Una donna stava seduta osservando la pietra liscia e piatta che teneva fra le mani: era chiara, le piaceva.
Poi venne l’altra donna, si sedette in un canto, non vicino, non lontano, anche lei osservava con compiacimento una pietra che rigirava fra le mani: era quasi uguale all’altra solo aveva una sfumatura verde che la faceva rilucere al sole.
La prima donna sbirciò verso l’altra, la guardò con un quieto interesse, finché non scorse il riverbero verde fra le sue mani. Mosse allora la sua pietra, che brillò anch’essa, ma con un colore più timido, più grazioso e però meno potente.
Nel frattempo anche la seconda donna osservava l’altra e la sua pietra. Oh, come le parve più bella, più desiderabile… Era stanca di quel verde che attirava l’attenzione, che talvolta addirittura la feriva con un raggio di luce negli occhi.
Come obbedendo a un comando entrambe le donne si alzarono in piedi e ognuna tese all’altra la pietra. Sorridendo si scambiarono i loro gioielli. Si sedettero un poco più vicine e furono contente, contente dello scambio: pareva loro di aver raggiunto ciò che più avessero desiderato.
Passò poco tempo però che la prima donna desiderò di avere entrambe le pietre, guardò l’altra che invece, quieta come il colore della sua pietra, sedeva a occhi chiusi, scaldando il suo piccolo tesoro fra le mani.
La prima donna sentiva montare in sé un desiderio grande, così grande non l’aveva mai conosciuto perché mai aveva desiderato tanto qualcosa.
Si accostò all’altra, la scosse lieve per la spalla, quella aprì gli occhi, guardò la pietra che la donna le porgeva, allora per imitazione aprì anche il suo palmo, ma quando l’altra fece per afferrare la sua pietra, chiuse forte la mano e si alzò. Si sedette più lontano e non chiuse più gli occhi.
La prima donna capì che per avere entrambe le pietre doveva offrire qualcosa in cambio, non potevano certo continuare a scambiarsi le stesse pietre e lei non desiderava la pietra e tutta quella mano che la teneva, mano che apparteneva a un corpo che lei non desiderava. Lei voleva due pietre.
Cosa poteva offrire in cambio?
Non possedeva nulla, solo quella pietra. Si guardò intorno, mentre l’altra osservava solo lei.
Infine la donna che bramava entrambe le pietre, presa dalla rabbia affondò la mano nel terreno umido e ne trasse a sé una zolla. Si accorse che la zolla pareva viva e in convulso movimento. Scorse quasi subito gli animaletti, li conosceva bene sapeva che dove essi albergavano la terra era scura, umida, fertile.
Quella terra era preziosa, brulicava di lombrichi, lunghi, lucidi, vivaci.
Si stupì di non averci pensato prima, forse era perché i lombrichi un po’ le facevano ribrezzo, erano scivolosi e ciechi, si muovevano come un’onda vischiosa di bava di animale, come sangue vischioso uscito da una ferita. Insomma sapeva che erano importanti, ma non le erano mai piaciuti.
Preoccupata si disse che, se non piacevano a lei, nemmeno sarebbero piaciuti all’altra donna che infatti la osservava curiosa.
Il desiderio della pietra era però così forte che decise di tentare il tutto per tutto.
La prima donna si avvicinò con la mano colma di quella terra viva e brulicante, la cacciò sotto gli occhi dell’altra e le toccò la mano che stringeva la pietra.
Con suo stupore la mano si aprì, lei si prese la pietra e lasciò la zolla.
Altre donne avevano assistito alla scena.
Da allora fu un continuo e proficuo scambio di oggetti, cibi, favori pagati con zolle sempre più grandi, sempre più numerose purché vive e abitate da lombrichi ciechi, forse, ma ora rispettati, coccolati, custoditi come non mai.
In ogni casa brulicavano, si contorcevano, strisciavano i grossi lombrichi, si finiva per trovarli a camminare sui cibi o, peggio, si doveva condividere con essi i propri giacigli.
Qualcuno faceva molta fatica a mantenere questa comunanza, ma i lombrichi erano troppo preziosi. Poiché, in fondo, di vermi ce n’era in abbondanza, cominciarono le distinzioni: chi li voleva non sotto una certa lunghezza, almeno due palmi; chi li voleva molto vivaci; chi di una certa sfumatura marrone.
La terra era tutta buchi, la terra si seccava, impoverita, i lombrichi talvolta tentavano la fuga verso le zolle in campo aperto perché lì era il loro senso, lì l’istinto li chiamava.
Nonostante questi inconvenienti le cose andavano proprio bene, ognuno poteva avere quel che desiderava, talvolta accadeva che uno stesso monile piacesse a più persone, prevaleva chi aveva il lombrico più lungo o più gradito al venditore, ma per gli altri si creavano altre occasioni.
Nelle zolle impoverite talvolta grovigli di piccoli lombrichi scartati trovavano la morte, li si guardava contorcersi fino alla fine, dispiaceva vedere quella ricchezza sprecata così, ma altri sopravvivevano e diventavano lombrichi grandi, forti, adatti al commercio.
Pareva che tutto ruotasse intorno ai lombrichi, questi invece di scavare buche nel terreno si muovevano strisciando sugli uomini distesi, mentre questi dormivano si acquattavano sui loro visi, indugiavano nei loro piatti, riposavano nelle loro ciotole e a tutti questo ormai pareva quasi normale.
La giornata era scandita dagli scambi, dalla scelta dei lombrichi e dall’osservazione della loro morte o della loro sopravvivenza.
Alla fine non c’era più nulla da scambiare e molti tornarono in possesso delle loro antiche cose, perché ormai amavano lo scambio oltre ogni cosa, persino più dell’oggetto scambiato.
Un giorno le due donne si ritrovarono quasi nella stessa posizione di tanto tempo prima ognuna aveva una pietra, la stessa, si guardarono, osservarono le pietre in una mano, le zolle brulicanti di lombrichi nel proprio cesto, ma non si mossero.
Perché avere più zolle — si chiedevano — perché la stessa pietra?
A rompere questo cerchio perfetto e calmo, giunse un uomo. Guardò le due donne e le soppesò, era in cerca di una compagna.
Veniva da lontano, gli parvero entrambe desiderabili, ma era tenuto lontano dalle zolle, era uno cui inspiegabilmente i lombrichi non piacevano.
Si avvicinò alla prima donna, la guardò e senza curarsi né delle zolle né della pietra, passò alla seconda donna; da vicino questa gli parve più bella.
Tornò dalla prima donna, con un gesto le chiese il sasso, quella tese la mano con la pietra e il cesto con i vermi, l’uomo rimbalzò indietro, poi capì. Diede una manata alla zolla liberando finalmente i poveri lombrichi, tutti i presenti lo circondarono minacciosi, ma lui trasse dalla sua pania una piccolissima scheggia gialla e lucente. Non era una pietra, non era un verme, era un raggio di sole. Come aveva potuto catturarlo? Ancora non poteva sapere che quella cosa sconosciuta e bella si chiamava oro.
La donna scacciò i vicini importuni e prese la scheggia di sole, dimenticando la pietra che tanto aveva bramato.
L’uomo le sorrise, ma si volse con la pietra verso l’altra donna, la prese per mano e si allontanò con lei. L’uomo aveva trovato la compagna che cercava, la donna aveva due pietre bellissime e un futuro inaspettato.
La prima donna, invece, restò sola con la scheggia di sole, accerchiata dagli altri che bramavano la sua luce, giaceva dimentica della vita, innamorata dell’oro. Era ammalata d’uno strano tipo d’amore che l’avre