La cronaca odierna registra un ennesimo caso di femmincidio, consumatosi, questa volta, a Savona, la città in cui vivo e svolgo la mia attività professionale.
Una ragazza ventinovenne, intorno alle due di questa notte, è stata uccisa con un colpo di pistola nei giardini innanzi alla stazione ferroviaria.
Lo sviluppo dei fatti, purtroppo, è sempre il medesimo: la fine del rapporto sentimentale tra i due e le parole forti da lei pronunciate nei confronti dell’uomo, avrebbero scatenato la sua ira e la furia omicida. Inutili i soccorsi, la ragazza è morta pressochè sul colpo.
Lo sgomento per quanto accaduto è ancora più forte, considerato, tra l’altro, che lo scrivente, proprio ieri mattina, ha partecipato ad un incontro, organizzato dalla Questura di Savona, guidata dalla Dottoressa Alessandra Simone, ideatrice dei protocolli “Zeus” e “Eva”, con i giovani, sulla violenza di genere, sul bullismo e sul cyberbullismo, uno dei tanti incontri che gli uffici della Questura organizzano su questi temi, a livello locale e nazionale.
Allo sgomento si aggiunge il disappunto per la narrazione che, ancora una volta, è stata fatta dell’accaduto, al quale lo scrivente è particolarmente sensibile, avendo promosso, lo scorso anno, in collaborazione con il CAV Artemisia Gentileschi di Albenga, la libreria UBIK, la sezione savonese di FIDAPA e la Professoressa Claudia Palone, la presentazione del volume “Parole e pregiudizi. Il linguaggio dei giornali italiani nei casi di femminicidio”, della giurista e scrittrice Maria Dell’Anno; un saggio importante e molto attuale che, come precisa l’autrice nel titolo del volume, propone una riflessione sul linguaggio utilizzato dai giornali e dai tribunali italiani nella narrazione del femminicidio.
Anche in questa occasione, i media divulgano quanto accaduto secondo il consueto stereotipo: l’atteggiamento provocatorio e aggressivo della donna, che ha interrotto la relazione sentimentale, ha provocato una situazione di perdita di controllo, sfociata nel femminicidio. Nel caso specifico, poi, l’uomo, viene descritto come un onesto lavoratore incensurato, mentre la ragazza come un soggetto già ammonita dal Questore, quindi, poco affidabile.
La narrazione del caso savonese sembra rientrare nel terzo stereotipo divulgativo, descritto dalla Dottoresa Maria Dell’Anno, nel volume sopra citato, vale a dire quello definito dall’autrice “Amore tragico”, che la stampa e i media applicano nei casi in cui si deve descrivere l’uccisore come innamorato della vittima e il femminicidio come una tragedia familiare incomprensibile.
La donna uccisa, dunque, è la colpevole di quanto subito, mentre l’omicida è la vittima di una situazione, da lui non provocata e di un incontrollabile stato emotivo di rabbia, culminato con il gesto criminoso.
La narrazione del femminicidio, così come effettivamente viene effettuata, risente, dunque, di fattori culturali, di stereotipi di genere radicati e consolidati nella nostra società, che i giornali, i mass media e i tribunali continuano, pervicacemente, a riproporre. Per questo motivo, dunque, occorre che il contrasto alla violenza di genere passi, in modo sempre più forte, attraverso l’analisi del linguaggio di genere e dall’uso corretto delle parole, che costituiscono armi potentissime di diffusione di messaggi stereotipati, errati e violenti nei confronti delle vittime di femminicidio.
Dunque, non si può che convenire con la professoressa Raffaella Scarpa, che nel volume “Lo stile dell’abuso – Violenza domestica e linguaggio”(edito da Treccani, 2022) evidenzia come nell’analisi della problematica della violenza domestica, nulla più del linguaggio venga sistematicamente sottovalutato, quando, invece, lo “stile del discorso” costituisce il mezzo fondamentale per ridurre e mantenere la donna in uno stato di soggezione e soccombenza. Il linguaggio è un’arma di potere e di soggezione molto pericolosa, quando non si sa utilizzarlo correttamente, e la violenza di genere si fonda proprio sul potere e sulla prevaricazione.
A conclusione di questa breve nota, vorrei riportare, da un lato le parole della scrittrice Maria Dell’Anno, autrice di un volume che segna un cambio di passo culturale significativo, in tema di violenza di genere, nella direzione dell’analisi del fenomeno femminicidio in relazione alle sue cause più vere e profonde, quelle culturali, dall’altro le parole della Professoressa Claudia Palone, docente di lettere a Savona, e molto attiva nel contrasto alla violenza di genere e all’educazione alla parità di genere, moderatrice della presentazione del volume della Dottoressa Dell’Anno, lo scorso anno, a Savona.
Dunque, così, leggiamo, nel libro “Parole e pregiudizi”: “Il problema è che se soggetti autorevoli come la stampa e i tribunali scelgono di descrivere i femminicidi adottando una serie limitata e preconfezionata di frame narrativi, sarà difficile che l’opinione pubblica, che non ha una formazione propria su quella problematica sociale, riesca ad adottare una visione critica di quel racconto, bensì lo accetterà come corretto, ancor di più perché va a confermare gli stereotipi culturali con cui tutti e tutte siamo cresciuti e con cui quindi la nostra mente si sente a suo agio (…) Allora diventa evidente perché è così importante riflettere sul linguaggio, riflettere non solo su cosa ci viene raccontato ma soprattutto su come ci viene raccontato. Perché l’informazione non solo informa, ma forma le nostre idee sulla realtà in cui viviamo. Il giornale non solo ci dice cosa è successo, ma anche cosa dobbiamo provare nei confronti di ciò che è successo”.
A commento della narrazione giornalistica dell’episodio savonese odierno, così si esprime, invece, la Professoressa Claudia Palone, su un noto social network: “Ennesimo femminicidio. Un altro esempio di uso tendenzioso del linguaggio. Alcuni passaggi che denotano la propensione ad accusare la vittima responsabile della sua stessa morte. Lui incensurato, lei INVECE no. Lei ha usato parole FORTI che avrebbero QUINDI scatenato l'ira di lui , PORTANDOLO all'insano gesto!!ma quanto dobbiamo ancora lavorare per evitare di leggere simili articoli?? E poi la foto con la pozza di sangue in primo piano, cui prodest?