Una recente e importante sentenza del Tar Puglia (Lecce, sez. III, 20 febbraio 2023, n. 256), ha affermato un principio fondamentale: il paziente può recarsi all’estero, chiedere il rimborso delle spese sostenute all’ASL competente per territorio e non dover dimostrare che il trattamento avrebbe potuto essere ottenuto anche in Italia. Incombenza che spetta all’ASL medesima.
Come è noto, la Direttiva 2011/24 ha sancito la libertà per tutti i cittadini-pazienti europei di potersi recare all’estero per poter fruire di cure, servizi e trattamenti sanitari, in specie quando questi non siano disponibili nei paesi di affiliazione. Una delle condizioni che anche la Corte europea di giustizia ha ribadito è quella relativa alla presenza di trattamenti similari nel Paese di affiliazione, che impedirebbero quindi la scelta di recarsi all’estero.
Nel caso di specie, l’Amministratore di sostegno di un paziente, che era stato già curato e assistito in alcuni centri di eccellenza in Italia, ha individuato in un centro di eccellenza in Austria un presidio ospedaliero in grado di trattare in modo adeguato la patologia del paziente, contribuendo a migliorarne le condizioni del paziente.
Conseguentemente, l’Amministratore di sostegno ha richiesto l’autorizzazione all’Asl competente: quest’ultima, nonostante abbia riconosciuto che il centro all’estero ha offerto al paziente “complesse metodiche di alta specializzazione” ha negato la predetta richiesta di autorizzazione e/o rimborso delle cure mediche di neuroabilitazione già sostenute per la mancanza di prova dell’impossibilità del servizio sanitario nazionale di erogare cure pari a quelle ottenute all’estero.
Alla luce del contesto sopra brevemente descritto, i giudici amministrativi hanno evidenziato quanto segue:
Accogliendo il ricorso dell’Amministratore di sostegno, il Tar Puglia ha confermato le previsioni contenute nella Direttiva 2011/24 sul diritto dei pazienti a fruire di cure sanitarie all’estero. In questo senso, l’art. 8, par. 2 della Direttiva prevede che le cure transfrontaliere siano assoggettate ad autorizzazione preventiva nei casi in cui l’assistenza sanitaria:
Le disposizioni della Direttiva sopra citata sono state trasposte nel d. lgs. n. 38/2014, che ha confermato che le autorità sanitarie competenti non possono negare l’autorizzazione preventiva quando l’assistenza sanitaria richiesta dal paziente quando la prestazione oggetto della richiesta di autorizzazione non può essere prestata sul territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, sulla base di una valutazione medica oggettiva dello stato di salute del paziente, dell’anamnesi e del probabile decorso della sua malattia, dell’intensità del dolore e della natura della sua disabilità al momento in cui la richiesta di autorizzazione è stata fatto o rinnovata. Qualora l’ASL disponga per il diniego all’autorizzazione, il provvedimento negativo deve risultare adeguatamente motivato e qualora l’autorizzazione preventiva venga negata in ragione di una prestazione analoga ottenibile senza ingiustificato ritardo presso una struttura afferente al SSN, l’ASL deve individuare e comunicare al richiedente il prestatore di assistenza sanitaria in grado di erogare sul territorio nazionale la prestazione richiesta.
La sentenza de qua, quasi dopo dieci anni dalla sentenza Petru (C-268/13, Elena Petru contro Casa Judeţeană de Asigurări de Sănătate Sibiu e Casa Naţională de Asigurări de Sănătate) ha dunque affermato il diritto dei pazienti a recarsi all’estero per fruire di cure sanitarie adeguate, immediate e funzionali a migliorare il loro stato di salute.