Interessi protetti  -  Giuseppe Piccardo  -  16/07/2022

Il testamento e irrilevanza dell’errore formale  nell’indicazione della data  

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 29 novembre 2021 n. 37228, ha statuito l’irrilevanza dell’errore formale nell’indicazione della data del testamento, qualora detto errore non infici l’autografia dell’atto e, quindi, la riconducibilità della scheda testamentaria al testatore. 

La vicenda oggetto dell’ordinanza, trae origine dall’impugnazione di un testamento olografo, da parte di alcuni degli eredi. Il Tribunale dichiarava, con sentenza non definitiva, la validità del testamento contestato, rigettava  la domande proposte dal convenuto, volte a fare accertare l'invalidità della scheda testamentaria, per difetto di forma in relazione alla data del testamento e per incapacità naturale del testatore, Contestualmente, con sentenza non definitiva, il Tribunale individuava i coeredi, le quote e i beni rientranti nella massa ereditaria, mentre, con sentenza definitiva, operava la divisione in conformità a quanto statuito con la  suddetta sentenza non definitiva.

Avverso entrambe le sentenze di primo grado (definitiva e non definitiva), veniva proposto appello, non accolto in sede di gravame, in quanto, come rilevato dalla Corte d’Appello, “l'appellante, con riferimento alla data del testamento (27.0994), si era limitato a reiterare l'eccezione di invalidità del testamento per errata indicazione della data, senza null'altro aggiungere a sostegno di tale asserita erroneità e della valutazione in merito operata dal tribunale". Inoltre, respingeva il motivo d'appello riguardante il riconoscimento, operato dal primo giudice, della capacità del testatore, nonchè l'ulteriore motivo di ricorso proposto dall'appellante, il quale riteneva dovesse essere esclusa dal compendio ereditario una tettoia, in quanto bene di asserita sua proprietà esclusiva.                                                                                                                                                             

Successivamente, a seguito del rigetto del gravame, la parte soccombente in secondo grado proponeva ricorso per Cassazione,  sulla scorta di due motivi.                                                                                                                             

Con il primo motivo evidenziava che il testamento recava quale data una serie numerica "27.0994", quindi una data non certa. Il Tribunale aveva ritenuto che la sequenza "0994" indicasse il mese e l'anno di redazione del testamento e che la mancata apposizione del punto fra tali cifre dovesse essere considerata una  mera dimenticanza. Secondo il ricorrente, invece, le considerazioni del giudice di primo grado, integravano una mera deduzione, come tale meramente soggettiva, senza alcuna specifica valutazione sul punto.

Con il secondo motivo, l’appellante deduceva che il giudice di secondo grado avrebbe confermato la decisione del Tribunale in relazione alla tettoia di un immobile caduto in successione, in assenza di un  accertamento sulla regolarità edilizia del manufatto. Il ricorrente rilevava, altresì,  che il consulente tecnico aveva segnalato che la tettoia in oggetto era priva di identificazione catastale e che risultava depositata,presso gli uffici comunali, un'autorizzazione in sanatoria, ma che la documentazione correlata a tale autorizzazione non era stata valutata dal Giudice.

La Suprema Corte decide il ricorso esprimendosi nel senso di ritenere che “l'indicazione erronea della data nel testamento olografo, dovuta ad errore materiale del testatore per distrazione, ignoranza od altra causa, anche se concretantesi in una data impossibile, non voluta, però, come tale, dal testatore, può essere rettificata dal giudice, avvalendosi di altri elementi intrinseci della scheda testamentaria, così da rispettare il requisito essenziale della autografia dell'atto”.

I Giudici proseguono con il precisare che la valutazione delle Corti di merito circa la sussistenza di un banale errore materiale del testatore al riguardo, nonché  circa l'esclusione dell'intenzione del testatore d'indicare, invece, scientemente, una data impossibile - che  renderebbe annullabile il testamento, perchè equivalente a data inesistente-  è una valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità e che deve essere effettuato caso per caso, mediante valutazione complessiva della scheda testamentaria, in tutti i suoi elementi intrinseci, 

La Cassazione, nella sentenza in commento richiama, quale precedente, la sentenza del 5 giugno 1964, numero 1374 (pubblicata in Giustizia Civile, 1964, I, 1750), la quale si era espressa nel senso di ritenere che nel caso di testamento contenente un data impossibile, per errore del testatore, da accertare in concreto dal Giudice, mediante indagine sulla volontà del testatore medesimo, il giudice stesso può procedere alla correzione della data,  se quella esatta possa essere desunta  dalla scheda testamentaria, in modo che sia rispettato il requisito dell’autografia  dell’atto. Qualora ciò non sia possibile, la data dovrà essere considerata inesistente, con conseguente annullabilità del testamento, come previsto dall’articolo 606 c.c., in quanto  elemento essenziale per accertare la capacità del testatore e l’efficacia tra più schede testamentarie.

 Il principio fatto proprio dall’ordinanza in commento, si  pone in continuità, non solo con la decisione sopra citata, ma anche con una più recente pronuncia di legittimità, vale a dire la  sentenza numero 10613 del  23 maggio 2016, secondo la quale l'inesatta indicazione della data, dovuta ad errore materiale del testatore (per distrazione, ignoranza od altra causa), pur se essa, senza essere così voluta dal "de cuius", sia impossibile (nel caso di specie il "12-112-1990" ), può essere rettificata dal giudice, ricorrendo ad altri elementi intrinseci della scheda testamentaria, sì da rispettare il requisito essenziale della autografia dell'atto. Autografia che, si ribadisce,  costituisce elemento essenziale del testamento, in quanto atto personalissimo e non può essere ricostruita mediante atti esterni alla scheda testamentaria.                                                                                                                                     

La dottrina distingue tra  il caso dell’assenza di data e di data non veritiera nel testamento,  dalla data impossibile, cioè inesistente o non reale, per mero errore materiale, come nel caso di specie. Secondo alcuni autori, in caso di impossibilità di sua correzione, la data impossibile, al di fuori dei casi in cui è ammessa  la prova della falsità, è comunque formalmente valida, a meno che non venga accertata una volontà non seria del testatore, mentre secondo altra tesi essa deve essere considerata mancante.                                                                                                                                              

Ritengo, personalmente, preferibile la prima tesi  riportata,  in quanto maggiormente aderente a quanto previsto dall’articolo 602, comma 3 c.c., il quale pare  separare, in modo netto, il trattamento giuridico dei casi in cui è ammessa la prova  della non veridicità della data del testamento, da tutti gli altri, in cui, invece, essa sarebbe validamente apposta, compreso nel caso di data impossibile.                                                                                                                                             

Circa l’onere della prova della non veridicità della data per volontà del testatore, essa può essere data con ogni mezzo, non incontrando limiti.                                                                                                   

Con riferimento, invece  al secondo motivo di ricorso proposto, relativo alla questione, appena sopra accennata, delle nullità urbanistiche connesse al fabbricato caduto in successione, la Corte di Cassazione in continuità con le Sezioni Unite della Cassazione numero 8230 del 22 marzo 2019, precisa  che  la nullità di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46 e dalla legge n. 47 del 1985,artt.17E 40, deve essere ricondotta nell'alveo del comma 3 dell'art. 1418,c.c., del quale rappresenta una specificazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", vale a dire  un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata indicazione, nei suddetti atti,  degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile; titolo che deve esistere al momento della stipula dell’atto ed essere riferibile a quello specifico immobile. 

Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione della parte venditrice  degli estremi di regolare titolo urbanistico, il contratto deve essere considerato valido, indipendentemente dalla conformità o della difformità della costruzione realizzata, al titolo di riferimento.


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