Fra i più delicati si segnala, in tema di “precarietà umana”, il rapporto corrente fra branche diverse del sistema.
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Penso soprattutto alla relazione fra piano amministrativo e piano civile. Direi che è in corso un sistema di travasi, oggigiorno, dal primo al secondo: una serie di cessioni gestionali, fra l’uno e l’altro. Scambi di competenze, fenomeni destinati ad accrescersi, col trascorrere degli anni.
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Sempre meno un Parlamento che si limita a dire: “Ci addolora la vostra condizione, brava gente: le ginocchia in quello stato, le schiene sbilenche che vi ritrovate. La Costituzione vuole che ci occupiamo di voi, le Carte internazionali lo pretendono. Introdurremo neo-modalità organizzative, dal nostro ufficio, altre provvidenze, assegni di accompagnamento …”.
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Sempre più invece, anche o soltanto, riscontri a misura d’uomo: “Questo il diritto soggettivo, da normale cittadino, che hai scelto di esercitare; che viene sancito ufficialmente, che oggi noi ti riconosciamo. Chiunque vanti uno status come il tuo potrà, in avvenire, difendersi; vietato agli estranei minacciarlo. Dentro casa sei tu il Re, nessun affronto sfuggirà alle tue rimostranze”.