L’interessante sentenza del Tribunale di Milano in commento, riguarda la questione della prova dell’accordo di mediazione tra un privato ed un’agenzia immobiliare, mediante messaggistica telefonica whattsap.
Il caso trae origine dall’opposizione a d.i emesso dal Tribunale di Milano di pagamento di una somma a titolo di provvigioni dovute per attività di mediazione immobiliare per la vendita di un immobile sito in Milano.
La cliente dell’agenzia immobiliare opponeva il decreto ingiuntivo, quale proprietaria dell’appartamento e delegante a favore del figlio ad occuparsi di tutte le fasi della vendita, nonché ad intrattenere rapporti con l’agenzia immobiliare. Inoltre, evidenziava l’avvenuta formulazione di un accordo, mediante messaggio whattsap tra il figlio ed il mediatore, del seguente tenore letterale: "Buonasera, sono ... non sto a disturbarla di nuovo al telefono... per correttezza verso di lei riguardo le sue provvigioni, di cui avevamo accennato... volentieri perché trovo giusto riconoscere il lavoro se appena posso ... cioè se la cifra è nella forbice alta. Diciamo così: 1% se 590, 0,5 se 585. Non che a 580 lei non ha lavorato, ma andrei a perderci rispetto ad accettare í 575 (o magari 580 che riesco ad ottenere), con il vicino che è un privato e dunque senza mediazione. Spero che capisca il mio discorso" che veniva contestualmente accettato dal mediatore con la risposta “. Il mediatore confermava l’accordo con un messaggio di risposta contenente un “Va bene"
Successivamente, il mediatore consegnava una proposta di acquisto per euro 570.000,00, oltre euro 10.000,00 per un posto auto annesso all’alloggio; proposta che veniva accettata dalla proprietaria solo relativamente all’alloggio. Si procedeva, quindi, alla vendita di appartamento e posto auto a complessivi euro 580.000,00, dunque ad un presso inferiore a quello minimo per il riconoscimento della provvigione all’agenzia immobiliare, senza che nessun accordo transattivo per il riconoscimento di euro 5000,00 all’agente immobiliare fosse mai stato sottoscritto dalle parti.
L’agenzia immobiliare, dal canto suo, sosteneva che il figlio della proprietaria dell’immobile fosse privo del potere di trattare, in quanto la procura non era mai stata nominata, né esibita se non successivamente all'invio della fattura e che, dunque, qualsivoglia accordo con il figlio doveva essere considerato non valido; in ogni caso era da considerare superati dal riconoscimento del debito.
Il Tribunale di Milano, pur riconoscendo il nesso di causa tra attività del mediatore e vendita dell’immobile, non riconosce al mediatore il diritto alla provvigione richiesta, stante gli accordi, costituenti prova scritta, intercorsi con i messaggi whattsap sopra riportati. Per il Giudice, inoltre, il permanere di concorrenti offerte di altri potenziali acquirenti non può costituire condizione di efficacia dell'accordo, in quanto rimasta sul piano della personale motivazione e, sebbene esplicitata nel messaggio, non idonea a definire il regolamento di interessi tra le Parti relativo, peraltro, al solo alloggio e non anche all’annesso locale garage.
Dunque, il mediatore immobiliare avrà diritto di percepire esclusivamente la provvigione dal solo acquirente, stante la validità e la vincolatività degli accordi intercorsi con la parte venditrice.
La sentenza in commento si inserisce nell’ambito di quel filone giurisprudenziale di merito, che fa riferimento al principio del riconoscimento di valore di prova alla messaggistica whattsap (G.d.P Latina 25.6.2021 n. 2399; Trib. Ravenna 10.3.2017), cosi’ come a sms e mms, se non disconosciuti (in questo senso, la recente Cass. 17.7.2019 n. 19155), quale prova atipica, ai sensi degli articoli 2712 e 2719 c.c., confermandolo pienamente ed applicandolo ad una fattispecie, quella della mediazione immobiliare, di grande rilevanza pratica, considerata la diffusione di comunicazione non verbale, mediante messaggistica telefonica e posta elettronica.
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