La co-progettazione, così come disciplinata dall’art. 55 del Codice del Terzo settore, è “la procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria” (Corte costituzionale, sentenza n. 131 del 2020).
E’ indubitabile che la sentenza n. 131 del 2020 costituisca uno stimolo, un supporto e un parametro su cui fondare l’azione delle amministrazioni pubbliche e degli Enti del Terzo settore, in particolare in quanto la pronuncia in parola ha legittimato l’equiordinazione tra co-progettazione e procedure competitive, che il parere consultivo del Consiglio di Stato del 2018 aveva messo in dubbio.
Nonostante l’art. 55, la sentenza n. 131, le numerose leggi regionali, che, a seguito dell’approvazione del Codice del Terzo settore, si sono susseguite in questi anni, nonché i numerosi (ormai) regolamenti di enti locali e aziende sanitarie che disciplinano i rapporti giuridici con gli Enti del Terzo settore, si assiste ancora – e i casi non sono così infrequenti – ad un utilizzo della co-programmazione e della co-progettazione quali procedure marginali, eccezionali, forse addirittura residuali, rispetto a quelli più invalsi e conosciuti.
Residualità, marginalità, eccezionalità che derivano anche da una mancanza di conoscenza approfondita ovvero da una interpretazione errata degli istituti giuridici previsti dal Codice del Terzo settore. E dall’assenza di conoscenza o, peggio, dal pregiudizio nei confronti di uno strumento spesso conseguono diffidenza, dubbi applicativi, nonché, forse, anche indifferenza, che rischiano di minare alla radice l’essenza stessa dei percorsi collaborativi.
A contribuire a chiarire il “campo di azione” delle procedure di co-amministrazione rispetto a quelle competitive è intervenuto il Presidente dell’ANAC, con nota del 6 novembre 2024. La nota, che reca come oggetto “indicazioni sul regime di trasparenza dei contratti inerenti ai servizi sociali”, ha il prego, inter alia, di ricordare che i servizi in oggetto rappresentano una “categoria eterogenea di contratti alcuni dei quali sono del tutto assoggettati alla disciplina del Codice dei contratti, altri sono estranei, altri ancora esclusi dal d. lgs. n 36/2023”.
Quando si è in presenza di rapporti giuridici estranei alla disciplina concorrenziale (co-programmazione, co-progettazione e convenzionamento) o esclusi (autorizzazione e accreditamento), alle relative procedure non si applicano le regole generali in materia di trasparenza (cfr. artt. 37 d. lgs. 33/2013 e 28 d. lgs. 36/2023). Qual è dunque la disciplina ad esse applicabile? Il comunicato è chiaro in proposito: si applicano le disposizioni contenute nel Codice del Terzo settore.
Sebbene queste ultime definiscono un preciso regime di trasparenza per gli Enti del Terzo settore, finalizzato a rendere conoscibile “l’operato e le attività realizzate dalle amministrazioni e dagli enti negli specifici ambiti a cui i contratti in questione si riferiscono”, esse individuano un regime diverso da quello previsto dall’art. 37 d. lgs. n. 33/2013.
Anche dal Comunicato del Presidente dell’Anac può essere tratta una “lezione” importante. Le pubbliche amministrazioni sono sollecitate a predisporre gli avvisi di co-amministrazione in maniera adeguata e coerente con gli obiettivi che l’amministrazione procedente intende perseguire. La predisposizione richiede, necessariamente, anche l’analisi e la conoscenza del contesto in cui le azioni e i progetti oggetto della co-progettazione sono collocali. Nello specifico, occorre che la pubblica amministrazione procedente abbia chiaro, ex ante e fin dall’inizio, se quanto ritiene di “conseguire” con la procedura è l’erogazione di un servizio ovvero la messa a disposizione di un prodotto, che, sul mercato potrebbe anche risultare maggiormente competitivo. In quest’ottica, dunque, non si tratta di comparare in astratto le procedure concorrenziali con quelle cooperative. Al contrario, è dirimente interrogarsi su quale obiettivo si intende raggiungere e, conseguentemente, presentare la partecipazione e il coinvolgimento degli enti del terzo settore, quale “valore aggiunto”, capace di rafforzare la coesione e l’inclusione sociale. Profilo questo più volte rimarcato anche dai giudici di Lussemburgo che, in contesti diversi (si trattava del trasporto sanitario di emergenza e urgenza), hanno, comunque, individuato nella coesione sociale e nel principio solidaristico le due componenti che possono legittimare il ricorso agli istituti giuridici cooperativi in luogo di quelli competitivi.
Nella cornice sopra descritta, allora, merita attenzione la particolare circostanza che i servizi sociali costituiscono una “categoria eterogenea” di contratti. Proprio in ragione degli obiettivi che le pubbliche amministrazioni intendono perseguire attraverso l’organizzazione, gestione ed erogazione dei servizi sociali, questi ultimi assumeranno una specifica “fisionomia”: competitiva, collaborativa ovvero “mista”. Alle amministrazioni pubbliche la decisione in ordine alla loro funzione, segnatamente, di stazioni appaltanti, di amministrazioni procedenti ovvero di soggetti che interloquiscono con Enti del Terzo settore accreditati a livello regionale.