05/03/2024

Il danno morale: una figura autonoma, da provare con cura in giudizio

Sta verificandosi, di recente, un boom vero e proprio del danno morale: in particolare crescono le indicazioni e i momenti orientati nel senso di una necessità di valutazione che prescinda dai riferimenti ai semplici standard e automatismi, ma punti sul riscontro puntuale di quelle che sono state hic et nunc, volta per volta, in concreto, con riguardo a quel certo plaintiff, alla effettiva situazione mondana e/o familiare o lavorativa o mass mediale in cui era immerso, le sofferenze patite.

Del danno morale sono note le caratteristiche di cui al nostro sistema: è disciplinato nell’articolo 2059 c.c.., ne parlano talvolta alcune disposizioni speciali, va risarcito in caso di reato, merita altresì riparazione quando è leso un bene significativo della persona, meglio se indicato nella stessa Costituzione, ma anche da norme dell’ordinamento giuridico ordinario, purché rilevanti e non equivoche.

Vale la pena di osservare che la carriera del dolore nel nostro ordinamento giuridico, ha fatto ultimamente notevoli passi in avanti, soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge sulle cure palliative, dopo quella sul consenso informato, con l’affermarsi sempre più netto, nel nostro ordinamento della figura del “diritto di non soffrire”.

Lo sganciamento sempre più forte da una linea di standardizzazione e automatismi, la conquista sempre più consapevole di un identità di tipo non parassitario rispetto ad altre voci di danno, l’aprirsi di una stagione in cui le quantificazioni si annunciano sempre di più come qualcosa di non meramente rituale, cerimonioso, con cifre bassissime e talora ridicole, tutto ciò apre - naturalmente - problemi non semplici per l’attore in giudizio, che si trova davanti alla seguente indicazione:”ti daremo più soldi ma devi dimostrarci che hai effettivamente subito tutti questi dolori che finora hai soltanto accampato in modo generico”.

Per l’attore si tratterà, quindi di fare ciò che in concreto gli si chiede e sarà decisiva la sua capacità di provare (non soltanto in via presuntiva, ciò che in molti casi già un po’ basterebbe, ma che condurrebbe a quantificazioni piuttosto basse) che lui ha effettivamente sofferto veramente molto nella fattispecie e ciò per effetto di alcune variabili, tutte appunto da dimostrare: sensibilità, temperamento speciale, effettività dei rapporti con chi è stato ucciso o ferito, prospettive future, progetti in atto, esigenza di un passato davvero intenso, e così via.



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