Biodiritto, bioetica  -  Maria Rita Mottola  -  18/02/2022

Obiezione di coscienza: un diritto

“I miei eroi saranno degli operai. Il mio personaggio è l’uomo. Non l’ho mai battezzato; non ha nome: è l’uomo”. 

Charles Chaplin

Risale a qualche giorno fa una decisione che porta in giudizio un caso particolare: due genitori chiedono che la trasfusione al figlio venga effettuata solo con sangue di persona non vaccinata contro il Covid19. Il Tribunale respinge e addirittura sospende la responsabilità genitoriale per procedere all’intervento senza intromissioni di papà e mamma. Non si vuole qui entrare nel merito della controversia ma piuttosto su un altro punto di estrema importanza e interesse. Se cioè l’obiezione di coscienza sia un diritto riconosciuto dall’ordinamento in via assoluta. Abbiamo letto un commento di un caro amico che apprezziamo per la sensibilità e la cultura giuridica e con il quale ci siamo simpaticamente “battuti in duello” sulle pagine di questa rivista tanto, tanto tempo fa.

Ecco ciò che ci ha turbato. Nelle conclusioni dell’articolo si legge: Per concludere, se il singolo ritiene di voler vantare un meritevole diritto da assurgere a obiezione di coscienza in merito a obbligare una struttura sanitaria a fornire solo sangue proveniente da donatori non vaccinati, ecco che ci si dovrebbe chiedere se questo diritto sia meritevole di tutela e riconoscimento giuridico come per altre situazioni già elencate in precedenza. Mentre l’obiettore che si rifiutava di svolgere il servizio militare per ragioni pacifiste e rifiutava l’uso delle armi, non ledeva e non comprimeva alcun diritto di coloro che, invece, si sottoponevano ad un anno di leva obbligatoria con uso delle armi da fuoco. Il suo diritto era meritevole al punto che veniva riconosciuto ancor prima che venisse alla luce una norma che disciplinasse questa situazione.[1]

Spesso abbiamo scritto come l’ideologia non possa che essere nemica del diritto. E questo ne è un esempio lampante. Spesso abbiamo affermato che l’ideologia è contraria alla realtà e qui abbiamo un esempio di come una intelligenza superiore, una sensibilità per temi delicati, una cultura giuridica ineccepibile possano essere “inquinate” da un pensiero ideologico. Pensiero che così possiamo semplificare: i no vax sono oscurantismo mentre i vaccini sono il progresso. Chissà perché mi viene in mente Charles Chaplin e il suo magnifico “Tempi moderni”. L’omino coi baffi era capace di rendere poetica la lotta di classe. E, come si sa, i poeti sono anche e sempre profetici.

Dunque, il progresso non è sempre bene per l’umanità, almeno così suggeriva il nostro piccolo uomo quando inizia a lavorare alla catena di montaggio. “Secondo le dichiarazioni dello stesso autore,  l’idea del film era nata dalla visita di uno stabilimento industriale della Ford, ad Highland Park, nel 1923 e da un lungo viaggio in Europa che aveva permesso a Chaplin di conoscere le miserevoli condizioni in cui versavano anche molti degli operai del Vecchio Continente[2]

Per tornare al tema principale l’autore dell’articolo citato asserisce che il diritto dell’obiettore di coscienza non incide sul diritto di altri a svolgere regolarmente il servizio militare. E chi legge superficialmente non può che trovarsi d’accordo. È vero, l’affermazione è vera ma non veritiera. È vera perché afferma un fatto vero ma non è veritiera perché non porta con sé la Verità. Complicato? Sì, è complicato difendersi dall’ideologia, da pensieri preconcetti che possono condurre fuori strada in primis chi li propone. Perché il diritto dell’obiettore si contrappone a un dovere anzi al sacro dovere di difendere la patria (art. 52 Cost.), viola il diritto di inermi, donne, bambini e anziani di vedersi tutelati da minacce di morte e da gravi conseguenze connesse ad azioni contro la sovranità dello Stato.  L’obiettore non difende gli inermi è concentrato sulla sua coscienza e agisce, rectius, chiede di agire in conformità a quella coscienza imperativa che gli impone una certa condotta. La sua coscienza gli imporrà di fare altro che non sia impugnare le armi. E chissà nell’evenienza proprio quell’obiettore potrebbe stupirci più di altri che a parole sono Capitan Fracassa. “Ma, se non staremo più che attenti, dovremo vedere migliaia che in questa tribolazione si volgeranno al Nemico, mentre l'attenzione di decine di migliaia che non giungeranno a tanto, verrà tuttavia deviata dalla considerazione delle loro persone verso valori e cause che essi credono più alte del proprio io. So che il Nemico disapprova molte di queste cause. Ma è qui dove Egli manca di lealtà. Egli fa spesso bottino di esseri umani che hanno dato la vita per ideali che Egli pensa cattivi, per la ragione mostruosamente sofistica che gli esseri umani li credevano buoni e che agivano nel miglior modo che sapevano.”[3][4]

E allora, come peraltro, è ben argomentato nell’articolo de quo, l’obiezione di coscienza è un diritto, anzi un diritto che è ancora prima che una legge lo riconosca tale.

Se si esamina l’intera questione dell’obiezione di coscienza si giunge alla conclusione che la Costituzione delinea e determina il diritto all’obiezione di coscienza che, seppur talvolta regolamentata dal legislatore, trova il suo fondamento negli articoli 2, 3, 19 e 21, primo comma, della Costituzione i quali, come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 196 del 1987 e 467 del 1991), contengono un insieme di elementi normativi convergenti nella configurazione unitaria di un principio di protezione dei cosiddetti diritti della coscienza. Tale protezione, tuttavia, non può ritenersi illimitata e incondizionata. Spetta innanzitutto al legislatore stabilire il punto di equilibrio tra la coscienza individuale e le facoltà ch'essa reclama, da un lato, e i complessivi, inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale che la Costituzione (art. 2) impone, dall'altro, affinché l'ordinato vivere comune sia salvaguardato e i pesi conseguenti siano equamente ripartiti tra tutti, senza privilegi.[5] E a maggior ragione la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia di questi ultimi senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell'uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale e il fondamento di valore etico-giuridico. In altri termini, poiché la coscienza individuale ha rilievo costituzionale quale principio creativo che rende possibile la realtà delle libertà fondamentali dell'uomo e quale regno delle virtualità di espressione dei diritti inviolabili del singolo nella vita di relazione, essa gode di una protezione costituzionale commisurata alla necessità che quelle libertà e quei diritti non risultino irragionevolmente compressi nelle loro possibilità di manifestazione e di svolgimento a causa di preclusioni o di impedimenti ingiustificatamente posti alle potenzialità di determinazione della coscienza medesima.[6]

A ben vedere l’obiezione di coscienza è un diritto “propriamente laico” che uno Stato laico deve riconoscere e rispettare come fondante l’intero assetto dei rapporti Stato-cittadino. È quel dare a Cesare riconoscendo il limite di quello che appartiene a Cesare (denaro e potere terreno), è quel dare a Dio riconoscendo quello che è di Dio (l’intero creato e in primis l’uomo nella sua totale e assoluta libertà).[7]

La laicità dichiarata non collide né compromette la libertà del sentimento religioso, la professione di fede e ogni altro aspetto connesso alla coscienza individuale: gli articoli 2, 3 e 19 della Costituzione garantiscono come diritto la libertà di coscienza in relazione all'esperienza religiosa. Tale diritto, sotto il profilo giuridico-costituzionale, rappresenta un aspetto della dignità della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall'art. 2. Esso spetta ugualmente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici (sentenza n. 117 del 1979) e comporta la conseguenza, valida nei confronti degli uni e degli altri, che in nessun caso il compimento di atti appartenenti, nella loro essenza, alla sfera della religione possa essere l'oggetto di prescrizioni obbligatorie derivanti dall'ordinamento giuridico dello Stato. La libertà di professione religiosa, riconosciuta in ogni sua forma senza altro limite che non sia quello del buon costume, non significa infatti soltanto "libertà da ogni coercizione che imponga il compimento di atti di culto propri di questa o quella confessione da parte di persone che non siano della confessione alla quale l'atto di culto, per così dire, appartiene": essa esclude, in generale, ogni imposizione da parte dell'ordinamento giuridico statale "perfino quando l'atto di culto appartenga alla confessione professata da colui al quale esso sia imposto, perché non è dato allo Stato di interferire, come che sia, in un "ordine" che non è il suo, se non ai fini e nei casi espressamente previsti dalla Costituzione" (sentenza n. 85 del 1963).[8] Non si tratta, dunque, soltanto della coscienza - e della sua protezione - dei non credenti, i quali non possono essere obbligati al compimento di atti il cui significato contrasti con le loro convinzioni. È in causa la natura stessa dell'essere religioso, ciò che, nell'ordine civile, per l'ordinamento costituzionale può essere solo manifestazione di libertà. Qualunque atto di significato religioso, fosse pure il più doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue istituzioni, rappresenta sempre per lo Stato esercizio della libertà dei propri cittadini: manifestazione di libertà che, come tale, non può essere oggetto di una sua prescrizione obbligante, indipendentemente dall'irrilevante circostanza che il suo contenuto sia conforme, estraneo o contrastante rispetto alla coscienza religiosa individuale. In ordine alla garanzia costituzionale della libertà di coscienza non contano, dunque, i contenuti. Credenti e non credenti si trovano perciò esattamente sullo stesso piano rispetto all'intervento prescrittivo, da parte dello Stato, di pratiche aventi significato religioso: esso è escluso comunque, in conseguenza dell'appartenenza della religione a una dimensione che non è quella dello Stato e del suo ordinamento giuridico, al quale spetta soltanto il compito di garantire le condizioni che favoriscano l'espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione. All'anzidetta configurazione costituzionale del diritto individuale di libertà di coscienza nell'ambito della religione e alla distinzione dell’<<ordine>> delle questioni civili da quello dell'esperienza religiosa corrisponde poi, rispetto all'ordinamento giuridico dello Stato e delle sue istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti.  Di qui deriva che - quando sia ragionevolmente necessaria rispetto al fine della garanzia del nucleo essenziale di uno o più diritti inviolabili dell'uomo, quale, ad esempio, la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici (art. 21 della Costituzione) o della propria fede religiosa (art. 19 della Costituzione)-la sfera intima della coscienza individuale deve esser considerata come il riflesso giuridico più profondo dell'idea universale della dignità della persona umana che circonda quei diritti, riflesso giuridico che, nelle sue determinazioni conformi a quell'idea essenziale, esige una tutela equivalente a quella accordata ai menzionati diritti, vale a dire una tutela proporzionata alla priorità assoluta e al carattere fondante ad essi riconosciuti nella scala dei valori espressa dalla Costituzione italiana. Sotto tale profilo, se pure a seguito di una delicata opera del legislatore diretta a bilanciarla con contrastanti doveri o beni di rilievo costituzionale e a graduarne le possibilità di realizzazione in modo da non arrecar pregiudizio al buon funzionamento delle strutture organizzative e dei servizi d'interesse generale, la sfera di potenzialità giuridiche della coscienza individuale rappresenta, in relazione a precisi contenuti espressivi del suo nucleo essenziale, un valore costituzionale così elevato da giustificare la previsione di esenzioni privilegiate dall'assolvimento di doveri pubblici qualificati dalla Costituzione come inderogabili (cd. obiezione di coscienza).[9]

Le basi scientifiche meritano di altro e diverso discorso e ci si ripromette di approfondire ma su quale base giuridica si può affermare che i Testimoni di Geova debbano essere riconosciuti obiettori di coscienza i  così detti novax no?

 

 

 

 

[1] https://www.diritto.it/sangue-no-vax-per-lintervento-del-figlio-obiezione-di-coscienza-e-diritto/

[2] https://festival.ilcinemaritrovato.it/tempi-moderni-e-larte-di-chaplin/

[3] C.S. Lewis. Le lettere di Berlicche, Mondadori, 1998, originale 1942

[4] Per chi non conosce questo magnifico pamphlet forse è importante precisare che chi scrive le lettere è un diavolo ed esse sono indirizzate a un apprendista diavolo. Il Nemico è quindi Dio. Si tratta nello specifico la tribolazione è la prima Guerra Mondiale.

[5]La decisione citata (C. Cost., 20 febbraio 1997, n.43 Giur. cost. 1997, 383; Cass. pen. 1997, 1662; Cons. Stato 1997, II, 218; Dir. pen. e processo 1997, 411; Foro it. 1997, I, 984; Giur. it. 1997, I, 436; Giust. pen. 1997, I, 167 così dichiara “costituzionalmente illegittimo, per violazione degli art. 3 comma 1, 2, 19 e 21 comma 1 cost., l'art. 8 commi 2 e 3 l. 15 dicembre 1972 n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui esclude la possibilità di più di una condanna per il reato di chi, ai di fuori dei casi di ammissione ai benefici previsti dalla legge suddetta, rifiuta, in tempo di pace, prima di assumerlo, il servizio militare di leva, adducendo i motivi di cui all'art. 1 della medesima legge, in quanto la disciplina dettata dalle disposizioni impugnate appare intimamente contraddittoria, sia perché determina un pervertimento della natura di quelli che, nei confronti della generalità dei destinatari, valgono normalmente come benefici (sospensione condizionale della pena, amnistia, indulto, grazia, liberazione condizionale, affidamento in prova), sia perché è incongrua rispetto alla sua "ratio", inequivocabilmente orientata dall'intento di evitare che l'integrazione della fattispecie di reato di cui al comma 2 dell'art. 8 (obiezione totale) possa avvenire più di una volta nell'ambito della vicenda personale di ciascun obiettore; ed in quanto - nella ipotesi in cui come nella disciplina impugnata) il legislatore, secondo valutazioni rientranti nell'ambito della sua discrezionalità, ritenga che l'ordinato vivere sociale non consenta di riconoscere ai singoli il diritto di sottrarsi unilateralmente ed incondizionatamente all'adempimento dei doveri di solidarietà, e tuttavia dia rilievo alle determinazioni di coscienza - siffatta rilevanza del principio di protezione dei c.d. diritti della coscienza, se risulta compatibile con la previsione di una prima ed unica sanzione, compatibile a sua volta con il riconoscimento della signoria individuale sulla propria coscienza, la quale può non essere disgiunta dal pagamento di un prezzo previsto dall'ordinamento, è vanificata dalla ripetuta comminazione di sanzioni, posto che questa, introducendo una pressione morale continuativa orientata ad ottenere o il mutamento dei contenuti della coscienza ovvero un comportamento esteriore contrastante con essa, finisce per disconoscere la predetta signoria.

[5] C. Cost., 19 dicembre 1991, n.334, Dir. eccl. 1992, II, 97; Giur. cost. 1991, fasc. 6.

Cons. Stato 1991, II,1999.

[6] C. Cost., 19 dicembre 1991, n.334, Dir. eccl. 1992, II, 97; Giur. cost. 1991, fasc. 6.

Cons. Stato 1991, II,1999.

[7] Il brano del Vangelo è la prima enunciazione del principio di laicità dello Stato. Siamo ai tempi dell’Impero e i cristiani vennero presto condannati a morte perché non accettavano di offrire all’imperatore come a un dio.

[8] C. Cost., 8 ottobre 1996, n.334 467 Giur. it. 1997, I, 1, Dir. eccl. 1997, II, 101; Dir. famiglia 1997, 451; Giust. civ. 1996, I, 28; Foro it. 1997, I, 25

[9] C. Cost., 19 dicembre 1991, n.334, Dir. eccl. 1992, II, 97; Giur. cost. 1991, fasc. 6.

Cons. Stato 1991, II,1999.






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