Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  21/05/2023

I requisiti di validità dell’informazione e del consenso: introduzione - Cecilia De Luca

Occorre, a questo punto, procedere con un’analisi sui requisiti dell’informazione e del consenso, sulla necessità di una procedura e sulla integrazione tra cartella clinica e procedura legale di formazione ed acquisizione del consenso. Anche se è chiaro ormai, bisogna aver presente che il principio di autolegittimazione del medico e principio di autodeterminazione del paziente caratterizzano due posizioni giuridiche soggettive indipendentemente da un rapporto giuridico contrattuale o extracontrattuale che sia. Bisogna precisare che il consenso del paziente non è condizione di legittimazione dell’attività del medico, che ha un curriculum di formazione e di attestazione che lo autolegittima: il consenso del paziente è invece condizione di liceità di un atto medico perché egli è portatore di un diritto di autodeterminazione in ordine alle scelte che possono incidere in qualche modo sulla sua salute e sulla sua integrità fisica. Si può anche riflettere che il rapporto medico-paziente sta evolvendo da una condizione strutturale di squilibrio storico-sociale e ci si riferisce al paternalismo alimentato da una certa “comprensione” risalente da parte della giurisprudenza, una condizione data da una asimmetria di preparazione e di formazione che caratterizza i protagonisti. Ora il rapporto medico-paziente deve evolvere, assumendo la centralità del consenso informato come valore, ad una condizione di “equilibrio costituzionale”, caratterizzato da due posizioni che nella Carta trovano una valenza ed un confronto positivi che rafforzano l’una, quella del paziente, e pongono un giusto limite negativo all’altra, quella del medico, la cui superiore capacità viene equitativamente e, nel contemperamento reciproco di interessi, maggiormente delineata, trasformandola nello svolgersi dinamico del rapporto da una posizione di autorità ad una posizione autentica di autorevolezza. Essa per essere tale deve essere alimentata da fiducia consapevole del paziente, fiducia che può essere costruita in vari modi, considerando la condizione soggettivamente ed oggettivamente drammatica del soggetto. Si tratta di un rapporto giuridico, dunque, soprattutto e preminentemente interpersonale in cui lo squilibrio informativo viene colmato come obbligo di garanzia e da parte della struttura sanitaria in generale e da parte del medico nella specificità del caso concreto. Questo obbligo si instaura su chi sa nei confronti di chi non sa, istituisce un equilibrio e sul piano giuridico e sul piano fattuale, il quale obbligo deve essere interpretato in funzione dell’obiettivo primario della responsabilizzazione del paziente, di preparazione, cioè ad una scelta che deve essere condivisa.

L’abilitazione del medico e del professionista sanitario

Il primo e fondamentale requisito, la cui mancanza rende invalido il consenso in presenza di tutti gli altri, è costituito dall’abilitazione professionale dell’operatore che esegue la prestazione diagnostica o terapeutica. I giudici partono, infatti, dalla considerazione che il medico non può intervenire senza il consenso del paziente, che rappresenta il presupposto indispensabile, in quanto opera come scriminante dell’attività medica, in specie chirurgica. Tuttavia, il consenso del paziente può essere invalido, e quindi non elide l’antigiuridicità della prestazione eseguita in mancanza della necessaria abilitazione, perché il malato forma la propria adesione alla proposta terapeutica nella convinzione di affidarsi ad una persona abilitata all’esercizio della professione medica, cadendo perciò in errore sulle qualità dell’operatore. Le nuove norme europee per l’ordinamento delle Scuole di specializzazione prevedono che il “medico in formazione” esegua un certo numero di interventi chirurgici come primo operatore, sotto la guida di un tutor o di in docente della Scuola. Un parere orientativo del Consiglio Superiore della Sanità sostiene che ricoverandosi in un ospedale “il paziente acconsente al trattamento ben sapendo che diverse possono essere le persone che lo effettueranno, sicché il consenso prestato ad un sanitario per un certo trattamento vale implicitamente anche nei riguardi di altri medici che fanno parte del reparto in cui il paziente è ricoverato”. Tuttavia, un autorevole dottrina sostiene che “è oggettivamente difficile ottenere un  consenso scritto, specie ad interventi impegnativi e rischiosi, in cui venga specificato che l’operatore sarà un giovane medico che sta acquisendo la propria esperienza”. Infatti, l’identità e l’esperienza del soggetto che eseguirà l’intervento sono fattori che influiscono sulla libertà di autodeterminazione del paziente, il quale, quindi, dovrebbe esserne informato.

In allegato l'estratto integrale con note.


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