“NON MI FIDAVO DI IMPAGNATIELLO, VOLEVO AIUTARE GIULIA”
L’appello della sorella e della madre della vittima di femminicidio: «Ergastolo a vita per lui»
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La voce di Giulia è risuonata forte nell’aula della Corte d’Assise di Milano in uno degli ultimi audio della sua vita: «Pur di venire al tuo compleanno, mi ha fatto ricevere i mobili per la cameretta del bambino da sola. C'era una libreria lì, io non riuscivo a spostarli. Mi ha detto che andava a una grigliata. Ma che pezzo di m….». Era un messaggio inviato ad A., l’altra donna di Alessandro Impagnatiello, con cui aveva una storia parallela e con cui avrebbe avuto un figlio, se lei non avesse deciso di interrompere la gravidanza.
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Una «scelta molto dolorosa», ha raccontato l’amante ventitreenne in aula, mentre nella gabbia Impagnatiello, accusato di aver ucciso Giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza, con 37 coltellate, non ha mai alzato gli occhi dal pavimento. Neanche quando A. ha deciso di allontanarsi dall’aula per non risentire in quegli audio la voce della ragazza. E la sua che le diceva: «Salvati, va via da quella casa. Salvati col tuo bambino».
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E quando è tornata davanti alla Corte, A. ha deciso di non essere più nascosta dietro al paravento. Anche i video della ragazza con Impagnatiello, la sera del suo compleanno, sono stati proiettati in aula tra brindisi e sorrisi, mentre Tramontano sapeva che lui era via per una “grigliata con gli amici”.
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La giovane ha confermato in aula quanto già detto ai carabinieri di Senago e quelli della squadra Omicidi del nucleo investigativo il 29 maggio e il 31 maggio quando ancora il corpo di Tramontano non era stato trovato e Impagnatiello era libero.
Dall’inizio della loro relazione nell’estate del 2022 alla gravidanza inattesa il successivo gennaio con la conseguente decisione di non portarla avanti. «All'inizio sapevo che Giulia viveva in casa con lui, ma da dicembre, gennaio scorso in poi mi diceva che non stavano più insieme - ha ricordato A. -. Quando l'ho conosciuto ero consapevole che era fidanzato, ma poi mi aveva detto che si erano lasciati, che non voleva più stare con lei e che non erano più felici nella relazione».
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La prima di una lunga serie di bugie che Impagnatiello dirà ad A. e a Giulia. Come quella ad aprile quando la ventitreenne vede sul cellulare di Impagnatiello una foto di Giulia incinta su una spiaggia di Ibiza dove era andata insieme ad Impagnatiello.
«Fin dall'inizio ha detto che non era il padre del bambino e che aveva fatto il test del Dna. Gli avevo chiesto di farmelo vedere per confermare se diceva la verità. Quando ho visto il test, ci ho creduto».
Un documento medico, in realtà falso e inventato da Impagnatiello, come scoprirà la stessa A.: «Quando sono andata in viaggio in Portogallo a maggio, lui mi ha prestato il suo tablet e lì ho trovato il file del test del Dna. Ho visto la cronologia delle sue ricerche e ho trovato le immagini per creare il documento. Ho visto anche nelle mail il file Excel per fare il documento».
Da lì la decisione della ragazza di non dire niente per raccogliere "altre prove" così da non consentirgli di continuare a mentire. «Avendo già mentito la prima volta, non volevo che creasse un'altra storia per coprirsi. Ho aspettato di vedere come agire». La ventitreenne ha anche raccontato che il barman le aveva detto che Giulia Tramontano era «bipolare» e che «voleva uccidersi».
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In aula sono stati poi proiettati i video realizzati la sera del compleanno della giovane mentre era a cena con Impagnatiello. A un certo punto il trentenne ha detto: «Da settembre spero saremo ufficialmente fidanzati».
Poi la ragazza ha ricostruito la settimana successiva, in cui ha comunicato a Impagnatiello di voler interrompere la relazione e decide di contattare Giulia Tramontano. «Volevo salvarla da una persona che non è onesta, una persona voleva avere tutto, vivere due vite parallele, mentire alla donna con il suo bambino dentro. Il figlio andava salvato da un padre così», ha detto A. in aula.
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La ventitreenne ha ripercorso l’incontro con Impagnatiello quando, come ricostruito dalle indagini dei carabinieri della squadra Omicidi, Giulia Tramontano era stata già uccisa: «Quella sera ha continuato a scrivermi e a chiamarmi chiedendo di vedermi, ma io dicevo no. Un mio collega preoccupato mi ha accompagnata a casa e ho visto che mi stava aspettando alla fermata del tram ma io sono riuscita a non farmi vedere. Lui continuava a chiamarmi e io non volevo farlo entrare. Era molto agitato e insisteva per parlarmi con la sicurezza della porta chiusa. Mi sono affacciata alla finestra e l’ho lasciato parlare per 15 minuti, poi l’ho mandato via. L’ho rivisto la domenica pomeriggio fuori all’hotel. E lì ho visto dei guanti di lattice uscire dallo zaino».