Quando la guerra non è più un’entità astratta e il dolore di centinaia di uomini e donne ti entra nel cuore e lo trafigge, allora capisci che non c’è più spazio per l’umanità.
Ti guardi intorno e sei certa che siamo arrivati ad un punto di non ritorno.
Lo vedi nelle mani di quella giovane donna che con il bacino schiacciato e sanguinante tenta di proteggere quel che, nel suo grembo, è rimasto del suo bambino…
Immagini gli ultimi momenti della sua vita e ti pare di rivivere il dolore e lo strazio di quegli istanti, la speranza di sentire il pianto del suo piccolo e la sensazione del distacco da lui e dalla realtà.
La luce, la confusione, i rumori, il sangue, il dolore e, improvvisamente, il nulla.
Quando la guerra non è più un’entità astratta ripercorri il disagio di una stirpe maledetta, quella umana, sulla strada di un piccolo paese dove guardi, trattenendo il fiato, i corpi di due ragazzini inermi bersagliati da colpi di fucile.
Due ragazzi che hanno lasciato su quella strada i sogni e le speranze di piccoli uomini in divenire che non sapevano che l’umanità è una belva mostruosa che succhia il sangue dei suoi stessi figli.
Quando la guerra non è più un’entità astratta scruti il volto di due giovani genitori che corrono dentro una stanza di ospedale per cercare di strappare alla morte il loro bimbo e che, dopo alcuni minuti, guardano inorriditi il corpo insanguinato, freddo e privo di vita di quello stesso bambino che poche ore prima correva felice dietro una palla o un gatto o un trenino di legno.
Quando la guerra non è più un’entità astratta senti il grido disperato di tutti gli orfani di tutte le guerre, le vite spezzate e un dolore irreversibile.
Uno strazio che nessun altro amore per quanto grande potrà mai colmare perché li, dove la linea si è spezzata c’ è solo un nodo che conserva intatto il senso del distacco, del cambiamento, del niente sarà più come prima.
Una cicatrice che mai rientrerà e che niente potrà sanare.
Quando la guerra non è più un’entità astratta il rumore delle sirene è un suono che ti trapassa l’anima, insopportabile e incomprensibile.
Pensi alla libertà violata e alla violenza con cui la paura entra nella vita e nel quotidiano sconvolgendolo.
Il rifugio è un buco, per quanto grande manca l’aria, l’ansia è inarrestabile. Ogni sirena un pezzo di vita in meno.
Quando la guerra non è più un’entità astratta ripensi a tutte le madri e ai figli e ai mariti e ai fratelli e alle sorelle di ogni parte di questo bastardo mondo che fuggono dalla belva mostruosa che è il loro stesso simile e non vedi più il colore della loro pelle, non percepisci più alcuna differenza tra il nero più nero di splendidi e profondi occhi da quello azzurro di eterei e luminosi occhi… e non distingui più i colori.
Ti contagia un daltonismo improvviso per cui è tutto grigio, scuro, tragicamente in bianco e nero e respiri il dolore acre del sangue, della pelle bruciata e dei corpi in decomposizione come se tutto avvenisse accanto a te che allunghi le braccia e non tocchi nulla.
Siano maledette tutte le guerre e tutti gli uomini che le fanno e tutti quelli che li assecondano e tutti quelli che si voltano dall’altra parte e tutti quelli che respingono e tutti quelli che distinguono e tutti quelli che non hanno amore.
Amore per un filo d’erba, amore per una goccia d’acqua, amore per una nuvola nel cielo, amore per un soffio di vento tra i capelli, amore per il profumo della terra bagnata, amore per il vociare di un bambino, amore per la vita e per quel miracolo dalla quale si forma.
Siano maledetti per l’eternità tutti gli uomini di guerra e che possano sentire per sempre lo stesso dolore che hanno inflitto ai loro simili, senza avere mai pace.
Carmelita Bruniani