Aveva raccontato una storia di sfruttamento
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Ha raccontato di essere fuggita dalla Nigeria e di aver raggiunto l’Italia per rifarsi una vita, ma d’essere stata costretta dalla mafia del suo paese, che ha suoi affiliati a Palermo, a prostituirsi. Per la corte d’assise del capoluogo, che pure ha condannato l’uomo denunciato dalla vittima, la nigeriana sarebbe, però, “una prostituta volontaria. Da inquadrare, più correttamente, – si legge nella sentenza – nella nota diffusa categoria delle cosiddette sex-workers ossia nella categoria di quelle donne che preferiscono dedicarsi alla prostituzione piuttosto che lavorare o svolgere lavori poco remunerativi, come potrebbero esser quello della ‘shampista’ o di far capelli o di ‘far treccine’ o di lavorare presso qualcuno come domestico (etc etc)”.
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L’argomentazione è contenuta nelle motivazioni del verdetto col quale i giudici hanno comunque condannato a 2 anni e 6 mesi di carcere, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione, il nigeriano SEE. “Questa ‘classificazione’ della prostituta, naturalmente non contrasta con la presenza di uno sfruttatore e favoreggiatore, che a sua volta si giovi delle prestazioni della ‘lavoratrice e le agevoli, per rimpinguare anche le proprie casse”‘, prosegue il collegio che ha anche condannato l’africano a risarcire i danni alla parte civile. La Procura di Palermo presenterà appello contro la sentenza.
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Il processo è nato dalla denuncia della vittima, una nigeriana di 27 anni, che ha raccontato di essere stata costretta a scappare dal suo paese per sfuggire a un clan mafioso locale che la minacciava di morte. Prima di lasciare la sua casa sarebbe stata sottoposta a un rito vodoo, poi avrebbe fatto tappa in Libia, dove sarebbe stata tenuta prigioniera e torturata in un campo profughi, e infine si sarebbe imbarcata per l’Italia.
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Tramite connazionali, avrebbe preso contatto con l’uomo che poi l’avrebbe avviata alla prostituzione. Dal suo sfruttatore, che era affiliato alla mafia nigeriana e che la picchiava sistematicamente, sarebbe stata costretta a versare 1500 euro al mese. Dopo mesi di abusi la donna si è rivolta a un religioso nigeriano che l’ha accompagnata alla polizia. Per l’imputato la procura aveva chiesto la condanna a 16 anni e 6 mesi contestandogli anche il reato di tratta umana.