Diritto dei contratti.
La primaria, fondativa regola, per cui: pacta sunt servanda, e le sopravvenienze impreviste, atipiche. La “curiosa” causa concreta. E le presupposizioni cc. dd. negative. Ovvero la clausola rebus sic stantibus. La buona fede oggettiva. Ed il presunto obbligo di rinegoziazione.
Insomma: l’allocazione del rischio da sopravvenienza contrattuale, frustrativa.
Problema che va affrontato tenendo bene a mente il principio del rischio d’impresa, sulla cui scorta può - spesso facilmente - risolversi. Problema che, voglio dire, solo quando il canone locatizio sia in un qualche modo agganciato al fatturato, od ai risultati d’esercizio, dell’impresa conduttrice, effettivamente rileva. Posto che, allora, solo allora, in diritto costituito, pure la locatrice dovrà sopportare il danno da “fermo”, totale o parziale, anche oltre la misura di indicizzazione convenuta. Come nel caso, di locazione di immobile commerciale adiacente stazione ferroviaria, di cui si è recentemente occupato il tribunale di Bologna. La sopravvenienza, diversamente, non potrà che pesare sulla parte conduttrice. A favore della quale, non a caso, il legislatore fiscale, dell’emergenza, ha concesso le note determinate provvidenze.
Parte della dottrina, e della giurisprudenza, è tuttavia di altro avviso. Il fermo covid avrebbe inciso, stando ad essa, sul funzionamento sinallagmatico della locazione, facendone addirittura venire meno la causa. Avrebbe reso impossibile la prestazione del locatore, e comunque impossibile la sua utile fruizione, da parte del conduttore. La sopravvenienza dovrebbe dunque pesare, in fondo, sul locatore ovvero proprietario.
A me francamente pare che di difetto (funzionale) della causa negotii e/o di impossibilità/inadempimento (obiettivo) non possa proprio parlarsi!
V. amplius il mio contributo, in Aa. vv., Il diritto e l’economia ai tempi del covid, a cura di Cogliandro e Fimmanò, 2020, e Idem, agg.to 2021, in corso di stampa.
Conforme in giurisprudenza, da ultimo, Trib. Roma, 21 maggio 2021, G. D’Angelo. Contra però, sempre da ultimo, Trib. Milano, 18 maggio 2021, G. Chiarentin.
Tribunale che vai, diritto che trovi, viene allora da dire!
Per ciò che la rinegoziazione del contratto, magari “assistita”, su base comunque volontaria, è ipotesi certo da non scartare, mai, almeno a priori, e anzi molto spesso da consigliare, opportunamente.
Se poi, per inciso, sussista un vero e proprio obbligo ex lege di rinegoziare il contratto (in ipotesi di sopravvenienze frustrative), non saprei. Autorevolissima dottrina riteneva un tale obbligo sussistente. Macario e Gallo, in particolare. In giurisprudenza, adesive, mi constano solo poche, pochissime sentenze. Adde la relazione tematica, dello scorso luglio, dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione.
V. se vuoi, da ultimo, Cesàro, Le misure restrittive derivanti dalla pandemia da coronavirus e la rinegoziazione dei contratti in corso di esecuzione, in Gazzetta Forense, 2021, fasc. 2, pp. 200 ss..