Cultura, società  -  Luigi Trisolino  -  17/02/2025

Carne risorta - lirica poetica

Mistificavi le geometrie

sovrastrutturali

del tuo vivere in società.

Mi cibavi

fino a saziarti

della mia carne

tra le gementi

caverne

della tua carne,

fino a saziarmi

il grezzo pezzo della mia nudità.


Scalàti alacri i giorni

di distanze 

tra i rimbombi nelle notti

insonni insieme,

sulla vetta delle voci

al telefono, anonimi e risaputi,

e dolci si facevano

le attese

e ruspanti le righe

tra le pieghe della carne,

sugli occhi.


Poi l’abbraccio,

l’eremitica fuga insieme,

scalando monti,

carezzando la conoscenza

di due vite

già in punto e croce,

sulla carne che è risorta

allo spirito.


In piedi. Lo spirito risponde

il suo “presente”

tra le ruvide pareti,

oltre le soffici lenzuola

sgretolate, ovattandoci

sopra la voglia e le bestialità

dolci.


“Presente”. Riecheggia

lo spirito.

Eppure il tuo peccato volontario

non s’espia sul freddo legno

d’una chiesa

o della tua casa solitaria

tra i libri.


Non ti bastava una vita,

a ungerti di grazia,

magari.

Eppur t’è risorta la notte

attraversando i chiaroscuri

del mio corpo eretto

sull’arrembaggio di un battito

di cuore,

che non ha tirato l’àncora

al di qua delle tue colonne d’Ercole,

andandovi 

al di là;

in questo dove ove siamo

qui e adesso.

Mentre tu dormi e io

con la lieve luce, testimone,

che filtra dai monti

alla finestra fuggiasca,

vedo la morbidezza

dei tuoi piedi

tra le rosee dita delicate,

a due passi dal tuo respiro,

a tre attimi dal nostro

crogiuolo di odori assopiti

dopo l’espressione del sospiro. Cavalco.


Ad un attimo d’un palmo

fra i tuoi sospiri. Cingo d’indelebili

passi nudi la tua carne,

presidio sorridendo

il tuo dolore, trapassato. Cavalco

ovattando

questa nostra biunivoca

rivoluzione;

che travaglia partorendo 

reciprocità possenti. E beate.

Ad unghie dolci 

sul nostro dirci. A carezze

nel nostro farci. Mai più a metà.

Carezze infrante

sgorgate, 

carnefici sul cranio del tedio.

E il cuore sospinge la carne, 

dopo che la carne

ha sussultato sussurri sul cuore.

E già ti graffio con amore. Cavalco.


Il mio tatto addosso

ai tuoi gemiti, e cavalco,

il mio polpastrello

si è connesso

sui rami carsici del tuo

piacere, bagnandolo di nuovo,

ma di un nuovo cambiamento.

Chiamandomi a redimerci

in un non so che,

la vita.


Respira. Oltre il gemito

in questo attimo. Cavalcherò.

Ché fra poco ti sveglierai.

Ma io sarò qui. Non me ne vado.

E sarò lì, tra i tuoi libri

oltre i tuoi ludìbri.

Ibridamente inediti, 

edificando un nuovo tatto

sulle cose dell’esistere.

Tra le ramificazioni tacite

della luna,

ritroveremo tutte le pieghe

agli occhi,

nelle nott’insonni

che verranno. E poi il sole.

Promettimi raggi inediti

a scaldarci.

Innamoranda dolcezza

dalle dita cucciolose,

che dorme. Carne risorta.

Lo spirito, oltre il peccato,

risorgerà.

               

                               Scritta a Tivoli sabato 1° febbraio 2025

                               Limata alle ore 3.30 di martedì 4 febbraio 2025 a Roma

          La settima strofa è scritta il 7 febbraio 2025 a Roma, insieme ad ultimissime limature

                                         Luigi Trisolino




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