Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  17/01/2025

AdS e consenso sanitario, generalità

Fin dalle prime applicazioni delle legge n. 6 del 2004 è emersa la questione relativa        alla possibilità che vengano affidati all’amministratore di sostegno dei compiti in materia sanitaria.

Tribunale di Venezia, Sentenza del 05.07.2006, Pres. Trentanovi

"Utile ricordare comunque che mai il provvedimento del G.T., o la volontà dell’A.d.S. potrà sostituirsi, nella “cura della persona”, alla volontà (“non viziata” dalla patologia in atto o da altra patologia psichica) del beneficiario stesso. Se ad esempio questi esprimerà una volontà contraria all’effettuazione di una terapia particolare e se questa volontà non risulti (art. 407 5° comma C.C.) viziata da una impossibilità o inadeguatezza di comprensione e volontà, la terapia stessa, pur se adeguata, idonea e a rischio ridotto o proporzionato, non potrà esser effettuata per lo stesso principio di libertà desumibile dal 2° c. dell’art. 32 Cost. (“nessuno può esser obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”).

Ciò, all’evidenza, non esclude che possa esser tentata dall’A.d.S. (e dallo stesso G.T. e/o da suoi ausiliari tecnici) una corretta opera di informazione e convincimento per indurre il beneficiario a superare tabù, paure o titubanze ingiustificate; ma va escluso che il provvedimento del G.T. o la decisione dell’A.d.S. possano scavalcare una permanente, libera e non viziata espressione di contraria volontà da parte del beneficiario, realizzando così un sostanziale trattamento sanitario obbligatorio in casi in cui non é imposto (o previsto) dalla legge.”

Tribunale di Modena , Decreto del 15.09.2004, G.T. G. Stanzani

“In difetto dei proposti interventi, sarebbe elevata la probabilità di un coma iperglicemico irreversibile e comunque di danni gravissimi alla salute della persona;

- (d) che lo psichiatra che segue il caso non solo pone per il (…) la diagnosi di "disturbo delirante cronico" ma, sottolinea soprattutto, che la persona, pur parzialmente orientata nel tempo e nello spazio, dimostra, nondimeno, un'alterazione grave del rapporto col reale con menomazioni così sensibili di pensiero, volontà e condotta da renderlo privo di consapevolezza critica delle proprie malattie e delle conseguenze che gliene possano derivare;

- (e) che questo Giudice Tutelare è pervenuto ad un preciso convincimento in tal senso quando ha sentito l'interessato e che l'Amministratore nominato è giunto anch'esso alla conclusione che (…) esprime un dissenso che non si fonda su una cosciente valutazione critica della situazione patologica in cui versa e delle conseguenze che gliene deriverebbero qualora non vi si ponesse rimedio;

- (f) che, conclusivamente, il convincimento appare in linea col criterio enunciato al precedente punto (3) sub (c) e, per l'effetto, l'originario incarico alI'Amministratore va integrato del compito (art. 405, n. 3 c.c.) di esprimere, in nome e per conto del beneficiario, il consenso ai trattamenti sub 1 (f) con adozione delle iniziative e delle misure idonee a renderli effettivi.”

In occasione della decisione relativa alla concessione dell’autorizzazione a esprimere la negazione del consenso alle terapie trasfusionali per il coniuge, testimone di Geova, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi in tema di validità e vincolatività delle direttive anticipate relative alle cure mediche.

Corte di Cassazione Civile, sez. I , 7 giugno 2017 n. 14158

“Deve, di conseguenza, essere accertato se il provvedimento di rigetto dell'istanza della (…) di essere autorizzata, in qualità di amministratrice di sostegno del marito, ad esprimere il dissenso verso determinati trattamenti terapeutici possa essere ritenuto decisorio. Preliminarmente deve osservarsi che la designazione della ricorrente come amministratrice di sostegno del marito è stata compiuta sulla base del paradigma normativo fissato nell'art. 408 comma 1, c.c., che prevede che "l'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato in previsione della propria eventuale futura incapacità". Tale designazione anticipata non ha la mera funzione della scelta del soggetto cui, ove si presenti la necessità, deve rivolgersi il provvedimento di nomina del giudice tutelare (salvo il limitato potere di deroga dalla designazione previsto dalla norma stessa "in presenza di gravi motivi") ma ha anche la finalità di poter indicare delle direttive, quando si è nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere all'amministratore di sostegno designato, qualora si prospetti tale nuova condizione del designante.

La scelta del soggetto è eziologicamente collegata alle direttive sopra richiamate così come è confermato, nella specie, dal documento ritualmente allegato che s'intitola espressamente "Direttive anticipate relative alle cure mediche con contestuale designazione dell'amministratore di sostegno" e che contiene nel dettaglio l'indicazione delle terapie e dei trattamenti da accettare e rifiutare in virtù della fede religiosa specificamente richiamata nella dichiarazione (punti 2, 3, 4, 5). Nel punto 10 viene prescelta la ricorrente, con espresso riferimento alla facoltà di designazione ex art. 408 cod. civ., all'esclusivo fine di far rispettate le direttive sopra indicate anche in ordine a procedure mediche che prevedano l'uso del proprio sangue (punto 4 lettera c). Invero, la domanda della B. di autorizzazione ad esprimere la negazione del consenso alle emotrasfusioni era la ragione fondante dell'istanza stessa di apertura dell'amministrazione di sostegno, e risultava quindi ad essa strettamente e inscindibilmente legata. È stato proprio per far rispettare la volontà e i desideri del (…) che la (…), poco dopo il grave infortunio subìto dal marito, ha presentato in via d'urgenza ricorso per essere nominata sua amministratrice di sostegno. Del resto, l'art. 408 c.c., riconosce espressamente la possibilità della designazione preventiva di un amministratore di sostegno come esplicazione del principio di autodeterminazione personale, che mira a valorizzare il rapporto di fiducia interno al designante e alla persona scelta, la quale sarà tenuta ad esprimere le intenzioni del primo, se risultano esternate ad integrazione dell'atto, circa gli interventi di natura patrimoniale e personale che si rendessero necessari all'avverarsi di quella "futura" condizione di incapacità (Cass. 23707/2012).

Ne consegue che l'apertura, la designazione e l'istanza volta a far valere le direttive sopraindicate, riguardanti l'esercizio di diritti fondamentali quali quello all'autodeterminazione nelle scelte sanitarie (art. 32 Cost.) e al rispetto delle proprie convinzioni religiose (art. 19 Cost.) sono inscindibilmente legati ed hanno sicuramente natura decisoria. Inoltre, il decreto che ha rigettato l'istanza della B. è esattamente quello con cui il giudice tutelare ha disposto l'apertura dell'amministrazione di sostegno in favore del marito, benchè il reclamo non fosse diretto all'apertura della procedura in sè, ma unicamente alla mancata autorizzazione a far rispettare le volontà del M.. La richiamata natura decisoria di questa specifica statuizione avrebbe dovuto indurre la Corte d'appello a non declinare la propria competenza e a pronunciarsi nel merito della richiesta autorizzazione a non consentire le terapie escluse dalle direttive anticipate ed in particolare nella specie quelle trasfusionali. Tale carattere deriva proprio dalla diretta incidenza su diritti fondamentali della persona, quale, innanzitutto, il diritto alla salute, che secondo l'art. 32, 2 comma, Cost., prevede in senso preminentemente volontario il trattamento sanitario, in coerenza con i principi fondamentali e indeclinabili d'identità e libertà della persona umana di cui agli artt. 2 e 13 Cost. (Cass. 23707/2012). Come ben illustrato dalla ricorrente, ciò assume connotati ancora più forti, degni di tutela e garanzia, laddove la scelta o il rifiuto del trattamento sanitario rientri e sia connesso all'espressione di una fede religiosa, il cui libero esercizio è sancito dall'art. 19 Cost.: è noto, invero, che il dissenso dei Testimoni di Geova alle emotrasfusioni, anche in caso di pericolo di vita, ha alla sua base una motivazione religiosa e ideologica. A ciò si aggiunga che il principio dell'autodeterminazione individuale è riconosciuto e tutelato diffusamente anche a livello internazionale: si richiamano al riguardo gli artt. 8 e 9 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che tutelano rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di pensiero, di coscienza e di religione; e gli artt. 5 e 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (recepita in Italia con L. n. 145 del 2001), in forza dei quali l'intervento in campo sanitario può essere effettuato solo sul presupposto del consenso libero e informato del paziente e tenendo in considerazione i desideri dallo stesso precedentemente espressi qualora si trovi in stato di incapacità.

La situazione giuridica in questione assume quindi il rango di diritto personalissimo, e ogni provvedimento giurisdizionale che vi incida possiede in re ipsa una dimensione decisoria”.

L’esercizio del diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario nel rispetto delle norme codicistiche, fra queste l’art. 5 c.c., del diritto costituzionale e dei codici deontologici in vigore, ha ricevuto compiuta disciplina con l’entrata in vigore della legge n. 219 del 2017.

Tribunale di Modena, decreto 18 gennaio 2018, G.T. Masoni

“E’ noto come si possa prescindere dal consenso informato del paziente in materia medicosanitaria in presenza di situazioni di urgenza, ovvero, di uno stato di necessità ed a fronte di una condizione di incoscienza della persona. In tal caso, in forza del codice di deontologia medica (art. 36: “il medico assicura l’assistenza indispensabile in condizioni di urgenza e di emergenza nel rispetto delle volontà espresse tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento se manifestate”) l’operazione compiuta dal personale sanitario è scriminata ex art. 54 c.p. ed ex art. 2045 c.c. Analogamente, dispone l’arti. 1, comma 7, della l. 22 dicembre 2017, n. 219, (pubblicata sulla G.U. n. 12 del 16 gennaio 2018), non ancora entrata in vigore (nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze  consentano di recepirla).”

La legge n. 219 del 22 dicembre 2017, recante norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, prevede, all’art. 3 (rubricato minori e incapaci) comma 4° che “Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere.”

Corte Costituzionale, Sentenza n. 144/2019

All’indomani dell’entrata in vigore della legge 22.12.2017, n. 219 il Giudice Tutelare del Tribunale di Pavia sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 commi 4 e 5 della menzionata legge nella parte in cui stabilisce che l’AdS, la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario - in assenza di disposizioni anticipate di trattamento - possa rifiutare, senza l’autorizzazione del Giudice, le cure necessarie al mantenimento in vita del beneficiario.

Secondo l’interpretazione fornita, tale potere di natura potenzialmente incondizionata ed assoluta sarebbe stato in contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.

Nel merito, le questioni di legittimità non sono fondate.

“Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, le norme censurate non attribuiscono ex lege a ogni amministratore di sostegno che abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario anche il potere di esprimere o no il consenso informato ai trattamenti sanitari di sostegno vitale.

Nella logica del sistema dell’amministrazione di sostegno è il giudice tutelare che, con il decreto di nomina, individua l’oggetto dell’incarico e gli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario. Spetta al giudice, pertanto, il compito di individuare e circoscrivere i poteri dell’amministratore, anche in ambito sanitario, nell’ottica di apprestare misure volte a garantire la migliore tutela della salute del beneficiario, tenendone pur sempre in conto la volontà, come espressamente prevede l’art. 3, comma 4, della legge n. 219 del 2017. Tali misure di tutela, peraltro, non possono non essere dettate in base alle circostanze del caso di specie e, dunque, alla luce delle concrete condizioni di salute del beneficiario, dovendo il giudice tutelare affidare all’amministratore di sostegno poteri volti a prendersi cura del disabile, più o meno ampi in considerazione dello stato di salute in cui, al momento del conferimento dei poteri, questi versa. La specifica valutazione del quadro clinico della persona, nell’ottica dell’attribuzione all’amministratore di poteri in ambito sanitario, tanto più deve essere effettuata allorché, in ragione della patologia riscontrata, potrebbe manifestarsi l’esigenza di prestare il consenso o il diniego a trattamenti sanitari di sostegno vitale: in tali casi, infatti, viene a incidersi profondamente su «diritti soggettivi personalissimi»”.

Corte di cassazione civile, sez. VI, ord. 22 febbraio 2021 n. 4733

“La prospettiva per cui la capacità è la regola e l'incapacità l'eccezione è corroborata, poi, dalla previsione di una generale capacità in capo al beneficiario sancita dalla L. 22 dicembre 2017, n. 219, in materia di consenso informato, la quale, all'art. 3, stabilisce che "nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere". Il legislatore, dunque, ha confermato un traguardo della dottrina e della giurisprudenza nel prevedere che il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno, la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario. Si evince dalla lettura a contrario della disposizione che, allorché il decreto non includa le scelte sanitare tra i poteri rappresentativi o di assistenza dell'amministratore, la capacità rimane intatta in capo al soggetto beneficiario di amministratore di sostegno.”

Nel caso in cui l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti legittimati ad introdurre il procedimento di amministrazione di sostegno o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria (art. 3 comma 5 L. 219/2017).

Disposizioni peculiari sono entrate in vigore nel periodo pandemico per fronteggiare i rischi connessi alla diffusione del Covid-19. Il decreto legge n 172 del 18 dicembre 2020 prevede la possibilità che, nel caso di incapacità naturale ed in assenza di soggetto legittimato per l’interessato, ricoverato in struttura residenziale, il responsabile della stessa residenza ovvero il direttore sanitario assumano la funzione di amministratore di sostegno al solo fine della prestazione del consenso per le vaccinazione anti Covid ivi contemplate (la medesima funzione verrà assunta, per i soggetti in stato di incapacità naturale, non ricoverati, dal direttore sanitario della ASL o da un suo delegato).




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