Cultura, società  -  Redazione P&D  -  13/01/2025

A proposito dei giuristi e dei magistrati tortuosi e squilibrati - Francesco Gazzoni

In pieno agosto dello scorso anno mi sono ritrovato  al centro di una bagarre giornalistica e politica, come spesso accade basata su mezze-verità, cioè mezze-menzogne, per aver esposto, nella XXI edizione del 2024 del mio Manuale di diritto privato alla p. 51 del testo (che peraltro riproponeva quel che avevo scritto diciassette anni prima in una Introduzione) i pericoli che derivano da taluni aspetti critici della magistratura, ricevendo una sequela di Crucifige, anche dalla stampa quotidiana e perfino da una interpellanza parlamentare. Il lettore interessato, può leggere in questa rivista gli scritti miei in replica e quelli dei miei critici.

   Si è trattato all'evidenza di una polemica estiva, di quelle che nascono e muoiono durante le vacanze, quando si ha tempo da perdere ed anche i giornali non hanno notizie serie da dare e da discutere.

   Pertanto ritenevo che la vicenda fosse esaurita, ma non avevo considerato che ci sono anche le vacanze natalizie, durante le quali c'è chi si annoia e non sa dove sbattere la testa.

   Dietro segnalazione di un amico ho letto dunque con ritardo un articolo pubblicato ne Il Ponte del 3 gennaio dal titolo Sono matti i magistrati, i professori di diritto o tutti i giuristi?, a firma di Luca Baiada, il quale ha trascorso le sue vacanze natalizie (purtroppo per lui non avendo niente di meglio da fare) a scrivere un pezzullo dedicato a me, più che altro come persona, sulla base essenzialmente delle Introduzioni al mio Manuale.  La tecnica usata dal Baiada nel confezionare lo scritto non è stata univoca.

   1. Talvolta si è trattato di una scelta fior da fiore di quanto scritto nelle Introduzioni, scelta decontestualizzata, omettendo le motivazioni. Lacerti di un discorso spezzato, frantumato, annullato, all'insegna dell'estrapolazione. 

    2. Altre volte il Baiada sceglie la strada del volontario fraintendimento, volto a dimostrare programmaticamente una data tesi preconcetta.

   Prendiamo tre esempi, che dimostrano tra l'altro come il Baiada,  proprio lui, abbia un rapporto problematico con la sessualità, con una reductio ad unum inquietante, che ricorda la famosa barzelletta di quel napoletano in cura psichiatrica, il quale, richiesto di rispondere su che cosa vedesse nelle macchie di Rorschach dava sempre la stessa risposta, perchè, spiegava, "io sempre a chilla penso". Attribuire dunque a me, come fa il Baiada, detto rapporto problematico equivale al famoso bue  che dice cornuto all'asino.

   Primo esempio: "Ho vissuto molto da vicino un processo che ha coinvolto la mia facoltà, per l’uccisione di una innocente studentessa e ne conosco ogni pur minimo risvolto, un processo inquinato da abuso dei provvedimenti restrittivi, da violenze, intimidazioni, minacce, subite dai malcapitati potenziali testimoni, indotti a dire quel che si voleva fosse detto, e fissate addirittura in videoregistrazioni da far accapponare la pelle perfino al piú rozzo e ignorante dei giuristi. È del tutto irrilevante se i condannati fossero realmente colpevoli, perché ogni amante delle regole e quindi delle garanzie processuali, dirà che in quell’occasione ingiustizia è stata fatta. Dopo il processo Montesi (che però era stato inquinato dalla politica), questo è stato di certo il piú scandaloso esempio dell’ignoranza culturale, prima ancora che giuridica,della magistratura penale italiana".   

   Queste frasi dell'Introduzione al Manuale (p. XLIX) dal Baiada sono così tradotte: "A proposito di studentesse: critica duramente le indagini e il processo sul delitto Russo, dice che «ingiustizia è stata fatta» e lo paragona al processo Montesi; curiosamente, si capisce che parla di Marta Russo ma non la nomina, mentre nomina Montesi[13].  Nelle sue  parole, cioè, Wilma Montesi, morta in un caso irrisolto a sfondo sessuale, fa ombra a Marta Russo, un caso risolto che elementi sessuali non ne ha".

   Come facilmente si desume da questa assoluta trasformazione del mio pensiero, la psichiatrica macchia di Rorschach è interpretata dal Baiada in chiave di sessualità.

   Secondo esempio: "La corporazione dei professori universitari non si situa al primo gradino della scala del peggio, solo perché esso è già occupato dalla magistratura giacobina alla Fouquier-Tinville, nostalgica della Costituzione napoletana del 1799 e dei suoi moralistici artt. 313-314, cui ha peraltro dato attuazione, dopo piú di due secoli, in esito a decine di migliaia di intercettazioni telefoniche, cosí ricevendo il meritato sbeffeggiamento pubblico nella messa in scena carseniana del Don Giovanni scaligero (7dicembre 2011)".

   Questa frase dell'Introduzione al Manuale (p. LXVII) suscita in Baiada il seguente perverso interrogativo: "E ora una domanda: perché quegli articoli della Costituzione napoletana del 1799 lo preoccupano? Stabiliscono che sarà privato temporaneamente dei diritti di cittadinanza chi «vivrà poco democraticamente, cioè da dissoluto e voluttuoso, darà una cattiva educazione alla sua famiglia, userà de’ modi superbi ed insolenti, e contro l’uguaglianza»[15]. Lasciando da parte ogni opinione su questo rigore, è oscuro cosa disturbi Gazzoni, che specialmente in tema di voluttà – turbe, orge, deflorazioni – sembra assai severo. C’è da escludere che un tribunale giacobino avrebbe punito quest’uomo irreprensibile".

  Di certo non posso pretendere che il Baiada conosca la regia del Don Giovanni scaligero del 2011, là dove il regista Robert  Carson nella scena finale fa uscire dalle quinte ed entrare sul palcoscenico un sosia di Berlusconi, il quale, fumando una sigaretta, guarda sorridendo la scena in cui Don Giovanni sprofonda all'Inferno, ma, vista anche la data, qualunque giudice di buona fede è in grado di comprendere che mi riferivo al processo  pendente allora a Milano contro Silvio Berlusconi per il caso Ruby: la morale come arma per la lotta politica giacobina.

   Terzo esempio: "Dell’orgia di follia sessantottina è rimasta, innanzi tutto, la liberazione sessuale a seguito di una deflorazione di massa, avvenuta con il consenso di quelle giovani che univano il dilettevole all’utile, al fine di essere accettate dai “rivoluzionari”.

   Quel che ho così scritto alla p. LXIII dell'Introduzione è cosa ormai risaputa e passata alla storia, con un prima e un dopo il '68, ma nella mente del Baiada il sostantivo "orgia" (che egli scrive in corsivo), utilizzato da me anche con riferimento alle chiacchiere delle sentenze sul danno alla persona, si trasforma (come si legge nel predetto secondo esempio, là dove è accostato alle turbe e alla deflorazione in chiave "voluttuosa") in una scena di sesso di gruppo. Eppure se egli conoscesse la lingua italiana saprebbe che il termine, in senso figurato, significa, come si legge nel vocabolario Treccani, "Fig., grande quantità, profusione eccezionale, straordinaria". L'utile e Il "dilettevole" delle studentesse che facevano l'amore nelle aule universitarie occupate, le trasforma poi, nella perversione baiadiana, in meretrici "sostanzialmente prostituendosi ai militanti politici", come se per le prostitute fosse "dilettevole" il proprio mestiere.  Che, poi, un tempo le "turbe ormonali" dei giovani si scaricassero nella guerra, suscita nel Baiada solo pensieri pruriginosi a sfondo sessuale, perchè evidentemente non ha letto Niente di nuovo sul fronte occidentale  di Erich Maria Remarque.

    3. Non mancano però le vere e proprie falsificazioni. E' il caso del modo in cui il Baiada riferisce in tono macchiettistico il suo esame orale sostenuto con me al concorso in magistratura nel 1989, che costituisce, poi, l'esordio del pezzullo e la sua ragion d'essere.

   Devo fare una premessa. Alla prima riunione collegiale della Commissione il Presidente Siena riferì che, ove non fossero stati coperti tutti i posti messi a concorso, il  Ministro Vassalli era intenzionato a coprire quelli residui con un colloquio riservato a chi avesse conseguito la laurea almeno con il punteggio di 105/110. Ci invitò dunque ad usare manica larga nella correzioni dei temi.

   Egli teneva un suo quaderno dove annotava non solo la progressione degli ammessi all'orale, ma anche la lista degli "stampellati", di quelli cioè ammessi bensì, ma con il proverbiale "calcio nel sedere", i quali si dividevano in due subcategorie, a seconda che la stampella fosse unica o duplice. In sede di orale se ne sarebbe dovuto tener conto, verificando la loro effettiva preparazione. 

   Poichè alla fine, grazie anche al gran numero di stampellati, si riusci ad ammettere il solo numero dei posti a concorso, si decise di limitarci ad una superficiale verifica della preparazione degli ammessi, stampellati o meno che fossero. E così' andò, tanto che vi fu una sola bocciatura, di una candidata, la quale, praticamente, si bocciò da sola con silenzi e risposte inverosimili.

    Dunque anche al candidato Baiada, come a tutti gli altri, fu riservato un trattamento estremamente indulgente. Non vi fu allora, nè poteva esserci, da parte mia, il tentativo di mettere in  difficoltà il Baiada o gli altri candidati, con  l'intento (sadico) di bocciarli, sicchè tutto, ma proprio tutto quel che egli scrive al riguardo è frutto di una divertente sceneggiatura da filmetto comico di serie B sulla scuola, con Alvaro Vitali.

    Del resto è lo stesso Baiada a  farsi protagonista del filmetto comico perchè, avendo tra l'altro detto, in risposta alla domanda, che "un cattivo matrimonio è peggio della galera [...] Il boato della commissione non mi fece proseguire, la tensione si sciolse in grasse risate, il presidente da sfinge divenne una pasqua". Ma la sceneggiata non finisce qui, perchè il Baiada così prosegue: "Tutti contenti. Tutti? Non proprio tutti. Il commissario dalle domande impenetrabili prese a insistere, voleva ancora spiegazioni. Possibile che il topolino gli sfuggisse dagli artigli? Ma il presidente intervenne: basta, passiamo a un’altra materia. Ero salvo".

   Spiace che il Baiada abbia coinvolto il Presidente Siena e la sua memoria in questa sceneggiata da quattro soldi, così palesemente inventata se si considera che l'esame di diritto civile si sarebbe risolto, a suo dire, in una sola domanda, per intervento del Presidente che d'autorità avrebbe ordinato il passaggio "a un'altra materia".

   Chi ha conosciuto il Presidente Siena sa oltre tutto che egli era persona mite, aliena da protagonismi, garbata, equilibrata, rispettosissima del lavoro dei singoli Commissari, tant'è che mai e poi mai egli intervenne sulle subcommissioni nel corso della correzione degli scritti o sulla conduzione degli esami orali da parte dei singoli Commissari.

   Il Baiada ha voluto strafare con la sua sceneggiatura, che si rivela un vero e proprio boomerang e questo la dice lunga sulla attendibilità del personaggio.

4. Il Baiada ricorda, oltre al Presidente Siena, il giudice Mario Vaudano, altro membro dell Commissione. Anch'io lo ricordo, perchè strinsi immediatamente con lui un rapporto di grande intesa, che sarebbe divenuta certamente una vera amicizia, se egli, terminato il concorso, non si fosse trasferito ad Aosta a dirigere la Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale. Mario è stato un magistrato integerrimo nel gestire le inchieste (basti pensare a quella sui petroli quando era Giudice Istruttore a Torino), un magistrato "scomodo", perchè inattaccabile e di rara onestà, al punto da schierarsi, contro le resistenze interne, aiutando gli eredi del Procuratore Capo Bruno Caccia nel tentativo di individuare i veri  mandanti dell'omicidio. Consiglio al Baiada la lettura della sua autobiografia La difficile giustizia. 

   Dunque invitai più di una volta Mario a casa mia e una sera in cui ero stato invitato a cena dal mio caro amico Cesare Salvi (all'epoca esponente di punta della corrente di sinistra del PCI e poi Senatore  e Ministro del lavoro nel governo D'Alema, governo nato grazie a Cossiga) chiesi a Cesare il permesso di  portare Mario con me, cosa che avvenne, con una indimenticabile serata fatta di discussioni ad alto livello.

    Riferisco questo episodio solo affinchè il Baiada prenda atto delle mie frequentazioni,  visto che parla di me come di un simpatizzante della P2 (al pari di Cossiga), per poi scrivere che nel Manuale "ci sono riferimenti a Nietzsche, Schopenhauer, Schmitt, Céline. Quindi non c’è da stupirsi che, divagando sulla musica, ammiri Karajan e Furtwängler (uno diresse per Hitler e l’altro quasi) storcendo il naso su Toscanini, Abbado, Muti". A parte il fatto che cito Céline non nel Manuale, ma in altro scritto e pur non considerando che Toscanini andava bene a chi amava Selezione dal Reader's Digest, che il Beethoven di Abbado  (specie per avere in ogni caso ridotto l'organico orchestrale, addirittura a livello di musica da camera per l'esecuzione delle nn. 1-2-4-8 https://mozart2006.de/2013/06/26/claudio-abbado-compie-ottant-anni/l), sembra, anche per i tempi, Rossini, onde l'unica cosa positiva sono i Berliner, straordinari con qualsiasi direttore, che Muti è un sopravvalutato come pochi, sostenere che io preferisca Karajan e Furtwängler per la loro vicinanza a Hitler, dimostra solo che il risvolto della faziosità è la ridicolaggine, in cui il Baiada, infatti, precipita miseramente. 

   Comunque, a titolo di cronaca, nei miei gusti il più grande direttore di sempre è stato Carlos Kleiber (figlio di Erich, grande direttore anch'egli, ma non al livello del figlio, che, essendo antinazista, emigrò in Svizzera e poi in Argentina, dove nacque Carlos). Ascoltando la più parte delle sue interpretazioni nessun uomo o donna che ami la musica nel profondo è in grado di governare l'emozione continua, costante ai limiti dell'umana sopportabilità. Almeno a me accade spesso di dover interrompere l'ascolto.

5. Secondo il Baiada io avrei frainteso il pensiero di Mario Garavelli sui giudici "psicolabili". Il punto è importante, perchè nel Manuale, alla contestata p.  51 del testo, ho riferito quanto egli ha scritto, con tanto di pagina del libro, sicchè la mia è stata una adesione, vista l'autorevolezza della fonte. Riproduco dunque il pezzo, peraltro già riprodotto alla p. LIII-LIV dell'Introduzione, che Baiada omette di riferire, rifugiandosi in altro più sintetico e generico:

   Gli squilibrati sono in numero preoccupante, se come tali intendiamo non i pazzi dichiarati, ma quelli che, passando per i vari gradi dell’alterazione psichica, vedono compromesso il loro equilibrio nel giudicare e nell’agire, che in questo lavoro è la cosa più preziosa […]. Si tratta di un male oscuro, tipico della funzione e variegato nel suo manifestarsi, cosicché il più delle volte, per fortuna, si esaurisce in modeste deviazioni, ma altre volte offusca grandemente l’immagine pacata di chi dovrebbe impersonare la maestà della legge. Qui trovare un rimedio è difficile; espresso il dovuto scetticismo su eventuali interventi di psicologi e psichiatri delle più varie scuole, non resta che il solito intervento dei colleghi e, ancora una volta, dei capi degli uffici, i soli che possono dall’interno ostacolare processi degenerativi di questo tipo. Ma anche in questo caso giocano l’indifferenza, il pietismo, il malinteso rispetto per il collega, l’assenza di responsabilità, che spiegano la mancanza di provvedimenti preventivi o di denunce successive, del quieta non movere et mota quietare di mastronardiana memoria.

   Mi pare che il pensiero di Garavelli sia chiaro, almeno per tutti coloro i quali non appartengono alla categoria dei prevenuti, dei censori a senso unico e dei faziosi.

6. Al termine, il Baiada si chiede se, leggendo l'articolo, io mi convincerò "che è il giurista, non solo il magistrato, ad aver spesso una mente tortuosa". Ma non ho avuto bisogno  di leggerlo per sapere che la mente del giurista non solo è, ma non può non essere tortuosa, come è tortuoso ogni percorso interpretativo e ricostruttivo della legge (tortuosa per definizione, nel senso che va comunque interpretata). 

    Ma c'è una profonda diversità tra il giurista e il magistrato, perchè il giurista espone innocue teorie, mentre il magistrato inizia procedimenti penali  e pronuncia sentenze, potendo così incidere pesantemente sulla vita dei cittadini. E lo stesso vale per gli squilibrati, giuristi o magistrati che siano.

    Orbene io sono un giurista, mentre Baiada è un  magistrato ed è una bella lotta per stabilire se siano più squilibrate le mie Introduzioni o il suo articolo. Solo che il rischio, puramente ipotetico si intende, è che magari siano squlibrate anche le sue sentenze.

     Ma  questo rischio oltre che ipotetico è anche di basso impatto. Infatti il Baiada è giudice della Corte di appello militare, onde egli è (per usare un'espressione militaresca) un "imboscato" rispetto alla giurisdizione ordinaria e quindi non solo lavora poco e dunque scrive poche sentenze, ma il suo lavoro non incide sulla vita degli incolpevoli cittadini non militari.

     Il lavorare poco fa sì che il Baiada abbia tempo per rimuginare sulle proprie esperienze passate, piuttosto che occuparsi di vicende relative alle parti dei processi. E così, giunto alla tenera età di sessantacinque anni (egli infatti riferisce che nel 1989 ne aveva trenta) è ancora sul piede di guerra, anche se manifesta bontà d'animo affermando che "comunque sarebbe bassa rappresaglia [sic!], adesso, trentacinque anni dopo una domanda imbarazzante fatta a me, porne qui altre su di lui. Niente domande, non esamino l’esaminatore".

   Grazie, illustre sig. Giudice Militare, Le sono davvero riconoscente per la mancata "rappresaglia". Ora potrò vivere più serenamente, senza più paura!

Francesco Gazzoni

   

      




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