In questi tempi di comunicazioni divisive è significativa la notizia di un cantautore americano, morto a 88 anni a seguito di una “probabile” lunga malattia neuro degenerativa.
Si chiamava Kris Kristofferson.
Suonava la chitarra e l’armonica e fu affiancato anche a tante altre importanti figure della musica “country” degli anni’70 (tra cui Jonny Cash e Willie Nelson).
Scrisse, tra l’altro, “Help me make it trought the night”, “Sunday Mornin’ Comin’ Down”, e anche “Me and bobby mcgee”.
Comparì in numerosi film, tra cui, forse, il più celebre, fu “Pat Garrett e Billy the kid” (colonna sonora di B. Dylan, 1973).
Era americano, ma apparteneva a “quell’america che guardava al mondo sudamericano con dialogo e rispetto”, soprattutto nei confronti del tema dell’immigrazione (interpretò “Plan Wreck at Los Gatos”, scritta da Woody Guthrie, a difesa dei profughi messicani che cercavano fortuna in USA, anno 28 gennaio 1948).
Affiancato dalla sua famiglia, è stato “utilmente supportato” durante la malattia, al punto che ha continuato ad apparire in molti eventi televisivi.
Kris Kristofferson ha portato avanti le sue idee di eguaglianza e libertà; e pensare che era nato in Texas ed aveva adempiuto al servizio militare, salvo poi trasferirsi a Nashville.
E’ ancora possibile, per la generazione nata negli anni ‘80, ricordare Kris Kristofferson, perché i genitori nati negli anni ‘50 hanno sicuramente potuto condividere e tramandare le parole di questo grande della musica.
In questo senso, Kris Kristofferson è stato un personaggio aggregativo e “rispettoso della vita e degli altri”.
Le sue canzoni hanno lasciato “qualcosa” e ancora oggi accompagnano molte persone. Il ritmo, le parole e gli accordi, fanno di Kris Kristofferson un “sempreverde”, tanto più oggi che siamo di fronte a molte canzoni che comunicano, per larga parte, protagonismo e pretese economiche.
Kris Kristofferson non si esibiva con le basi, e neanche in “play back”.
Il più delle volte cantava a memoria, la sua memoria.