Nell’ambito dei procedimenti in materia di famiglia accade, di sovente, che dalla separazione dei genitori derivino ostacoli al diritto di visita dei parenti di uno dei genitori (o di entrambi).
Tuttavia, il diritto del minore di mantenere i rapporti con la famiglia di origine costituisce un diritto fondamentale, di rango costituzionale poiché tutelato dagli artt. 2, 30 e 31 della Costituzione.
Inoltre, il suddetto diritto è tutelato, a livello sovranazionale dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nonché dall’art. 24 della Carta di Nizza, e, a livello interno, dagli artt. 315 bis, comma II, e 317 bis del codice civile. Più precisamente, l’art. 8 CEDU tutela la vita privata e familiare dell’individuo, il quale è garantito contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri: si tratta di una norma che non si limita a imporre allo Stato di astenersi da qualsivoglia ingerenza ma racchiude, parimenti, un contenuto positivo laddove impone al giudice di adottare misure volte al rispetto della vita familiare nelle relazioni degli individui tra loro e, dunque, a ricucire uno strappo anche quando si tratta delle relazioni tra il minore e gli ascendenti.
Sul punto la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha evidenziato che “se l’articolo 8 ha essenzialmente lo scopo di premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, esso non si limita a imporre allo Stato di astenersi da tali ingerenze: a questo impegno piuttosto negativo possono aggiungersi obblighi positivi inerenti a un rispetto effettivo della vita privata o familiare. Questi possono implicare l’adozione di misure volte al rispetto della vita familiare fino nelle relazioni degli individui tra loro, tra cui la predisposizione di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per garantire i diritti legittimi degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie o delle misure specifiche appropriate (si veda, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, n. 48542/99, § 53, 23 giugno 2005). Questo arsenale deve permettere allo Stato di adottare misure idonee a riunire il genitore e il figlio, anche in caso di conflitto che oppone i due genitori (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, § 108, Sylvester c. Austria, n. 36812/97 e 40104/98, § 68, 24 aprile 2003, Zavřel c. Repubblica ceca, n. 014044/05, § 47, 18 gennaio 2007, e Mihailova c. Bulgaria, n. 35978/02, § 80, 12 gennaio 2006). Lo stesso vale quando si tratta, come nel caso di specie, delle relazioni tra il minore e i nonni (Nistor c. Romania, n. 14565/05, § 71 2 novembre 2010; Bronda c. Italia, 9 giugno 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998 IV). Essa rammenta anche che gli obblighi positivi non si limitano a fare in modo che il minore possa raggiungere il genitore o avere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure preparatorie che permettono di giungere a questo risultato (si vedano, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, § 45, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, § 95, 26 maggio 2009, Ignaccolo-Zenide, sopra citata, §§ 105 e 112, e Sylvester, sopra citata, § 70). Per essere adeguate, le misure volte a riunire il genitore e il figlio devono essere attuate rapidamente, in quanto il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili per i rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui (Lombardo, § 81, sopra citata; Nicolò Santilli c. Italia, n. 51930/10, § 65 17 dicembre 2013)” (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 20 gennaio 2015 - Ricorso n. 107/10 - Manuello e Nevi c. Italia).
Di rilevante importanza è altresì la pronuncia della Corte di Giustizia Europea, sentenza del 31 maggio 2018 n° C‑335/17, attraverso la quale i giudici hanno confermato che nella nozione del diritto di visita racchiusa all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e all’articolo 2, punti 7 e 10, del regolamento n. 2201/2003, rientra non soltanto il diritto di visita dei genitori nei confronti del figlio minore, ma anche quello di altre persone con le quali è importante che tale minore mantenga un legame significativo, a prescindere dalla titolarità o meno in capo ad essi della responsabilità genitoriale. Con la conseguenza che la domanda dei nonni volta ad ottenere il riconoscimento di un diritto di visita nei confronti dei loro nipoti ricade nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 2201/2003.
Per quanto concerne la normativa interna, invece, il comma secondo dell’art. 315 bis c.c. tutela il diritto del minore di mantenere rapporti significativi con i parenti, mentre l’art. 317 bis c.c. - dal lato degli ascendenti - tutela il diritto di questi ultimi di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, tant’è vero che il secondo comma della fattispecie in esame racchiude la possibilità per gli ascendenti ai quali è impedito l’esercizio del diritto di ricorrere al giudice (la competenza appartiene al Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c.) per l’adozione dei provvedimenti più idonei, nell’esclusivo interesse del minore.
Dal combinato disposto delle due norme si evince che il rapporto tra i minori e gli ascendenti assume piena rilevanza giuridica. Tuttavia, non si tratta di un diritto incondizionato e assoluto quello degli ascendenti, poiché il secondo comma dell’art. 317 bis c.c. specifica che gli eventuali provvedimenti assunti dal giudice hanno come unica finalità l’interesse del minore.
Ne deriva, dunque, che il diritto di visita degli ascendenti viene riconosciuto come interesse strumentale alla piena realizzazione della personalità del nipote.
Un tanto trova lapidario riscontro nell’orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità, teso a ribadire che il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all’interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi. I giudici di legittimità nel corso degli anni hanno, infatti, ribadito che “l’intervento del giudice in questo ambito deve tenere conto del fatto che l’art. 317 bis c.c., nel riconoscere agli ascendenti un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non attribuisce allo stesso un carattere incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, a una valutazione del giudice avente di mira l’ “esclusivo interesse del minore”, ovverosia la realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell’ambito del quale possa trovare spazio anche un’attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote” (Cass. Civ., Sez. I, Ord., 31 gennaio 2023, n. 2881).
In ordine alla circostanza inerente la necessità che vi sia alla base una relazione positiva tra minore e ascendenti, lo si desume in maniera cristallina dall’inciso “rapporti significativi” racchiuso nell’art. 317 bis c.c., il quale fa necessariamente riferimento ad una relazione positiva, gratificante e soddisfacente del bambino con l’ascendente, relazione che implica spontaneità e non coercizione, con la conseguenza che il giudice non potrà imporre alcuna frequentazione ai minori che abbiano compiuto i dodici anni - o che abbiano capacità di discernimento - i quali abbiano manifestato la volontà contraria; in tali ipotesi, infatti, il giudice dovrà individuare strumenti di modulazione delle relazioni che siano in grado di favorire la spontaneità dei rapporti.
A contrariis, deve ritenersi che l’eventuale conflittualità esistente tra un genitore e gli ascendenti del minore non costituisce una ragione ostativa alla frequentazione degli ascendenti stessi (sul punto si veda Cass. Civ., Sez. I, Ord., 11 luglio 2022, n. 21895).
Quest’ultimo orientamento è suffragato, altresì, dalla giurisprudenza di merito e sul punto si richiama una recente decisione della Corte d’Appello di Venezia del 18 febbraio 2022. Più precisamente, nella vicenda portata all’attenzione del giudice di secondo cure, la nonna paterna adiva la Corte d’Appello veneziana per impugnare il decreto del tribunale per i minorenni che rigettava la domanda dalla stessa proposta per la disciplina del diritto di visita della nipote. Il reclamo veniva accolto dalla Corte d’Appello in forza dei principi generali in materia, per i quali lo Stato deve favorire i rapporti tra i nonni e i minori (Corte Cedu 20 gennaio 2015 e 7 dicembre 2017), anche in tema di diritto di visita (Corte di Giustizia 31 maggio 2018) e veniva, dunque, consentito alla nonna paterna (risiedente a Chieti) di poter frequentare la nipote.
Infine, quanto alla questione della revisione dei provvedimenti resi dal Tribunale dei minorenni, si evidenzia che il provvedimento che chiude il procedimento instaurato dagli ascendenti in virtù dell’art. 317 bis c.c. ha attitudine al giudicato rebus sic stantibus, non essendo revocabile o modificabile salva la sopravvenienza di fatti nuovi, poichè si tratta di procedimenti che “dirimono comunque conflitti tra posizioni soggettive diverse e nei quali il minore è parte” (ex multis, Cass. Civ., Sez. I, Ord., 31 gennaio 2023, n. 2881; Cass. Civ., Sez. VI-1, Ord., 12 giugno 2018, n. 15238).
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve ritenersi che l’interesse del minore a fruire di un positivo legame relazionale e affettivo con gli ascendenti gode di un’ampia tutela, sia a livello di normativa interna, sia a livello di normativa sovranazionale. Tuttavia, non è escluso che in ipotesi particolari si vengano a creare situazioni limite che esigono l’intervento giudiziale: in particolare, ciò avviene quando non sia sufficiente il buon senso a far superare le frizioni tra gli adulti, e in questo caso l’intervento del giudice mira ad assicurare il beneficio di una frequentazione tra gli ascendenti e i nipoti di carattere biunivoco e capace di arricchimento affettivo reciproco. Agli ascendenti è garantito, infatti, il rimedio di cui all’art. 317 bis c.c. che consente di adire il Tribunale dei minorenni laddove venga preclusa la possibilità di vedere i nipoti e, in tal caso, il compito attribuito al giudice non sarà quello di individuare quale dei parenti debba imporsi sull’altro nella situazione di conflitto, bensì quello di stabilire - avendo come unica attenzione l’interesse superiore del minore - se i rapporti conflittuali tra gli adulti facenti parte del nucleo parentale si possano comporre e come ciò debba avvenire.