Letteratura  -  Redazione P&D  -  11/08/2021

Rifiorire di Paolo Cendon - Paolo Basso

Mi è stata chiesta una breve recensione dell’ultima fatica letteraria dell’amico Prof. Paolo Cendon ma il libro è impegnativo e dare un’opinione non è facile, confesso.

Non è un romanzo. Non è un testo giuridico o paragiuridico. Non è una raccolta di racconti. Non è un testo di psicologia o di filosofia. Non è un testo giornalistico. Che cos’è, allora, ci si chiede alla fine della lettura?

Dall’originale finzione (o non è una finzione?) della lezione agli studenti universitari sgorga un mosaico di vite e di esperienze, di uomini, di donne, di ragazzi, di poveri, di ricchi, di matti, di sfortunati, di galantuomini e di profittatori. Ed anche un labirinto di pensieri, di sensazioni, di stordimenti e di illuminazioni.

Se esistesse un tale genere, si potrebbe dire che il libro appartiene al genere letterario dei macchiaioli. Un grande affresco di tante pennellate che solo apparentemente mostrano i particolari dell’immagine ma che, in realtà, stimolano solo la mente, l’immaginazione, la coscienza, la fantasia, la sensibilità, il raziocinio e la memoria di chi legge. Che evocano e stimolano anche l’immaginazione di un più vasto mondo che si cela dietro ed oltre quanto narrato.

La platea degli studenti che assiste alla lezione e sente le parole del Professore rappresenta tutti noi ed aiuta a ricondurre le riflessioni alte dei grandi romanzieri ed intellettuali le cui opere sono richiamate -in pillole- nel libro alla quotidiana realtà ed all’ordinaria sensibilità. Là dove, è da credere, i grandi romanzieri ed i grandi intellettuali volevano che fossero: nell’animo delle persone normali, che vivono, soffrono, gioiscono, si ammalano, cadono in povertà, hanno improvvise fortune, lavorano, nascono, muoiono, si sposano, divorziano, amano, piangono, si odiano, si aiutano.

E gli studenti -cioè tutti noi- misurano l’effettiva potenza dello stimolo originato dalle idee e dai personaggi evocati. Ed anche dalle note autobiografiche che, un po’ sorprendentemente, l’Autore ha ritenuto di inserire.

La trama non c’è. Il lettore non pensi di seguire una storia e tantomeno di sapere come va a finire. Deve solo perdersi nel mare della mente umana, delle sue forze e delle sue debolezze.

Ma c’è un obiettivo focale: trovare il filo rosso che percorre e lega le tante pennellate di vita e cercare di rispondere ad una domanda. E la domanda è questa: che fare per adeguare meglio il diritto a queste situazioni che ne hanno un disperato bisogno? Il libro tenta di fare un piccolo inventario delle leggi che sono intervenute su singoli aspetti: le debolezze mentali, la terapia del dolore, l’assistenza sanitaria, il testamento biologico, ecc… Ma l’inventario non serve ad altro che ad evidenziare quante e quante norme ancora mancano.

Allora, che fare, in fondo? Prima di tutto, per quanto sembri banale, non perdersi e scoraggiarsi ma cominciare a lavorare per adeguare il diritto alla vita senza mai cadere nell’equivoco illusorio che debba essere la vita ad adeguarsi al diritto.

Dopo aver letto il libro viene la voglia di andare a leggere tutti i libri che vi sono richiamati e riassunti in sintesi estrema. Un grande mare dove l’Autore, credo, non fa altro che navigare cercando ciò che è difficilissimo trovare: la mente ed il cuore dell’uomo.

Una breve opera che vale la pena di leggere.




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