La presenza di un rilevante patrimonio non giustifica di per sè la pronunzia di interdizione
La compresenza, nel nostro ordinamento, da un lato dell'amministrazione di sostegno e dall'altro delle due misure dell'interdizione e dell'inabilitazione ha talvolta creato in passato qualche difficoltà.
Molti tribunali fin dall'inizio si sono orientati nel senso di non applicare mai l'interdizione ed a seguito dell'approvazione della convenzione ONU del 2006 sui diritti dei disabili, questa linea sembra essersi imposta definitivamente.
Alcuni giudici hanno tuttavia insistito per applicare ancora l'interdizione.
Molte pronunce della Corte di Cassazione hanno rivelato l'affermarsi di un orientamento fortemente anti-interdizione, tuttavia, non avendo queste ultime effetto abrogativo delle norme in vigore, attraverso di esse gli ermellini hanno cercato di individuare gli elementi in grado di giustificare, volendo, un'applicazione dell'istituto.
Questi due elementi erano, in particolare: le condizioni di grave disagio psichico dell'interessato e la consistenza eventualmente molto complessa ed articolata del suo patrimonio.
La stessa Cassazione ha provveduto, in seguito, ad attenuare il senso di questa indicazione. Dapprima vi sono state sentenze che hanno sottolineato come, anche in caso di grave demenza, sia ben possibile far luogo all'amministrazione di sostegno ed ultimamente è caduta anche la seconda direttrice: una recente pronuncia ha esplicitamente affermato che anche in caso di patrimonio estremamente complesso e sofisticato è possibile ed in sostanza doveroso far capo all'amministrazione di sostegno.
Con il decreto che si allega il giudice, dott. Roberto Masoni, appartenenente alla scuola di Guido Stanzani, ha fatto suo questo orientamento.
"Qualcuno dice qualche volta: chi interdice una persona interdice il mondo intero".