In un paesetto del Sud Italia vive un’onesta ragazza sui vent’anni, bella e sensuale; Rosaria di nome, giustamente ha a cuore il suo futuro. Sa che al mondo esistono i giovanotti, alcuni non le dispiacerebbero; conosce a fondo la mentalità circostante tuttavia, ha deciso di conservarsi “casta e pura” sino al giorno, cioè alla notte, delle nozze.
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Un giorno incontra un ragazzo di bell’aspetto, ben piazzato socialmente, Gian Maschio: inizia a uscire con lui. Presto la conoscenza si trasforma in qualcos’altro, le occasioni per stare insieme si moltiplicano, cominciano i primi baci. Non la disturbano quelle tenerezze, il giorno che lui arriva però a chiederle la “grande prova d’amore”, eccola tirarsi indietro: “Mi piacerebbe, non lo nascondo, mi attrai tu; meglio di no comunque, sono povera oltretutto, lo sai bene; chi mi vorrebbe più se accettassi di fare l’amore con te, e tu poi mi lasciassi?”.
Torna a premere lui, niente; insiste ancora, sempre no.
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Finché arriva la sera in cui Gian Maschio le scrive: “Ti voglio bene Rosaria, sento di amarti, sei la mia vita; prometto che ti sposerò appena possibile, dopo la laurea, puoi fidarti. Intanto vieni fra le mie braccia e sii mia sino in fondo”. “Parli sul serio, circa il matrimonio?”, chiede lei il giorno dopo. “Certamente, presto ordinerò le fedi dal gioielliere”. “E non cambierai idea?”. “Te lo giuro sulla testa di mia nonna”. A quel punto Rosaria cede; era stata sua maestra alle elementari quella nonna, la sospirata traditio corporis ha luogo.
Splendore tra i due per qualche settimana, nuovi abbracci, altre emozioni; poco dopo però le cose precipitano. Gian Maschio cambia sede universitaria, da un giorno all’altro scompare. Rosaria costernata: oltre al resto qualcuno del paese li aveva visti insieme, malgrado le precazioni, lungo scenari compromettenti (un bosco di sera, un alberghetto sul mare); amiche invidiose, sparlare è facile, la “liaison” è in un attimo di pubblico dominio.
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Gian Maschio poi, quanto torna al villaggio nulla fa per smentire: la bella Rosaria, il sogno di tutti i suoi coetanei! Quale trofeo per un rubacuori … intanto si è già messo con un’altra. Alla nostra fanciulla – pazienza per lo scandalo - non resta che citare giudizialmente il fedifrago, in vista di un risarcimento.
Il Tribunale, oggi come oggi, cosa deciderà? Lo stesso che avrebbe deciso ottant’anni fa? Risarcire la poveretta, cioè, per il fatto che i benpensanti del paese la disprezzano? Che nessuno, salvo qualche scarto di maschio, vorrà più sposarla?
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Risposta: ottant’anni fa sì forse, oggi no di sicuro; i tempi sono cambiati.
È un imbroglione il giovanotto, voleva solo spassarsela? Fin dall’inizio era intenzionato a non adempiere? Niente risarcimento lo stesso; a meno di non immaginare, ma non è il nostro caso, che Rosaria soffrisse di qualche tara psichica. Altrimenti no, pazienza per il raggiro sulle nozze; non c’è un danno effettivo, in quest’affare, pregiudizi e debolezze non risultano più, ecco il punto, quelli di un secolo fa: chi oggigiorno, anche nel profondo Sud, lapiderebbe una ragazza che abbia seguito il proprio estro romantico, sino in fondo? Chi, amandola e desiderandola, esiterebbe a sposarla sol per questo? E se un individuo del genere esiste, meglio perderlo che trovarlo, giusto?