Interessi protetti  -  Nicola Enrichens  -  11/01/2023

Rimborso spese di iscrizione all’Albo degli infermieri FNOPI legati da rapporto di lavoro esclusivo: è possibile? - Cass. Civ. Sez. Lav.n° 32589/2022

Impiego pubblico – Obbligo di iscrizione all’albo professionale degli infermieri dipendenti pubblici – Rimborso spese di iscrizione – l. 662/1996 – l. 339/2013

MASSIMA NON UFFICIALE.

L’iscrizione all’albo professionale da parte degli infermieri IPASVI – ora FNOPI - non risponde ad un interesse esclusivo del datore di lavoro perché, diversamente da quanto accade per gli avvocati degli enti pubblici, l’attività infermieristica non comporta un obbligo assoluto di esclusività. Per tale ragione, non è onere del datore di lavoro esonerare il professionista dal pagamento delle spese di iscrizione all’albo.

Per gli avvocati degli enti pubblici, tenuti al rispetto dell’obbligo di esclusività, le spese di iscrizione all’albo rispondono all’interesse esclusivo del datore di lavoro, in quanto finalizzate unicamente a consentire la difesa in giudizio dell’ente, altrimenti non assicurabile.

La decisione della Corte di Appello di Torino.

La Corte di Appello di di Torino ha respinto gli appelli di x*** avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria che aveva rigettato il ricorso, proposto nei confronti dell’ASL AL, volto ad ottenere dalla datrice di lavoro il rimborso delle spese sostenute per l’iscrizione all’albo professionale IPASVI (Federazione Nazionale Collegi Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici di Infanzia), ora FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni infermieristiche).

La Corte d’Appello di Torino ha escluso che l’iscrizione all’albo professionale risponda ad un interesse esclusivo del datore di lavoro perché, diversamente da quanto accade per gli avvocati negli enti pubblici, l’attività infermieristica non comporta un obbligo assoluto di esclusività.

Gli infermieri possono svolgere attività libero professionale in costanza di rapporto di pubblico impiego, però non possono chiedere il rimborso delle spese sostenute per l’iscrizione all’albo professionale.

In conclusione, gli infermieri hanno argomentato affermando “che il diritto al rimborso deve essere riconosciuto per la medesima ragione per le quali la Corte di Cassazione ha ritenuto che debbano gravare sul datore di lavoro le spese di iscrizione all’albo speciale degli avvocati dipendenti di enti pubblici”, ma la Corte non ha accolto le loro richieste, di talchè è stato proposto ricorso per Cassazione.

 

La decisione della Corte di Cassazione.

Nonostante l’obbligatorietà dell’iscrizione all’albo, richiesta ora anche per l’esercizio della professione infermieristica alle dipendenze di datori di lavoro pubblici1, il Collegio non ha ritenuto che il pagamento da parte del datore di lavoro della quota di iscrizione all’albo medesimo possa essere esteso anche agli  infermieri del Servizio Sanitario Nazionale. A giustificazione delle proprie pretese, gli infermieri chiedevano una sorta di estensione analogica dell’orientamento, formatosi dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, a muovere dall’anno 20072, secondo cui il pagamento della quota annuale di iscrizione all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati per l’esercizio della professione forense nell’interesse esclusivo del datore di lavoro è rimborsabile dal datore di lavoro, “non rientrando né la disciplina positiva dell’indennità di toga – art. 14, comma 17, d.P.R. n. 43 del 1990 – a carattere retributivo, con funzione non restitutoria e un regime tributario incompatibile con il rimborso spese, né attenendo a spese nell’interesse della persona, quali quelle sostenute per gli studi universitari e per l’acquisizione dell’abilitazione alla professione forense”.

Il commento.

Il tema del rimborso delle spese sostenute all’iscrizione obbligatoria all’albo IPASVI ora FNOPI3 per gli infermieri, si inserisce nel più ampio argomento della libera professione, nel senso che, come è noto, al personale medico è consentito esercitare attività di libera professione “intra e/o extra – muraria” a seconda dei regolamenti adottati dalle varie ASL di afferenza, con la previsione di una trattenuta della quota retributiva4.

Alla luce della sentenza in commento, è evidente che non tutti coloro che sono iscritti negli appositi Albi ricevono un medesimo trattamento. In effetti, la sentenza intende giustificare la asserita “disparità di trattamento” tra infermieri e avvocati iscritti all’albo speciale delle P.A. in punto rimborso spese di iscrizione.

Data tale breve digressione, un recente contributo5 alla sentenza in questione ha infatti evidenziato che la tassa di iscrizione all’albo la paga la p.a., ma solo “agli avvocati iscritti nell’albo speciale della p.a”.

La Corte ha motivato la differenza di trattamento sulla base del diverso regime cui sono sottoposti gli avvocati della p.a., avendo la legge n. 339/2013 escluso agli stessi la possibilità di esercitare la libera professione anche in caso di part-time non superiore al 50%, rispetto agli altri dipendenti pubblici, in ragione di un interesse esclusivo del datore di lavoro verso gli avvocati pubblici che permette solo a loro il rimborso della tassa  di iscrizione all’albo.

Ciononostante, gli infermieri FNOPI hanno proposto ricorso in Cassazione sostenendo che l’assunzione a tempo pieno non è compatibile con l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa in favore di terzi e, per tale ragione, anch’essi dovrebbero essere rimborsati della tassa di iscrizione.

Il ricorso, tuttavia, è stato rigettato dai Giudici di legittimità, in quanto secondo il ragionamento della Corte “non vi è alcuna discriminazione tra il rimborso della tassa di iscrizione all’albo prevista per gli avvocati pubblici rispetto alle altre professioni intellettuali operanti all’interno della PA”. Il principio per il quale il Giudice di legittimità ha consentito il rimborso della tassa di iscrizione degli avvocati pubblici discende dal loro obbligo di esclusiva, finalizzato unicamente a consentire la difesa in giudizio dell’ente, altrimenti non assicurabile6. 

In altri termini, l’esercizio della professione di avvocato in favore di terzi, da parte del dipendente pubblico, rientra tra le attività che in nessun caso sono consentite, con la conseguenza che l’iscrizione all’elenco speciale non può che soddisfare unicamente l’interesse del datore di lavoro mentre non altrettanto può dirsi per altre professioni intellettuali, e in particolare per quella infermieristica, dove non esiste alcun divieto assoluto, per i dipendenti part-time, di esercizio dell’attività professionale nonché, nelle ipotesi di incarichi che corrispondano ai requisiti di legge, previa autorizzazione del datore di lavoro.

Osservazioni.

Il principio affermato dalla sentenza è dunque lapidario, ma resta da chiarire il fatto che non pare ancora equa l’imposizione del pagamento della quota per quegli infermieri che esercitano, anch’essi, l’attività in via esclusiva, e non operano, dunque, in regime di libera professione, così ponendosi sullo stesso piano degli avvocati iscritti negli elenchi speciali.

In sostanza, anche per gli infermieri che non operano in regime di libera professione dovrebbero rimanere consolidate le basi contrattuali e bilaterali tra datore e lavoratore, radicate nel Codice Civile e, soprattutto, nei rispettivi contratti collettivi di categoria negoziati con l’A.R.A.N7., ragion per cui non si comprende bene perché, per costoro, non sia consentito il rimborso della suddetta tassa.

In altri termini, il contratto di lavoro concluso tra l’infermiere non in libera professione e l’ASL di afferenza è anch’esso un contratto esclusivo8 e, in particolare, un contratto che impegna, per così dire full - time9; più in particolare, il rapporto di esclusività non consentirebbe a costoro di operare in regime di libera professione, semplicemente per questioni di tempo a disposizione.

Forse, è proprio per quest’ultimo ragionamento che la Corte di Cassazione ha pronunciato con rigidità, nel senso che è vero che gli infermieri full – time non esercitano libera professione ma, allo stato attuale, sarebbero comunque legittimati dal legislatore a farlo e, per tale motivo, raggiungerebbero un surplus retributivo che giustificherebbe il pagamento integrale della tassa.

Il ragionamento della Corte rimane, almeno in parte, discutibile, in quanto è molto difficile per un infermiere che opera con contratto full – time lavorare anche in regime di libera professione.

Certo è che per gli avvocati degli enti pubblici l’impegno di difesa della P.A. è più stringente, in quanto la legge impone loro l’esclusività totale all’amministrazione di appartenenza, senza alcuna possibilità di scelta, come è ad esempio, per gli infermieri.

Si pensi, solo per mera digressione, che anche in punto “compensazione delle spese di lite”, per la giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nell’escludere il diritto del dirigente dell’ASL che sia avvocato ad ottenere il pagamento degli onorari nel caso in cui la pronunzia del giudice abbia compensato le spese di lite10.

Anche in questo caso, l’orientamento della cassazione trova il proprio fondamento nella “specificità della disciplina contrattuale per gli avvocati dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale (art. 64 CCNL 5 dicembre 1996 della dirigenza sanitaria, in puno “onorari e compensi”). Sul punto, è singolare il fatto che per gli avvocati di altri enti pubblici, come gli enti locali - Comuni -, tale limitazione sulla compensazione non sia prevista, nel senso che “tutti i compensi professionali possono essere corrisposti ma in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo11”.

Ad ogni modo, e in via conclusiva, non pare così fuori luogo sostenere che anche per gli infermieri che operano in regime full-time la tassa di iscrizione all’albo FNOPI non possa essere rimborsata all’atto del rilascio del cedolino mensile, a patto che costoro non svolgano anche attività di libera professione.

Nicola Enrichens

Ph.d diritto, persona e mercato

Giurisprudenza – Torino.




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