Cultura, società  -  Cecilia De Luca  -  21/07/2024

Frammenti di vita

A.M.: “Cecilia, in breve ti racconto la mia storia, perché tu possa comprendere come la vita di ciascuno di noi in qualche modo è già stata, credo, definita nei suoi contorni, sebbene siamo sempre noi a sceglierne il “contenuto”.

Una volta laureato, decisi di non seguire la carriera di mio padre, avvocato, ma di tracciarmi un mio percorso individuale.

Vinsi una borsa di studio come dottorando, alla quale rinunciai per questione di incompatibilità.

Al termine del periodo di ricerca, essendo già sposato, non continuai nel percorso accademico, poiché altri fattori esterni me lo impedirono, e decisi di partecipare ad un concorso pubblico che mi avrebbe permesso di iniziare a lavorare come funzionario.

Intanto, volli comunque conseguire l’abilitazione per l’esercizio della professione forense, il cui esame dovetti ripetere più di una volta, ma non misi in alcun modo in dubbio la mia preparazione nonostante quell’insuccesso – e comunque non è questo a doverti fermare.

Ero sulla soglia dei 30 anni, allora pensai di voler provare un qualcosa che mi spaventava: il concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria.

Non avevo elevate doti o talenti nascosti, e non avrei mai pensato quello che poi sarebbe seguito.

Non avevo tempo per studiare, lavorando come funzionario. Così, quando tornavo dal lavoro in studio, da mio padre, chiedevo ai miei amici/colleghi di raggiungermi per poter ripetere insieme.

Ascoltavo più io loro, e così apprendevo quello che non avevo tempo di studiare in autonomia.

Arrivarono i tanto attesi giorni delle prove concorsuali.

Svolsi le prove di diritto civile e amministrativo, ma l’ultimo giorno quando fu dettata la traccia di diritto penale, al decorso della seconda ora, non avendo scritto nulla, mi alzai per andare a far la fila e per poter tornarmene a casa.

Quella fila, Cecilia mia, “magicamente” diventava sempre più lunga. Mi stancai e considerando che non avrei avuto più possibilità di partecipare a quel concorso e che avrei dovuto aspettare più tempo nell’attesa, in piedi, che seduto nell’attendere che terminassero le otto ore date per lo svolgimento delle prove, tornai a posto, e cercai di dare tutto quello che potevo in quel momento.

Per me quell’esperienza sarebbe rimasta fine a sé stessa e, onestamente, più passava il tempo più diventava un ricordo quasi sbiadito. Per me ma non per la “vita”.

Un bel giorno ricevo la notizia: superamento degli scritti.

Il lavoro, la famiglia non mi diedero tempo per lasciarmi prendere da tutte le emozioni contrastanti

del momento e prosegui con la mia vita ordinaria.Intanto, poiché avevo maturato i requisiti, partecipai anche al concorso presso la Avvocatura dello

Stato. Anche in questo caso era stata quella una opportunità per mettermi alla prova.

Conobbi in quei giorni il direttore di un penitenziario. Diventammo amici. Mi raccontò la sua vita, confidandomi che a causa del suo lavoro la sua famiglia non poteva permettersi di condurre una “esistenza normale”, e che lui, in verità, incominciava a temere per la sua incolumità.

In quel momento, sinceramente, non gli credetti, Cecilia. Pensavo che stesse scherzando o perlomeno esagerando.

Finì lì.

Uscirono gli esiti delle prove scritte del concorso per l’accesso all’Avvocatura dello Stato, e indovina

un po’? Superai anche quelli.

15 giorni per la preparazione dell’orale su 18 materie. Pensai: “Follia”. Ma tanto non avevo nulla da perdere.

Rischiavo, per la graduatoria, di non entrare, ma anche qui il destino operò con la sua mano.

Arrivai per l’ultima fase e venni a sapere che il candidato che si era classificato prima di me e che avrebbe dovuto partecipare all’orale perse la vita per mano della criminalità.

Quel ragazzo era quel mio caro amico che aveva trovato il modo di cambiare la vita sua e della sua famiglia ma che non fece in tempo a “cambiare il suo destino”.

Vedi, cara Cecilia, con questo non voglio dirti che non possiamo scegliere chi diventare e come costruire la nostra esistenza, ma che una linea da una “Grande Mano” è forse già stata tracciata.

Ora vado a pranzo.

Ciao, ciao e stammi bene.




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