2. Ambito di applicazione dei procedimenti - La fase introduttiva e istruttoria del procedimento: il divieto di mediazione familiare e l’ascolto del minore
Circa l’ambito di applicazione della Sezione I del capo III del c.p.c. riformato, la Relazione illustrativa al Decreto Legislativo 149 del 10 ottobre 2022, sopra citata precisa che la dicitura generica dell’articolo 473 – bis 40, riferita a detto profilo, senza indicazione di uno specifico elenco di condotte rientranti nel campo di applicazione delle disposizioni in oggetto, è volutamente finalizzata ad estendere la tutela civile contro la violenza domestica a tutte le condotte che possono costituire reato, consentendo, così, la più ampia applicazione delle tutele previste.
Il successivo articolo 473 – bis 41 prevede che i procedimenti in oggetto si introducano con ricorso, il quale deve contenere, necessariamente per espressa specifica legislativa, specifica menzione di eventuali, altri procedimenti, aventi ad oggetto atti di violenza domestica o di genere e/o di abusi familiari, siano essi definiti o ancora in corso.
Detta precisazione rappresenta una rilevante novità, in quanto per la prima volta si prevede in modo chiaro e preciso il coordinamento tra procedimenti civili e penali aventi ad oggetto reati di violenza di genere, sino ad oggi, spesso, non conosciuti dal giudice civile, durante i processi di separazione e divorzio.
In tale prospettiva, da accogliere con estremo favore si colloca, tra l’altro, l’articolo 64 disp. att c.p.c., che prevede il passaggio degli atti dei procedimenti penali al giudice civile e quanto dispone il secondo comma dell’articolo 473 – bis 41, e precisamente che al ricorso vengano allegati gli atti relativi ad accertamenti svolti e dei verbali di sommarie informazioni e di prove testimoniali assunte in sede penale, unitamente ai provvedimenti relativi alle parti e ai minori emessi dall’autorità giudiziaria o da altra autorità pubblica.
L’iniziativa di parte che caratterizza i procedimenti in oggetto, trova eccezione nei casi in cui la vittima di violenze e abusi sia un minore; peraltro, la tutela dei minori che subiscono condotte violente da parte dei genitori è rafforzata dall’articolo 473 – bis 42, in forza del quale l’autorità giudiziaria, in tali casi, può d’ufficio, e senza alcun ritardo, porre in essere tutte le attività previste dagli articoli da 473 – bis 40 a 473 - bis 46 anche d’ufficio, compresa la riduzione dei termini sino alla metà e l’assunzione di prove anche al di fuori dei limiti di ammissibilità individuati dal codice civile, fatti salvi i diritti al contraddittorio ed alla prova contraria
Circa la nozione e il concetto di allegazione, di cui all’articolo 473 – bis n. 40, la giurisprudenza di merito si è pronunciata, di recente, evidenziando (come successivamente il Tribunale di Ancona del 22 giugno 2023, con la sentenza del citata in nota 11), che l’assenza, spesso, di riscontri esterni della violenza di genere comporta la necessità di attribuzione di valenza probatoria alle dichiarazioni della vittima, quando tali dichiarazioni siano assunte in contesti nei quali “la donna vittima di violenza ha formulato impegno a dire la verità con assunzione di responsabilità penale in casi di dichiarazioni reticenti e mendaci”, vale a dire, in particolare, nel corso del processo penale, soprattutto nei casi in cui le dichiarazioni della vittima abbiano avuto pieno riscontro mediante altri mezzi istruttori (ad esempio: referti medici, richieste di intervento e verbali di accertamenti delle forze dell’ordine)
A quanto sopra, vanno aggiunte alcune considerazioni derivanti dall’entrata in vigore della legge 24 novembre 2023 n. 168, rubricata “Disposizioni per il contrasto alla violenza sulle donne e della violenza domestica”, entrata in vigore il 9 dicembre 2023.
Infatti, con riferimento alla possibilità di acquisizione di atti e documenti presso uffici pubblici, potranno essere messi a disposizione del giudice civile tutti i provvedimenti di ammonimento del Questore, di cui all’articolo 1 della legge citata, esteso, tra l’altro, anche al reato di cui all’articolo 612 – ter c.p.
Inoltre, occorrerà tenere conto che l’articolo 2 della legge ha previsto la possibilità di applicazione delle misure di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza anche agli indiziati di reati legati alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, indipendentemente dalla commissione di un precedente reato.
Con riferimento, invece, agli atti di indagine non coperti da segreto istruttorio, la nuova formulazione dell’articolo 329 c.p.p., se da un lato ha fatto venire meno la tassatività dei reati per i quali è previsto l’invio al giudice civile degli atti processuali e la possibilità di invio degli atti di indagine non coperti da segreto istruttorio, da altro angolo visuale la norma pone un problema con riferimento alla possibilità di trasmissione al giudice (entro il termine di 15 giorni), di atti al di fuori delle ipotesi espressamente elencate dalla norma citata, in quanto la deroga/eccezione ha per oggetto la sola prosecuzione delle indagini (fatti salvi i casi di cui all’articolo 336 c.p, con riferimento ai procedimenti innanzi al TM, nei quali il PM ha legittimazione ad agire).
Circa la possibilità di riduzione dei termini sino alla metà, essa si correla ad esigenze di tutela della incolumità, della dignità e della personalità della vittima, come previsto dal secondo comma dell’articolo 473 – bis 41, che attribuisce tale compito al giudice e/o ai suoi ausiliari.
In tale prospettiva, la norma consente di evitare contatti tra vittima e autore degli abusi, nonché di disporre la secretazione dell’indirizzo di domicilio o dimora della vittima medesima di abusi e violenze, collocata in struttura protetta, al fine di evitare il grave fenomeno della “vittimizzazione secondaria”, del quale si è accennato in precedenza.
Nella medesima direzione di evitare di sottoporre chi ha subito violenza o abusi ad ulteriore violenza, sotto il profilo procedimentale, il decreto di fissazione di udienza che il giudice deve emettere, una volta presentato il ricorso, non dovrà contenere l’invio alle parti a tentare lo svolgimento di incontri di mediazione familiare o, comunque, a tentare la conciliazione. Inoltre, il giudice potrà chiedere, come in parte anticipato, al Pubblico Ministero o alle altre autorità competenti informazioni relative all’esistenza di eventuali procedimenti conclusi o pendenti aventi ad oggetto le violenze o gli abusi allegati dalla parte ricorrente , oltre che la trasmissione di detti atti, agli uffici competenti, se non coperti dal segreto istruttorio, ai sensi dell’articolo 329 c.p.p.
Con particolare riguardo al divieto di mediazione familiare e, più in generale, di attività conciliativa tra le parti, in caso di allegazioni di fatti di violenza e abusi familiari, l’articolo 473 – bis 43 precisa che detto divieto sussista quando sia stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, o sia pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415 – bis c.p.p., in relazione alle condotte di cui all’articolo 473 – bis 40.
Qualora, invece, dette condotte violente dovessero emergere successivamente all’inizio della mediazione familiare, il mediatore designato dovrà sospendere il percorso di mediazione familiare iniziato. Tale interruzione del percorso conciliativo non è stato previsto, inspiegabilmente, a dire il vero, dal legislatore della riforma, in relazione agli ordini di protezione, di cui all’articolo 473 – bis 70 c.p.c., strumento di analoga tutela immediata della vittima di violenza domestica e di genere, apparentemente sovrapponibili, secondo l’interpretazione di alcuni corti di merito (v. infra) ai provvedimenti indifferibili e urgenti, di cui agli articoli 473 – bis 15 c.p.c.
Sotto il profilo strettamente istruttorio, il giudice del procedimento, come anticipato, non solo potrà richiedere gli atti relativi ad altri procedimenti conclusi o pendenti relativi a violenza di genere, ma potrà anche avvalersi di consulenti tecnici d’ufficio, quando sia necessario per la decisione della controversia che si trova a dover decidere e procedere all’ascolto del minore, ai sensi dell’articolo 473 – bis 45 c.p.c.
La nuova disciplina impone al giudice di procedere direttamente e con la massima tempestività e l’ascolto diretto del minore, come indicato negli articoli 473 – bis 4 e 473 – bis 5 c.p.c., secondo due linee direttive:
a) evitare ogni contatto del minore medesimo con l’autore delle violenze e degli abusi;
b) evitare duplicazioni di ascolto in sede civile, nel caso in cui il minore sia già stato sentito in procedimenti penali o in altra sede, al fine di evitare inutili aggravi di stress psicologico per il minore e del procedimento.
In allegato l'articolo integrale con note.
Allegati