parte di non muore da solo comunque, nel proprio letto estraneo e scomodo e senza una mano che ci accarezza nel momento del trapasso, che, diciamolo: fa paura a tutti.

Raramente qualcuno si accorge che sta arrivando la fine e ancor più raramente qualcuno trova il tempo di sedersi qui accanto a darci un po' di conforto. 

Il reparto deve andare avanti anche e soprattutto se uno di noi si ferma.

Qualcuno è più fortunato e i parenti arrivano ma di fatto trascorre un lungo lasso di tempo in cui senti che te ne stai andando e pensi solo...

Arriveranno.




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