Commento a Corte di Appello di Reggio Calabria dell’8 giugno 2020, n. 446
1) Premessa. 2) La fattispecie. 3) Le decisioni dei giudici di merito e la determinazione giudiziale del termine per l’adempimento della prestazione. 4) Le tipologie di danno da ritardo nella consegna di merci nel trasporto marittimo.
In relazione a questa vicenda giudiziaria iniziata davanti il tribunale di Palmi nel 2007 e, quindi, caratterizzata da una certa lungaggine, al di là degli aspetti processuali e giuridici che brevemente ci si appresta ad illustrare, sorprende l’approssimazione con cui il trasporto di un carico così importante e oneroso non sia stato oggetto di attenta regolamentazione negoziale in ordine a profili importanti quale, in particolare, il termine di arrivo e consegna della merce in Venezuela. Sorprende anche che la società mittente abbia citato in giudizio tutti i soggetti contrattualmente coinvolti tranne la società destinataria del carico che si era rifiutata di ricevere la merce.
2) La fattispecie
Andando per ordine, si illustrano brevemente i fatti di causa. Una società conferiva mandato ad un’altra al fine di reperire una società di spedizioni la quale, a sua volta, avrebbe dovuto individuare una società che effettuasse il trasporto marittimo della merce, precisamente di 22 mila chilogrammi di castagne fresche sterilizzate. Tali contratti sono stati regolarmente conclusi.
Risulta pacifico in causa che l’incarico alla mandataria fu conferito nell’ottobre del 2000, che la merce partiva il 23 dello stesso mese e giungesse a destinazione a Puerto Cabello il 13 dicembre 2000, 51 giorni dopo la partenza, facendo diverse tappe con tre navi diverse e soste nei porti per molti giorni.
Come accennato, la destinataria acquirente si era rifiutata di ritirare la merce in quanto, risulta dalla sentenza, ritenuta ormai ‘fuori mercato’ e inviava disdetta anche per un altro carico concordato del peso di 44 mila chilogrammi della stessa tipologia di merce.
La società mittente ha citato in giudizio la società mandataria, quella di spedizioni e quella di trasporto, ma non la società acquirente e, pertanto, mai sono state indagate le motivazioni reali del rifiuto di ricevere la merce, poi rientrata in Italia, sempre con spese e oneri vari a carico della società mittente, merce peraltro ritornata in gran parte avariata, almeno così ha affermato e allegato la società attrice. La società di trasporto, costituendosi, con riferimento alla legittimazione ad agire aveva eccepito che essa spettasse alla società destinataria, ma i giudici di primo grado avevano respinto tale eccezione sulla base del disposto dell’art. 1689 cc.
La parte attrice chiedeva accertarsi la responsabilità contrattuale a vario titolo delle convenute, in particolare in relazione al grave ritardo nell’arrivo al porto di destinazione. Chiedeva la condanna del pagamento a titolo di risarcimento del danno della somma di euro 466.359,625 (comprendente, in particolare, il danno emergente – merce avariata al rientro – e il lucro cessante – disdetta di altro ordine da parte della medesima società e altre voci di danno tra cui quello ‘commerciale’).
3) Le decisioni dei giudici di merito e la determinazione giudiziale del termine per l’adempimento della prestazione.
Il tribunale di primo grado respingeva le domande attoree, in particolare quelle formulate nei confronti delle società di spedizione e di trasporto, mentre la causa proseguiva con riferimento alla società mandataria. In particolare, tale giudice ha ritenuto che nessuna data di arrivo a destinazione era stata concordata. La parte attrice aveva dedotto prove testimoniali per dimostrare che era stato stabilito il termine dell’8 novembre 2000 quale termine del trasporto, ritenute ammissibili ai sensi dell’art. 420 del codice della navigazione, ma non avviso dei primi giudici. Tale richiesta di escussione di testimoni è stata reiterata davanti ai giudici di appello i quali a loro volta non le hanno ammesse non tanto in quanto inammissibili alla luce del disposto dell’art. 420 del codice della navigazione (sotto questo punto di vista, hanno specificato tali giudici, ammissibili in quanto trattasi di accertare le modalità di esecuzione di un contratto e non il contenuto di un contratto con forma scritta ad probationem), ma poiché tese a dimostrare l’intervenuto accordo in tal senso con il vettore e lo spedizioniere, mentre la parte attrice ha sempre affermato che tale accordo era stato pattuito con la società mandataria incaricata di individuare spedizioniere e vettore.
Un altro aspetto oggetto di motivo di appello ma eccepito dalle parti convenute come nuovo e non ammissibile ai sensi dell’art. 345 cpc del codice civile è stato quello relativo alla mancata individuazione da parte del giudice di primo grado di un termine nella fattispecie ragionevole di arrivo della merce ai sensi dell’art. 1183 del codice civile. Per la verità non era stato appunto chiesto in primo grado tale integrazione giudiziaria del regolamento contrattuale o determinazione successiva, a contratto concluso ed eseguito, ma la parte appellante ha evidenziato che poteva essere effettuata d’ufficio (1).
I giudici di appello, tuttavia, ritenevano che tale domanda, nuova e non ammissibile, contrastava con la tesi secondo cui un accordo sulla data di consegna era invece stato pattuito tra le parti e, in particolare, con la società mandataria. Ed è anche stato sottolineato che non è sostenibile che il giudice dovesse vagliare il superamento della normale tollerabilità per la durata del trasporto, nel caso dell’assenza di accordo su un termine essenziale, senza che vengano indicati criteri e parametri per tale vaglio.
Sul tema va evidenziato che l’esigenza di spedita esecuzione dei rapporti contrattuali, specie come quelli di cui si tratta in questa sede, unitamente ai principi di diligenza e correttezza implicano che, in mancanza o nell’attesa della determinazione giudiziale, l’obbligazione debba essere adempiuta in un termine congruo o ragionevole. In fattspecie come la presente, potrebbe essere chiesta ex post una valutazione del giudice circa quello che poteva essere ritenuta la data di consegna ragionevole, non tardivamente, in secondo grado, come è stato fatto, e senza allegare che un accordo era stato pattuito, oppure che nel caso concreto fossero state previste clausole o formule che risultassero nella polizza di carico, del tipo “trasporto con particolare speditezza” o “la più sollecita” e altre simili.
La corte di appello di Reggio Calabria ha pertanto respinto integralmente l’appello avendo accertato a sua volta la mancata stipula di una data di consegna o termine essenziale e avendo accertato, quindi, l’esecuzione regolare della prestazione dovuta e, pertanto, l’adempimento da parte di spedizioniere e di vettore (riguardo la mandataria, come già evidenziato, il processo di primo grado era proseguito, essendo stata emessa sentenza non definitiva con riferimento a questi ultimi). Non è stata fornita, inoltre, si legge nelle motivazioni, prova alcuna o sufficiente, circa i motivi del rifiuto della società acquirente di ricevere la merce e della disdetta di altro successivo ordine, circa l’inutilizzabilità della merce al suo rientro e, con riferimento al quantum, le varie voci di danno allegate, tra cui il danno ‘commerciale’.
4) Le tipologie di danno da ritardo nella consegna di merci nel trasporto marittimo.
La decisione sembra corretta, esclude la sussistenza di responsabilità e rigetta la richiesta di risarcimento del danno per ritardata consegna nei confronti di spedizioniere e vettore (nel frattempo dovrebbe senz’altro essere stata pubblicata la sentenza definitiva da parte del tribunale di Palmi in ordine alle domande svolte dalla parte attrice nei confronti della società mandataria). Ma restano le perplessità indicate all’inizio di questo commento con riferimento alla (carente) regolamentazione del contratto, in particolare quello base con la società mandataria incaricata di reperire una società di spedizioni, e al mancato coinvolgimento nella controversia della società acquirente e destinataria della merce.
Un accenno infine lo si svolge con riferimento ai termini per la consegna al destinatario delle merci nel trasporto marittimo, al ritardo e alle eventuali conseguenze nel trasporto marittimo. A livello normativo, la convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, ratificata dall’Italia il 17 aprile 1939, rappresenta la prima regolamentazione relativa al trasporto marittimo, ma non si occupa delle ipotesi dei ritardi e delle relative conseguenze. Così come le disposizioni aggiornate con i Protocolli del 23 febbraio 1968 e 21 dicembre 1979, entrambi resi esecutivi con le leggi 243 e 244 del 12 giugno 1984 (le cosiddette regole dell’Aja e Visby). Abbastanza recentemente l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato nel dicembre 2008 a Rotterdam la convenzione sui contratti di trasporto internazionale di merci interamente o parzialmente effettuati via mare (cosiddette regole di Rotterdam) che disciplina i diritti e gli obblighi dei vettori, degli spedizionieri e dei distributori. Tra le perdite economiche si accenna anche al ritardo da consegna che legittimano il mittente o il ricevente a pretendere un indennizzo e l’art. 10 prevede Il Right of control, ovvero il diritto a poter scegliere il foro in cui dirimere l’arbitrato, optando tra i paesi attraverso cui è transitata la merce coperta da polizza di carico.
In assenza di pattuizione di espresso termine essenziale nei trasporti in questione, sembra tuttavia che occorra fare riferimento ad altre convenzioni in materia, come quella di Montreal del 1999 sul trasporto aereo o a quella CMR in materia di trasporto stradale (art. 21) per estrapolare regole e criteri sul punto e che possono sintetizzarsi nel principio secondo cui ‘la durata del trasporto tenuto conto di tutte le circostanze del singolo caso e la data della resa non devono superare quella ragionevolmente prevedibile per un trasporto diligente’. La questione del ritardo, in sostanza, deve risolversi in una questione di ragionevolezza. Interessante sul punto una pronuncia della Corte di Appello di Reggio Calabria del 2016(2). Secondo i giudici calabresi, nell’individuare la data di resa congrua occorre tenere conto del tipo di merce trasportata, ed in particolare, come nel caso dagli stessi affrontato, se essa sia deperibile o meno. E nel caso esaminato si trattava di un grosso carico di frutta andato deperito in un contesto di viaggio che avrebbe potuto e dovuto essere più breve. In un altro caso la Corte di Appello di Genova ha stabilito che per valutare la sussistenza di un ritardo colpevole o meno, occorre considerare il tipo di mezzo di trasporto impiegato e a tale proposito il trasporto aereo legittima l’aspettativa per una maggiore puntualità rispetto al trasporto marittimo. I giudici liguri hanno affermato che occorre anche considerate le caratteristiche del viaggio, ad esempio se siano previsti trasbordi o scali intermedi(3). Va, in generale, evidenziato, che la materia dei trasporti e il sistema delle responsabilità sono complessi se si tiene anche conto del fatto che gli artt. 17 e 18 della convenzione CMR prevedono che il vettore risponde del danno da ritardo secondo le stesse regole applicabili alla responsabilità per perdita o avaria delle cose trasportate secondo un complesso sistema di esoneri, presunzioni e distribuzioni di oneri probatori.
Riguardo la tipologia di danni, alcuni già evidenziati, che possono nei casi in esame verificarsi si indica ad esempio il deterioramento fisico della merce (es. frutta); possono poi verificarsi perdite economiche sofferte dal destinatario per effetto del ritardo, come ad esempio la diminuzione di valore della merce a causa di un calo del prezzo di mercato o di danni e penali che il destinatario ha dovuto pagare a propri clienti. Si può in certi casi poi ipotizzare il danno all’immagine e alla reputazione commerciale. Riguardo questa voce di danno, recentemente, la Suprema Corte ha precisato che occorre una prova piuttosto rigorosa con puntuali allegazioni e circostanze non potendosi essa presumere(4). La Suprema Corte, sempre con riferimento al ritardo nel trasporto di merce, ha affrontato il tema del danno da perdita di chance. Si trattava di una fattispecie del tutto particolare. La merce trasportata doveva rappresentare il campione per partecipare a una gara di appalto. Affermano i giudici di legittimità che la chance costituisce ‘una entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione. La perdita di chance costituisce un danno attuale e concreto ed autonomamente risarcibile’. Nella specie, tali giudici hanno precisato che ai fini della risarcibilità la parte che ha subito il ritardo e la mancata partecipazione alla gara avrebbe dovuto offrire prova che vi era la possibilità di aggiudicarsi la gara medesima. In sintesi, ai fini della risarcibilità di tale tipologia di danno, occorre che in base al criterio della verosimiglianza sia riscontrabile l’esistenza di una ragionevole possibilità del verificarsi del risultato favorevole(5).
Riguardo la mancata consegna della merce da parte del venditore, i giudici di merito con una pronuncia un po’ risalente avevano affermato che tale condotta legittima il compratore a risolvere il contratto ai sensi dell’art. 48 primo comma e 49 primo comma della convenzione di Vienna del 1980 se il termine pattuito per la consegna aveva carattere essenziale(6).
1. Non sembra configurabile un rilievo d’ufficio della questione in parola. Una tale possibilità non si ricava dalla disciplina codicistica di cui all’art. 1183 cc. Occorre una domanda specifica di parte (ad esempio, si pensi, a un contratto preliminare di compravendita di immobile che non prevede la data entro la quale stipulare il contrato definitivo) e con riferimento a determinate prestazioni contrattuali che richiedono una certa speditezza e rapida esecuzione, l’obbligato, deve, anche in virtù dei doveri generali della diligenza e della correttezza, eseguirle e solo successivamente, in mancanza di clausola sul termine, può essere adito dalla parte interessata e che ha subito un danno il giudice affinché, secondo le circostanze del singolo caso, stabilisca quale doveva intendersi il termine congruo o ragionevole.
Sul punto, Cass. civ. 28 giugno 1979, n. 3637 aveva affermato che “la determinazione del tempo entro il quale l’obbligazione deve essere adempiuta può farsi anche con riguardo all’oggetto del rapporto e alla sua funzione economica – sociale, senza che occorra la previa costituzione in mora dell’obbligato, quando lo spazio di tempo decorso rilevi il superamento in concreto di ogni limite di normale tolleranza”
In dottrina, sulla disciplina di cui all’art. 1183 cc, tra tutti, C. Massimo Bianca, Diritto civile, l’obbligazione, volume quarto, Milano, 2019.
2. Corte di Appello di Reggio Calabria, n. 373 del 28 aprile 2016.
3. Corte di Appello di Genova, 8 marzo 2002, in Dir. mar., 2005, p. 185.
4. Cass., prima sez. civ., ord. 20 febbraio 2020, n. 4334.
5. Cass. civ., 4 marzo 2004, n. 4400.
6. Corte di appello di Milano, 20 marzo 1998
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