Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  20/11/2022

 Quante donne uccise, troppe, sarà che le panchine dipinte di rosa si sono sbiadite - Giuseppe Sciaudone

Carissimo Paolo,

il desiderio di rivederti è sempre forte e mando questa mia perizia a te ma solo perché è passato un po’ di tempo ed allora la gioia di avere a che fare con te direttamente mi fa sentire in pace con il mio passato… 

 Quante donne uccise, troppe, sarà che le panchine dipinte di rosa si sono sbiadite.

Gli ultimi femminicidi trattati come perito o C.T. della Procura sono, per ora, ancora doverosamente custoditi nella memoria del mio PC.

Tempo fa mi fu affidato da un Gip della mia citta' un caso che mi fece accumulare forti emozioni.     Dalla stampa poca roba:
"E' stato ritrovato ieri mattina a …, all'interno di una macchina, il corpo senza vita di una trans con un profondo taglio alla gola. Aveva 64 anni e nella comunità era conosciuta come Piccola Ketty. Le associazioni trans denunciano l'ennesima vittima transessuale e annunciano un sit-in di protesta per domani….  XXX 63 anni. Per l'omicidio, poche ore dopo, è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto un ragazzo, già in cura per problemi psichiatrici  XXX L'omicidio è avvenuto dopo una lite, forse un tentativo di rapina. Comunità gay in lacrime per la tragica fine della transessuale. "

Il gip accolse la mia relazione con poche contestazioni . Poi l'iter giudiziaro continuo' assicurando all' imputato tutti i suoi sacrosanti diritti. Di seguito la mia relazione

Dr. Giuseppe Sciaudone

psichiatra

[email protected]

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T R I B U N A L E    D I     ….

Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari 

Consigliere Dottor 

RELAZIONE DI PERIZIA PSICHIATRICA 

IL FATTO

Il Sig X è accusato: “…1)… poiché, colpendo più volte, con un coltello avente lama di lunghezza pari a circa cm 10, P.S. in prossimità del collo ed in più parti del corpo, cagionava la morte di quest’ultimo, con le aggravanti di aver commesso il fatto per futili motivi e con crudeltà …; 2) … perché senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione il coltello indicato al capo che precede. Commessi in….il…. 

DOCUMENTAZIONE CONSULTATA 

- Fascicolo d’Ufficio;

- Cartella clinica n°117/13 del Distretto…, relativa ai controlli iniziati l’11.03.2013, da cui si riporta: “… Dimesso dall’SPDC in data odierna accede con i genitori. Disponibile al colloquio. CT. Controllo in data 26.03.2013 … 24.04.2013 Riferite occasionali situazioni di ‘dispercezioni visive e fisiche’ in un quadro di miglioramento … 31.09.13 Riferisce di essersi rivolto ad uno psicoterapeuta privato su indicazione di medico di fiducia. Manifesta perplessità sull’utilità di un percorso psicoterapeutico lamentando peggioramento del malessere quando si confronta con altri sulle sue convinzioni deliranti … 14.03.16 Ci telefona la madre riferendo che il paziente è attualmente in regime di detenzione presso il carcere di…. perché sarebbe responsabile di un gravissimo reato…”;

- Diario clinico della Casa Circondariale di…, da cui si riporta: “… Giunto in questo Istituto con diagnosi di Psicosi cronica … 13.03.2016 NG dalla libertà. Nega tox. Nega alcool. Nega farmaco-allergia. Seguito dal Centro di igiene mentale di…. per patologia psichiatrica di ndd … Riferisce di assumere EN 2 mg al bisogno e altro farmaco imprecisato … 14.03.16 Visita psichiatrica: L’assistito non ha precedenti penali. È stato condotto il 13.03.2016 alla CC di …. per il reato di omicidio. Nega tossicodipendenza. Circa quattro anni fa ha contattato il servizio psichiatrico territoriale di ….,  in seguito ad un ricovero in clinica neuropsichiatrica, circa dieci giorni prima per uno scompenso psicotico, per il quale fu condotto al PS dell’Ospedale do .… L’esordio psicotico si sarebbe manifestato con delle allucinazioni visive (vide l’immagine del Papa in metropolitana), con l’esperienza angosciante emotiva dal … ill.le … per cui inizia a temere per la sua incolumità. Inoltre durante il sonno avrebbe percepito delle figure geometriche, come se lo assalissero, per cui sobbalza dal letto e mentre i familiari cercavano di contenerlo fisicamente, evidentemente, per lo stato di agitazione psico-motoria, egli non li riconobbe come tali e temeva che volessero avvelenarlo … Racconta che sabato sera mentre era in giro per le strade di Napoli in preda alla paura di morire che a suo dire è costante a partire dall’esordio psicopatologico a tutt’oggi. All’inizio sarebbero emersi anche sintomi negativi: apatia, abulia …ill.le ed isolamento sociale, in remissione con la terapia psicofarmacologica e la psicoterapia che svolge da quattro anni presso uno psichiatra privato. Sabato avrebbe parcheggiato l’automobile presso …., in serata, e si sarebbe imbattuto in una prostituta, che solo in commissariato avrebbe scoperto essere un transessuale, dopo aver contrattato il prezzo, si sarebbero appartati ed egli avendo ascoltato la voce maschile, avrebbe chiesto alla prostituta se fosse un trans, quest’ultimo si sarebbe alterato e poi lo avrebbe invitato a denudarsi per un rapporto orale, ma data la difficoltà dell’assistito ad espletare il rapporto sessuale gli avrebbe richiesto i soldi indietro, quindi, a suo dire avrebbe estratto il pugnale con il quale andava in giro nel timore di essere ucciso, nella colluttazione riferisce di averlo colpito, per difesa, poi sarebbe scappato. Al momento non si rilevano sintomi e/o segni clinici di acuzia psichiatrica, idee, volontà e tendenza sia auto che etero aggressive ascrivibili a patologia psichiatrica … 15.03.16 Visita psichiatrica: accede al colloquio con disponibilità, è lucido nello stato di coscienza ed è orientato nei parametri fondamentali … Racconta nuovamente della visione avuta in metropolitana del Papa … circa 3 anni fa, da lui sentita come immagine reale. Da allora riferisce un’angoscia che è stata causa dello scompenso, a partire dal quale è stato seguito dai servizi di salute mentale.  Riferisce che durante l’accaduto, che ha determinato il reato, lui era tra forze soprannaturali sia buone che cattive e temeva per la propria vita … 09.05.2016 visita psichiatrica di controllo: “tranquillo, adeguato nell’ideazione e nel comportamento. Al momento non palesa grossolane alterazioni psicopatologiche. C.T. in corso … 5.05.2016 visita psichiatrica: “tranquillo ed adeguato. Discreto il compenso psichico attuale … 26.05.2016 visita psichiatrica: “tranquillo ed adeguato. Discreto il compenso psichico attuale. C.T. … 3.06.2016: visita psichiatrica: “condizione psicopatologiche produttive assenti al momento. Tranquillo lucido ed orientato, molto focalizzato sulle attività trattamentali. Riferisce eccessiva sedazione, si modula la terapia psicofarmacologica: Delorazepam gtt 26 gtt mattina e 30 gtt sera, Quetiapina 400 mg RP mezza cp al mattino 1 cp la sera, Citalopram 20 mg 1 cp al mattino, Delorazepam 52gtt al bisogno”;

- Relazione clinica dell’UOC di Salute Mentale dell’ASL di …., redatta in data 21.03.2016, da cui si riporta: “…  seguito … dal marzo 2013 a tutt’oggi essendo affetto da ‘Disturbo Delirante Cronico’. Il paziente è giunto alla nostra osservazione dopo le dimissioni dallo SPDC Ospedale di …. dove è stato ricoverato dal 11.03.13 al 18.03.13 in regime di Trattamento Sanitario Volontario … con diagnosi di ‘Reazione paranoidea acuta’. La sintomatologia era caratterizzata da ideazione delirante a contenuto mistico (convinzione di dover morire per volere di Dio) con conseguente ritiro sociale e chiusura relazionale. Il paziente ha sempre aderito al trattamento praticando con regolarità la terapia prescritta ed effettuando le visite di controllo programmate. Dal settembre 2013 ha intrapreso percorso psicoterapeutico presso psicologo esterno alla UOSM. Nel corso della terapia, pur persistendo immodificato il nucleo delirante, ha mostrato maggiore consapevolezza del disturbo, con iniziali tentativi di riapertura verso l’esterno …”;

- Relazione del Dott. XXX in data 20/03/2016 da cui si riporta: “… il sig. X … era seguito presso il DSM diXXX … con una diagnosi di disturbo delirante cronico mistico … si è rivolto a me circa tre anni fa, dopo aver avuto un esordio dissociativo che aveva richiesto un ricovero in TSO presso il SPDC di …. e il successivo affido al servizio psichiatrico territoriale, il quale consigliava allo stesso il supporto psicoterapico, parallelamente alla terapia farmacologica prescritta dal DSM dal quale era regolarmente seguito … ho preso in carico il sig. X seguendolo con incontri a cadenza quindicinale … veniva accompagnato quasi sempre dalla madre e dal padre … il delirio a sfondo mistico sofferto dal sig. XXX è rimasto sempre ben strutturato e non ha mai ceduto al vaglio di critiche o obbiezioni razionali. Tuttavia nell’ultimo anno la qualità di vita del sig. X era migliorata, la fobia sociale diminuita al punto tale che aveva ripreso talvolta a guidare l’auto, ma soprattutto a frequentare palestre ed allenamenti sportivi e a scrivere e leggere di argomenti vari … Mai in questi anni sono emersi dai colloqui svolti con me, né idee suicidarie, o aggressive autodirette, né eterodirette e neppure pensieri o idee omicide. Lo sfondo del suo pensiero era dominato dal timore della sua morte imminente predetta dalle sue figure allucinatorie. Tuttavia in nessun caso la condotta nei mie riguardi è stata riprovevole, aggressiva, comportandosi sempre con estrema educazione … Mai ho potuto ritenere il sig. X persona socialmente pericolosa, il quale si è sempre dimostrato orientato nel tempo e nello spazio, con un tono dell’umore sempre sul versante depresso, con preoccupazioni rispetto al suo futuro congrue, che sfociavano inevitabilmente nei temi deliranti mistici. Negli incontri con la famiglia ho inoltre potuto verificare come la stessa fosse estremamente presente e di aiuto al figlio …”;

- Dal verbale di interrogatorio di persona sottoposta ad indagini della Procura della Repubblica presso il tribunale di… si riporta: “l’anno 2016, nel mese di .. il giorno .. alle ore 8:45, presso gli uffici della squadra mobile di…; avanti al Pubblico Ministero dott. X … è comparso X … si dà atto che è presente l’avv. X. L’indagato dichiara: INDAGATO: Ammetto gli addebiti così come mi sono contestati. Nella serata di ieri 12 Marzo 2016 ero in giro per… con la mia autovettura … intorno alle ore 22:00 mi sono diretto verso …. e giunto, in particolare, nei pressi della …. notavo una prostituta ferma all’interno della sua autovettura che, al mio passaggio mi lampeggiava. Sono andato avanti per un po’ e, quindi, ho deciso di fermarmi per avere con la stessa un rapporto sessuale. Precisamente, mi sono fermato su viale …, nei pressi del …., di fronte al Cinema e ho parcheggiato la mia autovettura sul marciapiede posto sul lato sinistro – con la predetta piscina alle spalle – del predetto viale. Quindi, sceso dalla macchina, ho raggiunto a piedi l’autovettura della prostituta e qui, una volta entrato nell’auto, ho concordato con lei il prezzo per un rapporto orale nella misura di 20,00 euro, che in quello stesso frangente ho consegnato alla medesima. A quel punto, con la sua macchina, ci siamo spostati verso uno spazio appartato adiacente alla predetta piscina, al fine di consumare il rapporto. Preciso che in ragione del tono di voce della persona in questione, ho cominciato a nutrire dubbi che si trattasse in realtà di un uomo e, così, ho chiesto espressamente alla medesima se fosse un uomo o una donna. La persona, infastidita dalla mia domanda, affermava di essere una donna e aggiungeva che se avessi voluto avere un rapporto con un “trans”, lo avrebbe potuto procurare. Preciso che solo successivamente – negli Uffici di Polizia – ho appreso che tale persona, in realtà, risulta essere un uomo. A questo punto, fermata la macchina, io mi sbottonavo i pantaloni e la persona ha iniziato il rapporto orale; io, però, non ho avvertito alcuno stimolo sessuale e, in particolare, non ho avuto erezione dell’organo genitale. Per tale ragione, le chiedevo di interrompere il rapporto e di restituirmi i soldi. Tale mia richiesta scatenò una reazione nervosa nella persona, dapprima verbale e, poi, fisica; infatti, la stessa si è buttata addosso a me e ha cominciato a strattonarmi e a colpirmi con alcuni pugni. Io, quindi, ho preso il pugnale che avevo in tasca – che, in ragione della paura di morire che da alcuni anni provo, porto con me da qualche settimana – e ho inferto colpi alla persona in più parti del corpo, in particolare, sicuramente all’altezza del collo. La persona in questione ha cominciato a perdere in maniera copiosa sangue, che è schizzato dappertutto e anche sugli abiti che indossavo. Pertanto, sono scappato uscendo dalla macchina e dirigendomi verso la mia autovettura. Durante il percorso, ho gettato per terra il coltello. Arrivato alla mia autovettura, sono entrato e l’ho messa moto, scendendo in retromarcia dal marciapiede; dopo pochissimi istanti, la mia autovettura è stata urtata nella fiancata sinistra, da un’altra vettura che è sopraggiunta, ma che io non ho visto, né ho visto chi la conduceva. Quindi, ho sterzato, ho ingranato la prima marcia e sono partito, spedito verso casa. A.D.R.: preciso di non aver riportato alcuna ferita in conseguenza dell’urto. Arrivato a casa, mi sono spogliato, ho fatto la doccia, e ho messo gli abiti sporchi di sangue in una busta. A.D.R.: mia madre, che si era svegliata, vedendomi in quelle condizioni, mi ha chiesto che cosa era successo e io le ho detto che avevo fatto un incidente e, alle sue ulteriori preoccupazioni, non ho voluto dare ulteriori spiegazioni e mi sono ritirato nella mia stanza da letto. Non sono a conoscenza di quello che è successo in seguito. A.D.R.: il coltello che ho adoperato per l’omicidio lo avevo acquistato qualche settimana fa presso una filiale di Decathlon. … Voglio precisare – a integrazione di quanto prima riferito sui timori per la mia vita – che da circa tre anni sono in cura presso il Centro di Salute Mentale di ….. e, in particolare, che mi segue la dott.ssa X. Secondo quanto diagnosticato dai medici, ho uno scompenso psichico. Preciso, altresì, che circa tre-quattro anni fa, mentre dormivo, ho avuto delle allucinazioni – che hanno provocato in me un forte stato di paura e agitazione – in seguito alle quali fui ricoverato per circa una settimana presso l’Ospedale di …. , nel reparto di Psichiatria. Non fu diagnosticato alcunchè di anomalo. Non sono seguiti ulteriori analoghi episodi. In ogni caso, sono seguito regolarmente, oltre che dalla dott.ssa X, da un medico privato il dott. X, il quale mi visita due volte al mese. DOMANDA: perché, pur avendo i timori di cui ha parlato da alcuni anni, asserisce di portare con sé il coltello in questione solo da alcune settimane? RISPOSTA: nelle ultime settimane, effettivamente, i miei timori sono aumentati ed è questa la ragione per la quale ho deciso di comprare il coltello e di portarlo con me …”.

ACCERTAMENTI

X è nato a … il 10.11…..

Ho incontrato il signor X tre volte, l’ultima delle quali il giorno 11 giugno 2016 presso la Casa Circondariale di …..

Identificato dagli agenti di Polizia Penitenziaria che lo accompagnano al colloquio. Ai tre colloqui è presente il consulente di parte, dott.XXX.

La raccolta dell’anamnesi e dell’esame psichico si svolgono con la tecnica del colloquio libero e si riporta quanto grossolanamente trascritto in appunti e rielaborato.

Il periziando racconta: “Papà e mamma stanno bene in salute, ma sono preoccupati, depressi e abbattuti per quanto accaduto. Ho una sorella più piccola, che ha circa 27-28 anni, vado molto d’accordo con lei; mi scrive spesso ed io le rispondo.

Io ho studiato fino a prendere il Diploma di Liceo Classico, poi mi sono iscritto alla facoltà di Sociologia ed ho anche dato circa 10 esami. Io avevo un gruppo di amici ma mi sono estraniato da loro già da quando avevo circa 16-17 anni, in virtù anche di gelosie tra le famiglie che abitavano all’interno dello stabile dove vivevamo all’epoca. Non sono mai stato fidanzato.

Qui in carcere sono in una stanza e siamo in tutto 4 persone compreso me. I rapporti sono buoni; certo ci sono molti problemi per le regole da rispettare nel carcere. C’è sempre la televisione accesa, poi c’è l’obbligo di stare a tavola per mangiare. Io mi alimento poco, non ho molta fame, ma sono costretto dai miei compagni a sedermi a tavola. I miei familiari mi danno un po’ di soldi al mese, che mi servono a comprare le sigarette. Non ho mai fatto uso di droghe, né abuso di alcol e non ho mai avuto problemi con la giustizia.

Quella sera giravo, era sera tardi, mi prendeva più forte già da giorni una cosa che mi ha sempre preso negli ultimi tempi, e cioè la paura della morte. Giravo con la mia macchina, vi era un po’ di traffico e, invece di tornare a casa, mi allontanai e mi recai verso …. ; passando vidi una persona in una macchina ferma che mi lampeggiò i fari per attirare la mia attenzione, scesi dalla mia vettura, andai verso la persona che era seduta in auto e pattuii con questa prostituta una prestazione sessuale. Entrato nella sua auto, ci spostammo in un luogo un po’ più appartato. Però cominciai subito a pensare che non si trattava di una donna; io gli avevo dato i soldi pattuiti, 20 euro e volendo andare via insistevo per la restituzione del denaro. Questa persona iniziò ad alterarsi, dicendo che non me li avrebbe mai restituiti e iniziò ad aggredirmi e mi assalì picchiandomi. Io tentai di difendermi ma mi prese tanta paura ed iniziai a pensare di essere finito nelle mani di un essere soprannaturale. Preso dal terrore, tirai fuori dalla tasca un coltello e mi difesi colpendo quella persona; il coltello lo portavo con me da un po’ di tempo, per difendermi perché avevo paura di morire. Uscito dalla macchina, subito mi sono diretto verso la mia automobile per tornarmene a casa ma subito fui inseguito da un’auto che tamponò la fiancata sinistra della mia auto; poi subito riuscii a tornarmene a casa mia.

Ho avuto in passato un periodo di forte depressione durata anche tre/ quattro anni; sono stato curato presso il Centro di Salute Mentale di  …. e la dottoressa che mi seguiva si chiama X; mi ricordo che lei ha gli occhi verdi. Con la dottoressa mi incontravo una volta al mese per controllare i farmaci che prendevo. Poi ho fatto anche un percorso di psicoterapia con il Dott. X.  Mi ricordo di cose strane che ho vissuto, come una sera nella quale vidi delle figure geometriche strane che venivano contro di me. Anche in quel periodo temevo tanto che qualcuno mi volesse ammazzare. Inoltre sentivo strane voci che parlavano tra di loro. Una volta i miei genitori mi videro che stavo proprio tanto male, con una sensazione di bruciore ai piedi. Mia sorella capì il mio stato, scese giù e chiese aiuto ai negozianti; venne anche la polizia, poi chiamarono il 118 e mi portarono in un ospedale con l’ambulanza. Ero molto agitato, ebbi una grave crisi: mi batteva fortissimo il cuore, non stavo proprio bene e pensavo di continuo che delle persone mi potevano aggredire. La mia depressione risale ad alcuni anni fa; tutto è iniziato da quando ho lasciato l’Università. Feci poi un corso all’Ufficio Addetto Stampa alla X: il corso era gratis e si andava al Centro Direzionale. Una sera in metropolitana vidi Papa Wojtyla, non aveva le vesti papali, anzi vestiva con abiti normali ed aveva in mano un libro di preghiere; però io sono sicuro che fosse proprio il Papa. La cosa mi preoccupò molto e pensai sempre di più di poter morire. Quando uscii dalla metropolitana sentii anche un vento moto forte, che avvolse tutta la mia persona; in quel periodo, per una settimana, mi sono svegliato all’alba con una forte tachicardia e l’ora del risveglio era quasi sempre la stessa: le quattro circa del mattino.

Un’altra cosa che vi vorrei raccontare è che un mio amico del Liceo, di nome X, che attualmente è Maresciallo dei Carabinieri, una volta fu ricevuto dal Papa in udienza che gli preannunciò il fatto che io sarei stato ucciso. Quando chiamai X lui mi confermò quasi tutto l’episodio, ma non volle ammettere il fatto che il Papa gli avesse detto quelle cose.

Ora continuo a vivere con la tensione e con la paura che qualcuno possa farmi del male e ciò accade qui in carcere quando vado nel cortile con gli altri detenuti; tra di loro li sento parlare ma penso che queste persone potrebbero essere degli esseri soprannaturali. Io comunque ho sempre pensato che ci sia un mondo parallelo al nostro”.

Qui di seguito vengono riportate le risultanze dell’obiettività, raccolta durante i tre colloqui clinici effettuati.

Il Sig. X si è sempre presentato a tutti i colloqui in apparenti discrete condizioni generali di salute, mostrando un atteggiamento disponibile e collaborativo e la piena comprensione dei motivi dell’esame cui era sottoposto.

Lucido, vigile, orientato nel tempo e nello spazio rispetto ai comuni parametri. Sufficientemente adeguata la cura della persona tenuto conto anche delle condizioni di carcerazione.

Generalmente adeguate la mimica e la gestualità espressiva, anche se, a tratti, il Sig. X ha mostrato espressioni di sofferenza. Buona l’interazione con l’esaminatore con il quale ha saputo relazionarsi con  sostanziale spontaneità. L’eloquio è sempre risultato fluido, il linguaggio adeguato al grado di istruzione raggiunto e talvolta colorito da rare  inflessioni dialettali. Il pensiero si è mostrato scevro da vizi della forma; quanto al contenuto,ha poi riferito idee deliranti a contenuto persecutorio; inoltre ha raccontato di alcuni episodi ove avrebbe sofferto di disturbi dispercettivi, caratterizzati da allucinazioni visive e uditive.

Il Sig. X si è sempre mostrato perfettamente in grado di comprendere le varie domande che gli erano rivolte articolando e in modo  soddisfacente le risposte.

L’affettività si è mostrata nella norma. Il periziando ha mostrato senza difficoltà all’esaminatore il variare dei suoi stati d’animo sempre e comunque in rapporto coerente col variare dei temi trattati nel corso dei colloqui.

Il tono dell’umore è apparso tendere verso il polo depressivo; l’ansia, seppur presente, si è sempre mostrata nei limiti.

Buona la dotazione intellettuale per quanto valutabile solo sulla base di colloqui clinici. Buona la capacità di rievocare fatti antichi e recenti. Il Sig. X descrive se stesso come una persona mite e mai aggressiva. La sua socialità è stata narrata come povera di stimoli esterni con una discreta chiusura relazionale e concentrata esclusivamente agli affetti e ai rapporti con i suoi familiari. 

Gli eventi che hanno portato all’omicidio sono stati ricostruiti in modo sostanzialmente analogo rispetto a quanto già riferito negli interrogatori.

Nell’ultimo periodo prima del delitto, il signor X si sentiva particolarmente teso e preoccupato tanto da raccontare che il coltello acquistato a suo dire di recente in un negozio di oggetti sportivi (Decathlon) gli serviva per difendersi da eventuali aggressori.

CONSIDERAZIONI PSICHIATRICO-FORENSI

Sulla base di quanto in precedenza riportato è così possibile rispondere ai quesiti postimi dall’Ill.mo Magistrato nei modi e nei limiti che verranno appresso indicati.

Il caso in esame è quello di un uomo che all’epoca del delitto aveva… anni, reo confesso dell’omicidio di una persona che a dire del Sign. X pensava fosse una prostituta, incontrata la notte del marzo…, allo scopo di avere un rapporto sessuale.

 Il Sig. X ha una storia clinica documentata che fa riferimento a una diagnosi condivisa da specialisti psichiatri, consistente in un disturbo delirante cronico.

La valutazione dedotta dai colloqui clinici e da tutte le informazioni anamnestiche ricevute dallo stesso Sig. X, così come da quelle rinvenibili nella documentazione in atti, portano lo scrivente a formulare il seguente orientamento diagnostico: il sig. X, di anni 33 circa, è affetto da Disturbo Delirante Cronico, in attuale buon compenso clinico.

Per la diagnosi di Disturbo Delirante è richiesta la presenza di deliri non bizzarri per almeno un mese, l’assenza dei sintomi che caratterizzano la diagnosi di schizofrenia, un buon livello di funzionamento e l’assenza di comportamenti “stravaganti o bizzarri. Eventuali quadri depressivi devono essere “sovrapposti” al delirio e devono essere di breve durata rispetto alla sintomatologia delirante. Viene anche specificato che il livello di funzionamento psicosociale quando è compromesso lo è come conseguenza dei vissuti deliranti. Non viene fatto riferimento, nel DSM-IV, agli aspetti formali del delirio ma viene posto particolare accento invece alla qualità dei contenuti. Condizione essenziale, infatti, è che i deliri siano “non bizzarri”. I deliri vengono definiti “bizzarri” quando sono non plausibili, incomprensibili e non derivati dalle normali esperienze di vita. In pratica, l’inquadramento nosografico del DSM-IV riprende quasi completamente i criteri nosografici e descrittivi della “paranoia” della tradizione psicopatologica europea e, in particolare, la definizione Kraepeliniana del disturbo.

I pazienti spesso mantengono un funzionamento globale sufficientemente conservato e, in genere, non si comportano in modo grossolanamente stravagante, ma possono diventare così preoccupati per il loro disturbo del pensiero, da sconvolgere radicalmente il percorso di vita. Chi ne è affetto di solito non presenta importanti alterazioni della personalità o delle attività quotidiane, talvolta appare eccentrico o sospettoso, altre litigioso. Il tono dell’umore è congruo al contenuto dei deliri: chi soffre di un delirio di grandezza sarà euforico, chi di un delirio di persecuzione sarà sospettoso. Tipicamente, i disturbi della percezione – dispercezioni e/o allucinazioni – sono rari o assenti e, in generale, non rappresentano l’elemento dominante del disturbo; quando ci sono, le allucinazioni coinvolgono più l’udito che la vista. I deliri sono sistematizzati, il tema può essere molto semplice o complesso, la forma del pensiero può essere verbosa e circostanziata, il paziente può cercare di coinvolgere chi lo ascolta nel suo delirio. Orientamento, memoria e altre funzioni cognitive, di solito, non sono compresse. Il disturbo può accompagnarsi ad aggressività contro cose o persone (sé stessi o altri), l’autoconsapevolezza di malattia (insight) è di solito assente, l’affidabilità delle informazioni fornite dai pazienti – tranne che per quanto riguarda il loro sistema delirante – è buona, così come la qualità globale del loro esame psicopatologico (al di fuori, naturalmente, dei temi oggetto di delirio). L’esordio è tardivo rispetto alla schizofrenia (che esordisce in età tardo-adolescenziale), e i manuali diagnostici prevedono diverse tipologie di disturbo, secondo il modo attraverso cui si manifesta la patologia.

Tornando al caso in esame si può affermare che la storia clinica complessiva, posto che attualmente il Sig. X, grazie anche alla terapia psicofarmacologica che al momento assume, appare in buon compenso clinico, porta lo scrivente sì a confermare la Diagnosi di Disturbo Delirante. Il Sig. X nel corso della sua storia clinica ha avuto un solo ricovero volontario in una struttura psichiatrica e  nel corso degli anni la patologia sofferta ha manifestato poche volte momenti di grave intensità.

Il disturbo mentale sofferto dal signor X si è mantenuto, quasi sempre, in una condizione clinica di buon compenso con pochi episodi di grave scompenso tranne uno descritto anche dal periziando che ne determinò un ricovero volontario in Ospedale.

Ci troviamo quindi di fronte ad un soggetto capace di leggere la realtà e di considerare i possibili sviluppi di una situazione: si pensi a come il sig. X si è comportato dal giorno dell’omicidio fino ad arrivare al periodo recente descritto dai colleghi psichiatri della C.C. di …., che annotano sul diario clinico del carcere l’andamento clinico con un aggiornamento della terapia psicofarmacologica che il signor X effettua.

Questo complessivo quadro clinico psichiatrico e psicologico può aver contribuito al formarsi di un comportamento omicidiario, visto anche lo specifico delitto di cui è imputato, e può costituire un’infermità ai sensi degli artt. 88 e 89 del c.p. capace di interferire significativamente sulle capacità di intendere e di volere del soggetto al momento del fatto? 

La risposta in senso affermativo o negativo a questo specifico quesito costituisce di fatto il cuore e il fine di ogni perizia psichiatrica e, nello specifico caso in esame, appare assai ardua per le ragioni che andrò ad illustrare.

Tale apparente contraddizione è infatti intrinsecamente legata, a parere dello scrivente, alla complessità e alla contraddittorietà della struttura psicologico-comportamentale del Sig. X .

Egli presenta nel corso dei colloqui delle ottime capacità di comprendere aspetti anche complessi della realtà e di orientare positivamente il comportamento sulla base di questa comprensione.

Il periziando riferisce di essere pentito per quanto accaduto e riconosce di aver commesso un grave errore nell’insistere con la vittima per la restituzione dei 20 euro, denaro pattuito per la prestazione sessuale.

A mio avviso la complessa condizione psicopatologica rilevata dallo scrivente nel Sig. X, ha sicuramente giocato, per le sue intrinseche caratteristiche di strutturale cronicità, al momento del fatto, un ruolo rilevante nel prodursi dell’atto omicidiario.

La questione è quella del quantum di reale interferenza di questa condizione abbia influito sulla capacità di intendere e di volere del soggetto al momento del fatto.

Come molto prudentemente ci indica il nostro codice penale, per poter ipotizzare anche soltanto una seminfermità mentale occorre che lo stato mentale del soggetto sia in una condizione di tale gravità da scemare grandemente, senza escluderle, le capacità di intendere e di volere.

Se fino adesso ho considerato tutti gli aspetti che fanno si che a mio avviso l’Ill.mo Giudice si verrà a trovare a giudicare un soggetto con una importante impronta psicopatologica, autore di un grave reato, un omicidio, che, sul piano psicologico e psicopatologico, avrà avuto una influenza, ma legittimamente far ipotizzare che l’infermità, seppur presente, non abbia però, anche solo grandemente scemato sia la capacità di intendere che quella di volere del Sig. X. 

Ci troviamo infatti di fronte ad un evento che sembrerebbe essere l’epilogo drammatico di un breve incontro tra due persone. Incontro nel quale il signor  X non è stato in grado di affrontare e gestire la frustrazione derivante dal contatto e dalla breve relazione con una persona che pensava fosse una prostituta, ma che poco dopo aver fatto ingresso nell’automobile della vittima gli ha fatto pensare potesse essere un transessuale. Ritengo comunque che la situazione in se abbia giocato un ruolo nel prodursi del reato.

Il Sig. X però portava nella sua tasca un coltello che avrebbe potuto lasciare nella sua automobile e quando la vittima - come sostiene l'imputato - non ha voluto restituirgli i 20 euro quale compenso concordato in precedenza, ha iniziato ad aggredirlo non procurandogli però gravi lesioni, infatti all’ingresso della C.C. di …. il Sanitario scrive: “… non ferite recenti. Nulla di acuto in atto”. 

Mi chiedo, ed è facile chiedersi, perché il signor X non si è allontanato subito dall’auto della vittima quando questi lo avrebbe aggredito;  cosa che invece ha fatto dopo averlo accoltellato.

Non appare proprio potersi ipotizzare, un restringimento del campo di coscienza del Sig. X, al momento del fatto, anche in considerazione del preciso ricordo del progredire degli eventi che il Sig.X ha sempre mostrato sia di fronte agli inquirenti, sia di fronte allo scrivente.

Inoltre, a poche ore dall’omicidio l’imputato fornisce presso gli Uffici della Squadra Mobile…, davanti al Pubblico Ministero dott. X, una versione dei fatti conservando una piena capacità mentale. Il signor X fu sentito anche alla presenza dell’Avvocato e certamente se avesse mostrato, a chi lo ascoltava, comportamenti e atteggiamenti che sono propri di chi attraversa un periodo di grave scompenso mentale, coloro che lo ascoltavano avrebbero valutato  le gravi difficoltà mentali della persona che avevano di fronte e certamente avrebbero messo nella giusta considerazione le sue dichiarazione.

Una persona che soffre di gravi disturbi mentali accusato di un grave delitto, manifesta certamente atteggiamenti che si lasciano valutare anche da persone non esperte in psichiatria.

Inoltre il signor X sin da quando è giunto presso la C.C. di …. ha sempre manifestato, come si evince dalle annotazioni dei colleghi psichiatri dell’Istituto, un comportamento collaborativo e non sono mai state segnalate annotazioni che fanno riferimento a gravi scompensi psicopatologici. 

Esposte queste considerazioni, si può affermare che, sebbene il Sig. X presentasse al momento del fatto uno specifico quadro psicopatologico (Disturbo delirante), con accentuata sensibilità interpersonale, non presentava però una condizione tale da escludere o scemare grandemente le capacità di intendere e di volere del soggetto.

Il Sig. X di anni 33, all’epoca dei fatti, presentava e presenta una complessa condizione clinica costituita dalla presenza di un Disturbo Delirante cronico. Tale condizione, sebbene possa essere considerata una vera e propria infermità mentale, ai sensi degli artt. 88 e 89 del c.p., ma viste anche le specifiche caratteristiche del fatto reato, non sembra aver interferito sulle capacità di intendere e di volere del Sig. X anche solo grandemente scemandole. Il signor x è in grado di seguire utilmente la propria vicenda processuale.

Per l’inesistenza al momento dei fatti, così come nell’attualità di vizio di mente rilevante ai fini forensi la valutazione della pericolosità sociale del signor X è unicamente di competenza del Magistrato.

Peraltro in generale i dati criminologici indicano chiaramente che il reato è sempre frutto di molti fattori, solo alcuni dei quali attengono alle caratteristiche psicopatologiche di chi li compie, così come sono relativamente rari i reati che possono ritenersi caratteristici di una determinata patologia di mente. Sarà quindi compito del perito spiegare in che modo e in che grado l’infermità abbia prodotto, in quel soggetto e per quel reato, l’incapacità tenendo ben presente che sono i giuristi i primi ad essere consapevoli che la volontà umana è comunque soggetta a molteplici condizionamenti e che una volontà libera, intesa come libertà assoluta di autodeterminazione ai limiti del libero arbitrio, non esiste (Fiandaca - Musco, 1989 ) così che non ogni condizionamento, anche su base psicopatologica, è di fatto efficace a produrre una incapacità totale o parziale.

La nota sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Penali Riunite (Cass.9163, 2005) che ha fissato i criteri per la valutazione dell’imputabilità di un soggetto ha peraltro previsto, opportunamente, che la valutazione dell’imputabilità non vada compiuta in astratto, ma si debbano prendere in considerazione “le stesse reali componenti il fatto reato, sotto il profilo psico-soggettivo del suo autore, attraverso un approccio non astratto ed ipotetico ma reale ed individualizzato”.

La stessa sentenza ha inoltre affermato che occorre che “tra il disturbo mentale e il fatto reato sussista un nesso eziologico che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo”.

Per arrivare ad affermare l’esistenza di una totale compromissione delle capacità di intendere e di volere occorre quindi che effettivamente la patologia abbia agito abolendo completamente ogni residuo di capacità valutativa e volitiva del soggetto divenendo il reato una espressione diretta ed esclusiva della patologia. E’ fin troppo ovvio che per giungere a tale valutazione si debba descrivere puntualmente il comportamento - reato del soggetto (così come ricostruito dallo stesso), confrontarlo con altri elementi di ricostruzione del fatto (testimonianze, prove agli atti ecc.) e trarne quindi le dovute conclusioni.

Ciò, però, non vuol dire che il caso del signor X non richieda massima attenzione; infatti, ritengo opportuno che il periziando continui ad essere seguito dai medici dell’Istituto di detenzione. Inoltre ritengo necessario che il signor X sia seguito con assiduità dallo specialista psichiatra; frequenti colloqui offrono un valido sostegno e consentono di monitorare l’andamento della patologia valutare l’efficacia della terapia  psicofarmacologica e possono aiutare nella prevenzione di azioni auto lesive e/o anticonservative.

Alla presente relazione di perizia aggiungo, rifacendomi e riportando dal Trattato di Psichiatria Forense del Maestro Ugo Fornari (Utet, 2015), quanto riportato nelle pagine 24-28:

“Nei confronti dell’autore di reato, la perizia richiesta nella fase di cognizione è sempre e solo psichiatrica, dunque. Ciò è l’espressione del rispetto del principio fondamentale in base al quale ogni persona è responsabile delle proprie azioni ed omissioni, salvo prova contraria. E la ‘prova contraria’ è contenuta in precisi disposti di legge che vanno dall’art. 85 all’art. 98 c.p.: tra questi l’infermità di mente. Come vedremo qui di seguito, è particolarmente importante dare un contenuto clinico a questa nozione in psichiatria forense. Infatti, nel codice penale attualmente in vigore, l’imputabilità dell’autore di reato è così regolata:

Art. 85 c.p. Capacità d’intendere e di volere. ‘Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere’.

Art. 88 c.p. Vizio totale di mente. ‘Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere’.

Art. 89 c.p. Vizio parziale di mente. ‘Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita’.

In altre parole, tutti coloro che, compiuto il diciottesimo anno di età, commettono un reato, sono imputabili, tranne che si tratti di autori che – al momento del fatto per cui si procede – si trovavano, per infermità, in tale stato di mente da escludere o scemare grandemente la loro capacità d’intendere o di volere.

La punibilità di un soggetto consegue all’accertamento della sua responsabilità e della sua imputabilità (imputabile = punibile). Il codice penale attualmente in vigore, infatti, prevede che nessuno possa essere punito per un fatto-reato, se, ‘al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile’; è imputabile ‘colui che ha la capacità di intendere e di volere’ (art. 85 c.p.).

Generalmente si definisce la capacità di intendere come la idoneità che un soggetto – al momento del fatto – possedeva a comprendere (non solo a capire, quindi) il valore e, quindi, il disvalore sociale di quell’azione od omissione; la capacità di volere come l’idoneità che il soggetto ha avuto ad autodeterminarsi in vista del compimento o dell’evitamento di quell’azione che si è costituita in reato …

L’imputabilità è costituita dalla presenza di entrambe le capacità (art. 85 c.p.). Basta che, nel momento in cui è stato commesso il reato, una delle due manchi o sia grandemente scemata per infermità, per parlare rispettivamente di vizio totale (art. 88 c.p.) o parziale (art. 89 c.p.) di mente.

Costituisce vizio di mente che esclude o scema grandemente l’imputabilità dell’autore di reato un quadro di infermità mentale.

La capacità di intendere e di volere di cui all’art. 85 c.p. è concetto diverso da quello di coscienza e volontà dell’atto.

Recita infatti testualmente l’art. 42 c.p. (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva). ‘Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge (27 Cost.).

La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente come conseguenza della sua azione od omissione. 

Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa’.

È da segnalare, a questo punto, che quando si parla di ‘incapacità di intendere e di volere’, di ‘vizio di mente’, di ‘immaturità, di ‘deficienza psichica’, di ‘coscienza e volontà’ e così via, non si mette in discussione ‘verità’ clinica alcuna. Si utilizzano semplici convenzioni, finizioni del tipo del ‘come se’, cioè concetti in vario grado carenti di ‘obiettività’ e di ‘scientificità’, entro i quali, però, si cerca di rendere possibile il difficilissimo connubio tra nozioni giuridico-filosofiche e categorie psichiatrico-cliniche. Si ricorre ad essi, perché è necessario trovare ed usare una qualche forma di linguaggio comune che consenta di intenderci e di comunicare nell’ambito della psichiatria forense.

Torniamo allora alle nostre convenzioni per dire che costituisce vizio di mente che esclude o scema grandemente l’imputabilità dell’autore di reato un quadro di infermità di mente.

Secondo la legge italiana, come abbiamo già detto, nessuno può essere punito per un reato se, nel momento in cui lo ha commesso esistevano cause che potevano compromettere gravemente o annullare la sua capacità di intendere o di volere, cioè la sua imputabilità.

Ciò avviene:

  1. nei casi di intossicazione acuta da alcool o da stupefacenti derivata da caso fortuito o forza maggiore (artt. 91 e 93 c.p.);
  2. nei casi in cui l’autore di reato è stato reso da altri incapace di intendere o di volere (art. 86 c.p.);
  3. quando il soggetto presentava, al momento del commesso delitto, un quadro di infermità tale da escludere (art. 88 c.p.) o scemare grandemente (art. 89) la sua capacità di intendere e di volere;
  4. quando, infine, si tratta di minore … 

Di conseguenza, l’accertamento sulle condizioni di mente di un indagato o di un imputato (fatta eccezione per il minorenne infradiciottenne) è sempre e solo di natura psichiatrica.

Che si tratti di consulenza tecnica (disposta dal pubblico ministero, ex artt 359 e 369 c.p.p. o dalle parti private) o di perizia d’ufficio (disposta dal g.i.p., ex art. 328 c.p.p. o dal giudice del dibattimento, ex art. 508 c.p.p.) essa ha come obiettivo primario quello di accertare l’eventuale esistenza di una infermità. Opportunamente ‘graduata’, essa costituisce quel vizio di mente che esclude o scema grandemente l’imputabilità dell’autore di reato, al momento del fatto.

Due altri tipi di perizia possono essere disposti sull’autore di reato, volti ad accertare:

  1. la capacità dell’imputato di partecipazione cosciente al processo (stato di mente attuale). Questa materia è attualmente disciplinata dagli artt. 70-73 c.p.p. In dottrina si sostiene che … la nozione di infermità mentale idonea a causare l’incapacità di cui all’art. 70 c.p.p. si vuole che sia molto più ampia rispetto a quella che rileva ai fini della esclusione o della grave compromissione dell’imputabilità al momento del fatto; in altre parole, oltre all’infermità ‘tradizionale’ che comporta una incapacità di intendere o di volere, si sostiene da più parti che potrebbe rilevare un qualsiasi quadro patologico psichico che impedisca la partecipazione cosciente al processo (si propone, cioè, una concezione estensiva della nozione di infermità di mente);
  2. la compatibilità con lo stato di detenzione, nel caso si tratti di imputato che si trova ‘in condizioni di salute particolarmente gravi che non consentono le cure necessarie in caso di detenzione’ (art. 275, 4° co., c.p.p.). Anche in questi casi il riferimento va fatto agli articoli di cui sopra, adottando però criteri psichiatrico-forensi un po’ particolari.
  3. Il primo ostacolo che deve essere affrontato è concordare su quali disturbi mentali possono costituire quell’infermità che si traduce in vizio di mente (criterio n. 1 = il classificare).
  4. In altre parole: quali categorie cliniche si possono associare a quelle giuridiche? La risposta non può essere che interlocutoria e aperta; però ancora una volta occorre ricordare che la giurisprudenza, a parte inevitabili eccezioni, tende ad ancorare la nozione di infermità di mente ad un tipo di classificazione fondata su criteri clinici circoscritti e delimitati, nel senso che (v. anche la sentenza della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite Penali, n. 9163/2005 e successive) convenzionalmente

  1. Possono venire esclusi dalla nozione di infermità di mente:
  • i tratti e i disturbi della personalità che si costituiscono in quadri di stato, in modi di essere della persona (alcuni esempi: psicopatie, stili nevrotici e perversioni, attualmente riclassificati come disturbi di personalità, disturbi da sostanze psicoattive, parafilie; o come sindromi e disturbi psichici e comportamentali dovuti all’uso di sostanze psicoattive; sindromi nevrotiche, legate a stress e somatoformi; disturbi della personalità e del comportamento);
  • i quadri psicopatologici in fase di remissione o di buona stabilizzazione (assenza di attività psicopatologica);
  • quelli di scarsa, controversa e vaga rappresentatività sintomatologica;

  1. possono venire presi in considerazione, come premessa per l’applicazione degli artt. 88 e 89 c.p., i quadri in cui è in atto:
  • un evidente scompenso patologico psichico (ad esempio: episodi psicotici acuti, anche noti come disturbi psicotici acuti o sindromi psicotiche acute e transitorie);
  • un deterioramento consistente da disturbo mentale organico;
  • una sensibile destrutturazione della personalità da processualità schizofrenica;
  • un disturbo grave di personalità in cui sono documentabili episodi di ‘scompensi’ in senso borderline o francamente psicotico …

Passando dal criterio nosografico a quello psicopatologico, (criterio n. 2 = l’attribuire) l’infermità di mente si concretizza quando i disturbi patologici psichici, privi di adeguate controspinte, si manifestano sul piano fenomenico attraverso funzionamenti sintomatici, integrantisi in fatti-reato.

È pertanto da ritenere inaccettabile il salto metodologico del perito che, avendo identificato un disturbo mentale, attribuisce, per ciò stesso, valore di malattia all’atto-reato, stabilendo una qualche analogia o corrispondenza tra presenza di quello e vizio di mente (criterio medico-psichiatrico). Esistono infatti malati di mente in buona fase di remissione o di spengimento della malattia nei quali l’atto non è un equivalente psicopatologico, e, per contro, gravi nevrotici scompensati (sintomatologia in fase florida) in cui il reato è connesso alla patologia conflittuale.

‘Valore di malattia’, o, meglio, ‘significato di infermità’ deve essere riconosciuto solo a quei reati che equivalgono a un sintomo psicopatologico individuato nei quadri clinici di cui si è detto sopra e scompensato sul piano funzionale. Senza questa restrizione interpretativa della nozione di infermità, quasi tutti i soggetti affetti ad esempio da ‘disturbi di personalità’ avrebbero ‘diritto’ al riconoscimento di un vizio di mente, essendo il comportamento abnorme parte integrante della nozione stessa di personalità abnorme. Analogamente, per i comportamenti nevrotici e quelli perversi, quando non costituiscano altro che uno ‘stile di vita’. Non solo, ma si potrebbe tradurre – sic et simpliciter – in vizio di mente un disturbo psicotico, solo perché diagnosticato come tale. Invece è fondamentale stabilire una correlazione significativa tra funzionamento mentale patologico e reato commesso …

Per rendere più chiaro il mio pensiero, voglio dire che la diagnosi è un momento importante della perizia, ma non sufficiente e tanto meno esauriente il compito peritale. Infatti quello che importa stabilire non è la connessione tra categoria diagnostica e reato, bensì tra disturbo psicopatologico, funzionamento patologico psichico e delitto. È la stessa differenza che corre tra reato di e reato in malato di mente.”.

                                                         Dr. Giuseppe Sciaudone




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