La concezione promozionale vede il fragile come portatore di istanze tutte sue, consapevoli e originali; alla base di una combinazione specifica, inconfondibile. Qualcosa che scolpisce l’interessato, corpo e anima, che lo orienta e sempre lo accompagna; è un individuo il nostro che, a volte perfettamente, sa cosa vuole e cosa invece non vuole (Montale).
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Soprattutto, guarda ai suoi deficit come a emergenze marginali, protuberanze ristrette all’area biologica e anatomica. Impedimenti secondari nella scala del bene e del male, per il governo ‘’accogliente e ragionevole’’ cui ambirebbe se potesse.
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In un sistema in cui domini l’egoismo, in cui la solidarietà altrui rimanga ai bordi estremi dei comandi, l’impostazione promozionale resterà qualcosa di velleitario.
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In una società che scelga la linea contraria, potranno andare altrimenti le cose. Il primo passo, rispetto a chi versi in difficoltà, diviene quello dell’ascolto, della mitezza incuriosita. Un riscontro di cittadinanza elementare: cercare come servizio o come angelo custode o come vicario ufficiale di farsi raccontare le intermittenze, di scoprire le ricadute e frustrazioni dell’interessato.
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Se l’insieme del piano verrà attuato, hic et nunc, allora quell’invocazione diverrà realtà, ‘’epifania effettiva del benessere’’. Se la comunità fallirà in quel compito, residuerà oggettivamente – come bilancio - un senso di fallimento evangelico/politico.
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L’impostazione ‘’promozionale’’ modifica, in definitiva, il ruolo che chiedono e che recitano in scena i deficit di partenza; spostandoli dal centro laboratoriale a un punto di contorno, talvolta fuori del palcoscenico.
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La mancata adozione di quegli aggiustamenti architettonici, capaci di ridare chances e motivi di speranza a chi ne ha bisogno, nel suo labile bozzolo, potrà esporre magari a eventuali azioni di responsabilità. L’ente che non abbia fatto quanto doveva potrà, in certi casi, essere sanzionato per il danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da quell’incuria; per il fatto di aver cioè costretto