Per ciascuno dei tre imputati due mesi di carcere senza la concessione delle attenuanti generiche, in quanto «avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica e invece hanno creato turbamento in una ragazza appena maggiorenne»
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Per i pesanti apprezzamenti sessuali e gli insulti dal tono minaccioso a una diciannovenne tre militari dell’Esercito di 32, 24 e 23 anni sono stati condannati a Milano per molestie. Un mese di reclusione con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario. Si è chiuso così il primo processo a Milano per un caso di «Catcalling» risalente al 21 marzo 2021.
«All’inizio non ho dato peso, poi dopo che per tutto il giorno mi hanno importunato sono esplosa. Alla fine sono scoppiata anche a piangere», aveva raccontato la giovane a margine di un’udienza del processo nel maggio 2022.
«Era in lacrime e tra un singhiozzo e un altro mi ha detto di aver subito delle frasi pesanti e di sentirsi minacciata», ha detto la mamma della diciannovenne nel corso della sua testimonianza. Un racconto fatto alla madre dopo essere stata già due volte oggetto di molestie nel corso del pomeriggio. La ragazza, allora 18enne, è uscita, però, un terza volta per portare a passeggio il cane. Sentendo dal balcone di casa che la giovane stava ricevendo ancora dei commenti dai militari, impegnati nell’operazione «Strade sicure», ma in quel frangente liberi dal servizio, erano scesi in strada prima il compagno e poi la madre della ragazza. A quel punto si era acceso un diverbio a cui si erano poi aggiunti il fratello e il padre-poliziotto della vittima.
Anche se bisognerà aspettare le motivazioni - saranno depositate entro 60 giorni - il got Luigi Fuda della settima sezione penale ha in sostanza condiviso la ricostruzione del vice procuratore onorario Marisa Marchini, che in accordo con l’aggiunto Letizia Mannella, ha chiesto per ciascuno dei tre imputati la condanna a due mesi di carcere senza la concessione delle attenuanti generiche, in quanto «avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica e invece hanno creato turbamento in una ragazza» appena maggiorenne, «supportandosi e spalleggiandosi a vicenda».
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L’avvocata di parte civile, Roberta Bianchi, ha spiegato che la giovane «è ancora visibilmente turbata» e quando ricorda la vicenda piomba «in uno stato d'ansia e di paura»come quelli di allora. «Era provata per la violenza delle parole - ha aggiunto l'avvocata - e la petulanza dei tre militari che avrebbero dovuto vigilare e invece hanno passato il loro pomeriggio a bivaccare e molestare».
Come sempre sostenuto nel corso di tutto il processo il legale difensore, Salvo Lo Greco, ha negato le accuse: «I miei assistiti hanno semplicemente chiesto alla ragazza» e all'amica che era con lei «se volevano bere con loro, questo è successo». Inoltre, «nessuno dei testi presenti quel giorno ha confermato quello che ha raccontato la vittima - ha proseguito l'avvocato rivolgendosi al giudice -. Sono militari con le loro carriere e il loro lavoro, due mesi di arresto sarebbe un disastro. Allora le chiedo di assolverli con la formula più ampia» in quanto il fatto contestato «non può dirsi provato oltre ogni ragionevole dubbio».
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L'avvocato Lo Greco, prima di concludere, ha precisato, che la ragazza era «interessata a coprire un'altra situazione», ovvero lo schiaffo che il padre avrebbe tirato a uno dei militari in quegli attimi concitati. Vicenda per la quale il genitore è stato archiviato.