Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  09/01/2025

AdS e scelte residenziali

“La legge istitutiva dell’Amministrazione di sostegno menziona la cura della persona quale obiettivo primario in vista del quale dev’essere operata la scelta dell’amministratore di sostegno (art. 408 c.c.): tra gli atti di cura può certamente includersi la scelta residenziale ed assistenziale del Beneficiario”

Trib. Roma, 24 maggio 2007, g.t. Serrao

“Dalle disposizioni di cui alla legge n. 6/2004, emerge che l’Amministratore è al più un rappresentante per taluni atti, quando non un semplice assistente e che deve occuparsi della persona dell’amministrato, se ciò sia previsto dal provvedimento del Giudice Tutelare e, salvo situazioni eccezionali dettate dall’urgenza, non può comprimere la volontà del destinatario.

Trib. Asti, 10 maggio 2012, pres. Donato

“La parte ricorrente chiede di essere autorizzata a decidere, in luogo del beneficiario, circa il suo collocamento in una struttura di assistenza, cura e protezione. Quanto alla “cura personae” del beneficiario — nel cui ambito si colloca anche il potere del rappresentante di fissare un certo domicilio in suo favore — l’art. 357 c.c. è disposizione normativa non richiamata dall’art. 411, comma 1, c.c. e nemmeno richiamato è l’art. 371 c.c. Trattasi, quindi, di disposizioni normative non applicabili all’ADS nemmeno analogicamente (v.,in parte motiva, Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 16 novembre 2007, n, 23743). Il mancato richiamo non legittima una lettura dell’amministrazione di sostegno che precluda il potere di cura personae in capo all’amministratore. Infatti, secondo l’indirizzo interpretativo di fatto oramai preponderante e del tutto maggioritario, sia in Dottrina che in Giurisprudenza, molte delle norme della tutela non sono richiamate dall’art. 411, comma I, c.c. per superfluità del rinvio, trattandosi di compiti o enunciati già contenuti in altre norme direttamente ed espressamente coniate per l’amministrazione di sostegno. Quanto testimoniato direttamente dallo stesso statuto normativo introdotto dalla Legge 6/2004: 1) l’art. 404 c.c. parla di “interessi” e non specifica quali, quindi è riferibile a tutte le situazioni giuridiche soggettive e giammai solo a quelle a contenuto patrimoniale; 2) il comma IV dell’art. 405 c.c. testimonia, in modo limpido, che il giudice tutelare si occupa sia della cura patrimonii del beneficiario, sia della sua cura personae, posto che conferisce al GT il potere di adottare i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio. Stesso dicasi per l’art. 44 disp. att. c.c. Ecco perchè l’art. 357 c.c. non è richiamato: semplicemente perchè sarebbe stato un richiamo superfluo; 3) anche l’art. 408 c.c. conferma che la “cura” ricade nell’ambito applicativo dell’ADS dove si prevede che “la scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario”. L’art. 371, comma I, n. 1 c.c. (richiamato dall’art. 424, comma I, c.c.) espressamente prevede che sia il giudice tutelare, sentito il tutore, ad individuare il luogo dove l’interdetto debba essere effettivamente domiciliato. Trattasi di normativa che si può senz’altro applicare anche all’interdetto (giusta l’art. 424 comma I c.c.) ma non tout court al beneficiario il quale, infatti, conserva un nocciolo duro di “volere” e non è destinatario diretto dell’art. 371 c.c., si spiega con la superfluità del richiamo, riconoscendo già gli artt. 405 e 408 citati, un potere/dovere di cura entro cui si inscrive anche il collocamento protettivo in una Comunità di assistenza e cura e, anche, il mutamento della residenza. Vi è, peraltro, che a livello sovranazionale il collocamento protettivo in Comunità è possibile alla luce della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente (art. 24, comma III) il dovere di adottare “misure adeguate per proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno dell’ambiente domestico” anche per garantire il loro pieno inserimento nel tessuto sociale (v. Trib. Varese, Uff. Vol. Giud., decreto 18 aprile 2011). È conforme, come detto, la prevalente Dottrina che, ad esempio, in tempi recenti, ha affermato che “È vero che l’art. 411 c.c. non richiama, a proposito dell’amministrazione, l’art. 357 c.c., ma solo perchè la complessiva disciplina speciale dettata dagli art. 404 ss. c.c. rende il rinvio superfluo: v. artt. 405, comma IV, 408, comma I, 410 cod.civ.”

Trib. Varese, 30 aprile 2012, g.t. Buffone

“Il consenso del beneficiario, tanto alla misura di amministrazione di sostegno, quanto al compimento degli atti ad essa relativi, non costituisce condizione indefettibile;

non si capirebbe altrimenti il senso dell'art. 410 c.c., che tale dissenso disciplina, prevedendo per l'appunto il ricorso al GT; non si comprenderebbe il dictum di Cass. sez. I, nr. 22602/2017 (punto 18.6) nella parte in cui afferma che, al ricorrere dei presupposti, e

perdurante il rifiuto del beneficiando, “la scelta della nomina dell'amministratore di sostegno s'impone laddove la riluttanza della persona fragile si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato”; non si capirebbe infine, e paradossalmente, lo stesso istituto della

ADS, che rimarrebbe di fatto svuotato e privo di significato, se l'ADS dovesse acriticamente seguire ogni volontà della persona beneficiaria (anche laddove essa costituisse palese estrinsecazione della patologia).

Nel caso in esame, la beneficiaria in ben due occasioni (esame del GT all'udienza di luglio 2017 e primo esperimento peritale dell'ottobre 2017) si era infatti detta ben disposta circa un ricovero in struttura, spiegandone con onesta semplicità le ragioni addotte a sostegno: in sintesi, la volontà di “non pesare sugli altri”.

Solo di recente, ed evidentemente a causa dell'ingravescente demenza senile che la attanaglia (si confrontino le due perizie in atti, che limpidamente descrivono il netto e progressivo declino psico-cognitivo della …), la stessa ha iniziato ad opporre un certo dissenso, peraltro gentile, ma profondamente immotivato, e tale da lasciare ipotizzare ingerenze altrui.

Come ben evidenziato dall'ADS nella ultima relazione:

- la necessità di cure fisioterapiche;

- la necessità di controllo sull'assunzione dei farmaci,

- la necessità di interazione tra la beneficiaria e terze persone, anche in ottica terapeutica rispetto alla patologia che la affligge;

- la impellente necessità di accudimento e di inserimento della medesima in un contesto protetto, sorvegliato e garantito;

impongono senza dilazione l'adozione di un provvedimento come quello in esame.”

Deferire all’ads il potere di manifestare in nome e per conto della beneficiaria il consenso all’immediato inserimento presso una casa di cura.”

Tribunale civile Vercelli, sez. giud. tut., 28 marzo 2018




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