Mi sono accostato alla lettura di “Rifiorire”, così come per “Storia di Ina” con l’occhio del giurista, al fine di cogliere gli spunti utili per una presentazione del volume con la sezione di Savona dell’Osservatorio del Diritto di Famiglia.
Anche questa volta, dopo aver letto i primi capitoli, mi sono accorto che questo approccio alla lettura sarebbe stato poco fruttuoso e limitato: infatti, anche “Rifiorire”, come “Storia di Ina”, non è un’opera a “sfondo giuridico”, ma è molto di più.
Anzitutto, è una riflessione ampia e profondamente umana sulla fragilità e sulle sue possibili cause, che prende spunto da storie vere, di vita vissuta, che il Prof. Cendon ha raccolto e illustrato non solo nell’ottica dell’autorevole giurista, quale è, ma anche dall’angolo visuale dell’Uomo che vuole squarciare il velo che spesso il diritto impone, al fine della corretta applicazione della norma.
Ancora una volta, il Prof. Cendon evidenzia come il diritto, da solo, non sia sufficiente a comprendere pienamente le vicende umane dietro che al diritto danno origine. Occorre andare oltre, capire, interrogarsi e non nascondere la propria umanità, innanzi a situazioni che richiedono proprio di essere uomini, prima che giuristi. Il diritto è il passaggio successivo di questo percorso di comprensione e di introspezione.
Le storie raccolte nel volume sono in parte vere, in quanto vissute personalmente dall’autore, in parte inventate e riguardano le situazioni di fragilità più disparate: droga, alcolismo, prostituzione, violenza sessuale, ma tutte presentano un comune denominatore: lo sforzo di andare oltre l’orrore apparente della fragilità, che spesso porta al suo rifiuto e, quindi, alla negazione di ogni intervento per renderla più lieve per chi la vive, o per eliminarla totalmente.
Ancora una volta, come in “Storia di Ina”, sono i legami e l’onestà dei sentimenti a cambiare situazioni che sembrano, irreversibilmente, negative: “Ecco il legame, un “vincolo forte”, che si imbastisce giorno per giorno. E che non solo ci toglierà, se un po’ funziona, dalla solitudine; ma può rimettere anche il meglio di noi, in circolo, accendendo riserve di cui neanche sapevamo” (Storia di Ina).
E se ancora avessimo dubbi circa l’importanza dei legami e dei sentimenti, non potremmo che fugarli con la semplice osservazione della realtà: in questi lunghi mesi di pandemia, dai quali non siamo ancora usciti totalmente, quante volte abbiamo invocato l’importanza dei rapporti umani, della necessità e della nostalgia degli incontri fisici, degli abbracci, del rapporto non virtuale tra esseri umani? Quante volte abbiamo evidenziato le problematiche psicologiche connesse alla solitudine, all’assenza di rapporti umani, specie tra i più giovani? Se pensiamo a tutto questo, la rifioritura che dà il titolo al libro del prof. Cendon non può che essere una responsabilità di ciascuno di noi, quali appartenenti al genere umano, e solo successivamente come giuristi, verso noi stessi e, di riflesso, verso tutte quelle persone che per varie ragioni sono state piegate da questa difficile, quanto inaspettata, situazione e, in generale, dalla vita. Non si può essere giusti, se non si è umani.