Interessi protetti  -  Redazione P&D  -  23/08/2018

I requisiti di forma dei trasferimenti patrimoniali a titolo liberale: alcuni consigli pratici alla luce della pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione del luglio 2017

La Cassazione a Sezioni Unite il 27 luglio del 2017 ha pronunciato la sentenza n. 18725, che ha avuto il pregio di chiarificare i requisiti di forma che devono assistere i trasferimenti patrimoniali, di non modico valore, realizzati con spirito di liberalità attraverso titoli di credito.

Si tratta di una sentenza importante che dovrà guidare coloro che intendono effettuare donazioni valide formalmente, senza timori che le stesse vengano colpite con un’azione di nullità.

Di seguito si analizzerà il concetto di donazione,  spiegando come distinguere la figura di donazione diretta da quella c.d. indiretta,  analizzando quali sono i diversi requisiti formali che devono assistere le due forme di donazione, e, infine, esaminando nello specifico la pronuncia a Sezioni Unite n. 18725 del 2017.

∞ Il concetto di donazione diretta e indiretta ∞

La questione sottoposta alle Sezioni Unite nasce dalla difficoltà di distinguere in termini chiari il concetto di donazione diretta da quello di donazione indiretta.

Il codice civile contiene un’espressa definizione di donazione diretta nell’art. 769 cc: “la donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.

Invece non trova descrizione il concetto di donazione indiretta.

Il codice civile si limita a sancire che le liberalità effettuate con atti diversi dal “contratto di donazione diretta”  sono  soggette alla disciplina della riduzione per integrazione di legittima, a revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli ( art.809 cc), nonché a collazione (art.737 cc).

Il concetto di donazione indiretta, in giurisprudenza e dottrina, è stato perciò ricavato attraverso un procedimento di esclusione, ossia comprendendovi tutti gli atti di liberalità nei quali l’impoverimento di un soggetto e il corrispondente arricchimento in favore di un altro, si attuano non “immediatamente” attraverso il tipico contratto di donazione, ma in via “mediata”, ossia per mezzo di un negozio giuridico diverso che ha una causa propria, diversa da quella liberale, e che, tuttavia, viene “piegato” anche per produrre l’ulteriore scopo di realizzare una liberalità.

∞ L’esempio pratico per distinguere le due forme di donazione ∞

Se Tizio con un tipico contratto di donazione trasferisce la proprietà di un immobile in favore di Caia, per arricchirla gratuitamente, la donazione si configura nella sua forma diretta.

Tuttavia nella diversa ipotesi in cui Tizio stipuli con Caia un contratto di compravendita trasferendo  a quest’ultima la proprietà di un immobile per un prezzo volutamente “tenue” (ossia anche di molto inferiore rispetto al valore economico reale dell’immobile: es. 50 mila euro anziché 200 mila euro), detto  negozio oneroso di compravendita in concomitanza all’effetto tipico che lo connota (scambio di bene con il prezzo), produce, altresì, l’effetto ulteriore e indiretto di arricchire l’acquirente Caia.

Si configura in quest’ultimo caso una donazione indiretta nella quale Tizio per mezzo della compravendita ha inteso, con spirito liberale, arricchire spontaneamente Caia della differenza tra il prezzo reale del bene e quello pattuito.

È bene avvisare, tuttavia, come possa ravvisarsi una donazione diretta anche in alcune ipotesi nelle quali non ci si serve del “tipico contratto di donazione” descritto dal codice civile.

Ad esempio, nel caso della compravendita il prezzo può essere tenue, vile o irrisorio, ossia - in una parola - inadeguato e sproporzionato rispetto al valore della res venduta (in modo da arricchire l’acquirente della differenza tra il prezzo reale e quello pattuito), ma se risulta essere meramente simbolico e dunque  privo di un qualsiasi valore economico il negozio non è più una compravendita mista a donazione (e, dunque, una forma indiretta di donazione).

È evidente, infatti, che in quest’ultimo caso la vendita è solo apparente, nessun prezzo peril bene -  seppur inadeguato - viene versato, ed è dunque configurabile una vera e propria donazione diretta, dissimulata sotto le vesti della vendita.

Quello appena descritto è un caso di donazione diretta non effettuata con il tipico contratto donativo, bensì realizzata servendosi di una compravendita che solo “nominalmente” è tale, ma non sostanzialmente.

∞ I requisiti formali che devono essere osservati nella donazione diretta e indiretta ∞

Tutte le volte che la donazione viene qualificata come diretta, o perché le parti si servono del contratto tipico per effettuarla, o perché, al di là del negozio utilizzato (es. una compravendita solo apparente), è possibile affermare la sussistenza di una liberalità “direttamente realizzata”, essa è nulla se non sono rispettati i requisiti formali indicati dall’articolo 782 cc, 2699 cc, e dalla L. 16 febbraio 1913 n. 89.

Quindi se, ritornando al caso precedente,  la compravendita solo apparente non viene conclusa con l’atto pubblico e la presenza di testimoni, essa, qualora celi una donazione reale diretta, sarà nulla per difetto di forma, e potrà essere attaccata da chi, avanzando pretese sul patrimonio del disponente, vorrà agire per la restituzione di quanto donato senza il rispetto dei requisiti formali richiesti dall’ordinamento a protezione della volontà del donante.

La donazione indiretta , invece, non richiede per la sua validità la forma dell’atto pubblico, o la presenza di testimoni, dato che l’art. 809 cc nello stabilire quali siano le norme applicabili agli atti di liberalità realizzati con negozi diversi dal “contratto di donazione”, non richiama la norma che disciplina la forma dell’atto pubblico.

Data questa base normativa la giurisprudenza, concordemente, afferma che per la validità delle donazioni indirette basta l’osservanza mera delle forme prescritte per il negozio tipico che viene “piegato” per realizzare, anche, il fine di liberalità (Cass. 2004 n. 5333).

∞ La decisione della Cassazione a Sezioni Unite ∞

Venendo al cuore della sentenza n. 18725 del 2017, la Suprema Corte ha affermato che  il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli di un soggetto (beneficiante) a quello di un altro (beneficiario) costituisce una donazione tipica ad esecuzione diretta.

I giudici, dunque, hanno negato che l’ordine impartito dal cliente della banca di trasferire i suoi titoli ad un altro conto corrente abbia i connotati di un negozio giuridico con una propria autonoma giustificazione causale e  che possa essere utilizzato indirettamente” come mezzo per attuare anche la liberalità.

Invece le Sezioni Unite hanno statutito che l’unico atto negoziale esistente in questa complessa operazione è quello che intercorre tra il cliente ordinante e il beneficiario che riceve i titoli gratuitamente, e detto atto negoziale costituisce una donazione diretta.

L’intermediazione della banca non  è “giuridica”, nel senso che l’operazione di “bancogiro”,  e quindi l’accreditamento, è un atto “neutro (non enunciante una sua specifica causa), e quindi non può essere considerato come un “mezzo” per effettuare una donazione indiretta.

L’intermediazione in questo caso è meramente “gestoria”, e il trasferimento dei titoli costituisce un “operazione prettamente esecutiva” del negozio esterno, ossia della donazione diretta intercorrente tra l’ordinante – disponente e il beneficiario, e tale donazione diretta giustifica essa stessa causalmente l’accreditamento dei titoli da un conto all’altro.

Per cui mancando un atto negoziale che “serva” alle parti per attuare indirettamente la liberalità, la donazione è diretta, e, nel caso esaminato da queste Sezioni Unite, nulla perché non realizzata con i requisiti formali che le donazioni dirette richiedono(1) .

È quindi importante fare attenzione al meccanismo di cui ci si serve per arricchire un altro soggetto con animo liberale.

Come si è visto utilizzare un atto diverso dal tipico contratto di donazione non costituisce garanzia del fatto che la liberalità posta in essere debba in ogni caso qualificarsi quale donazione indiretta, e pertanto non soggetta ai requisiti stringenti di quella diretta.

È sempre bene rivolgersi dunque ad un esperto per verificare, nell’ipotesi in cui si voglia arricchire gratuitamente e “indirettamente”, che l’atto posto in essere abbia la capacità di esprimere una propria giustificazione causale e, soprattutto, di mantenerla nonostante la liberalità per mezzo dello stesso attuata.

Solo in quest’ultimo  caso basterà osservare la disciplina giuridica dell’negozio “mezzo” per porre in essere una valida donazione.


 1) Già in giurisprudenza di merito nello stesso senso il Tribunale di Milano con pronuncia del 21.4.11 secondo la quale “il versamento in controvalore di titoli ad un altro conto corrente non costituisce donazione indiretta, in quanto lo spirito di liberalità risulta essere realizzato nella diretta elargizione di una somma di denaro (cui il trasferimento titoli è assimilabile) e non attraverso un negozio diverso, oneroso, idoneo a produrre oltre il suo effetto proprio anche quello “indiretto” dell’arricchimento senza corrispettivo del donatario”.




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