Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  26/04/2023

Il limite al consenso del paziente: il rifiuto del trattamento da parte del professionista tra dovere e facoltà - Cecilia De Luca

    Il fine dell’esercizio della professione medica che tende al recupero o alla promozione della salute non esclude la possibilità, e talvolta anche il dovere, del medico di rifiutare le cure. Dottrina autorevole ritiene che il medico sia obbligato a rifiutare la propria prestazione sia in caso di interventi contra legem, quali la sterilizzazione non terapeutica e la fecondazione artificiale eterologa, sia quando il paziente chiede di sottoporsi a trattamenti la cui utilità terapeutica non sia comprovata e documentata. Al dovere di astenersi da terapie che non sono pienamente accreditate corrisponde l’obbligo di eseguire il trattamento che, secondo scienza ed esperienza, assicura la maggiore efficacia terapeutica. La libertà del medico di scegliere secondo coscienza è circoscritta, invece, ai casi in cui, tra i vari trattamenti possibili, nessuno risulti scientificamente idoneo ad offrire il miglior rapporto costi-benefici. Questa tesi, ispirata dall’intenzione di valorizzare la tutela della salute, suscita perplessità sul piano della concezione del rapporto medico-paziente: dall’affermazione dell’esistenza dell’obbligo del medico di rifiutare prestazioni la cui utilità non sia scientificamente dimostrata, consegue il disconoscimento del diritto del paziente di scegliere il trattamento che, a suo giudizio, meglio degli altri realizza il suo interesse. È logico ed evidente che la relazione medico-paziente debba tendere alla salute del malato. Tuttavia, questa tesi erra nel voler perseguire questo obiettivo attraverso l’individuazione dei diritti e degli obblighi di cui il medico ed il paziente sono titolari nell’ambito del loro rapporto, anziché attraverso il dialogo. Solo quest’ultimo, infatti, può realizzare simultaneamente sia la protezione della salute, sia la tutela della libertà di autodeterminazione, in quanto comporta la comunicazione al paziente delle ragioni per cui un trattamento è preferibile rispetto agli altri e permette al medico di conoscere i motivi per cui l’assistito predilige la terapia meno indicata. Di regola, allora, l’ “alleanza terapeutica” dovrebbe essere raggiunta sul trattamento scientificamente più affidabile. Secondo altro orientamento dottrinale, rientrano nelle facoltà di rifiuto i casi in cui il medico sia richiesto di prestare cure non collaudate o pericolose, o comunque non condivise secondo scienza ed esperienza, ferma restando la responsabilità del professionista nel caso di diniego.  A fronte di tali richieste, il sanitario è titolare del diritto all’ “obiezione di coscienza”, espressamente riconosciuto dall’art. 22 codice deontologico medico, in base al quale il sanitario può rifiutare la propria opera quando gli siano “richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico”, a meno che il rifiuto esponga la persona assistita ad un “grave ed immediato nocumento per la salute”.

    In allegato l'estratto integrale con note


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