Cultura, società  -  Maria Rita Mottola  -  06/08/2024

6 agosto 1945 Hiroshima - 6 agosto 1928 Warhol. Sono solo scatolette?

Il titolo appare quasi blasfemo. L’intento ovviamente è quello di stupire anche indignare nella speranza che, contrariamente al solito, si voglia approfondire.

Oggi 6 agosto.

Il 6 agosto 1945 veniva sganciata dall’aviazione degli Stati Uniti d’America, per intenderci quel paese che viene definito la più grande democrazia occidentale,  Little Boy la  bomba Mk.1, costruita nell’ambito del progetto Manhattan.

 Il 6 agosto 1928 nasceva in Pennsylvania Andrew Warhola, terzo figlio di una coppia di immigrati slovacchi. Si ammalò per un’infezione di una rara malattia che lo portò in ospedale per lunghi periodi ove si dedicò al disegno. E diventò Andy Warhol.

Il 6 agosto 1945 Claude Eatherly, pilota e meteorologo, texano di 27 anni sganciò la prima bomba atomica della storia, su Hiroshima, lasciò l’esercito, rifiutò qualsiasi riconoscimento al valore da parte degli Stati Uniti, iniziò piccole azioni criminali. Desiderava che tutti lo biasimassero perché non voleva essere onorato come un eroe per l’orrore che aveva scatenato.

Un passo indietro il 20 giugno del 1945 l’imperatore del Giappone chiese al Consiglio dei ministri di porre fine alla guerra il più presto possibile così fu inviato il principe Konoye a Mosca per trattare e ottenere la pace a qualsiasi costo, anche con una resa incondizionata.

Il presidente Truman non aveva alcuna intenzione di porre fine alla guerra il suo primo scopo era evitare che l’URSS avanzasse rivendicazioni in Medio Oriente. Del resto, lo scopo vero del Progetto Manhattan era stato, fin dal suo inizio, quello di “sottomettere i russi” (Vi ricorda qualcosa?).

A volte parlano e così l’ammiraglio Leahy, capo di Stato Maggiore sotto il presidente Roosvelt dichiarò «Gli scienziati ed altri volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che erano state investite nel progetto: due miliardi di dollari». Uno dei più alti ufficiali del Progetto Manhattan è stato ancora più esplicito: «Era importante che la bomba atomica fosse un successo. Si era speso tanto per costruirla… Tutte le persone interessate provarono un sollievo enorme quando la bomba fu finita e sganciata».[1]

Ecco ora mettete a confronto le reazioni di scienziati e tecnici, militari, politici e industriali, che partecipavano al progetto Manhattan e quelle del ragazzo texano. Chi vi sembra umano? Lo scienziato che gioisce per il successo di aver ucciso e martoriato un’intera città o il giovane pilota che si disprezza così tanto da voler provocare il disprezzo della società su di sé per rendere più accettabile la propria colpa?

La scelta di rappresentare le lattine di zuppa Campbell è profondamente simbolica. Warhol ha affermato che durante la sua infanzia, la zuppa Campbell’s era una delle poche cose che la sua famiglia poteva permettersi di comprare regolarmente.

L’arte di Warhol è “democratica”, riproducibile – le tele si differenziano poco una dall’altra e neppure fatte dal maestro (ne ho conferma diretta da un amico artista ma non posso ovviamente farne il nome). L’esaltazione del quotidiano in una società consumistica (come si diceva allora) ove i beni di consumo si diffondono e sono tristemente uguali a sé stessi.

Se fosse vero che l’arte di Warhol ha avuto una forte rilevanza culturale e provocatoria contro la produzione di massa e il consumismo americano, figlio del liberismo economico statunitense, non dovremmo trovarci a questo punto. O l’arte non ha più il potere di aiutare l’uomo a migliorare sé stesso e  influenzare la società o vi erano ben altre spinte “culturali” a ridurre l’arte a una ombra di sé.

L’artista trasforma il quotidiano in arte. Ma il suo intento certamente rivoluzionario nell’ambiente artistico che cosa porta? Alla esaltazione del normale, alla rappresentazione iconica ma non sublime della bellezza (Marylin Monroe).

La rivoluzione artistica è stata rivoluzione sociale? O, meglio, è stata evoluzione? Rivoluzione ma non evoluzione, rivoluzione verso il basso con appiattimento dei valori e degli obiettivi. Il quotidiano si sublima ma il sublime dove lo troviamo? Non più nell’arte, non più nella musica, non più nell’incontro con il senza tetto a Central Park che pur troviamo in alcune immagini fotografiche di Berenice Abbott (ma lei nacque  alla fine dell’Ottocento).

L’uomo lo ritroviamo  nei reportage di denuncia sociale di Sebastião Salgado. Ma non è il sublime, non è il fatto a immagine e somiglianza, è la forza dell’ingiustizia che è altro.

Torniamo al nostro pilota texano. Ricoverato in ospedale psichiatrico ricevette una lettera che diete il via a un carteggio con Günther Anders. Il filosofo era ben consapevole che quell’uomo avrebbe potuto cambiare veramente la storia cambiando il nostro modo di pensare e di percepire l’etica. Egli rappresentava la prova vivente che “la crisi in cui siamo tutti implicati esige un riesame approfondito di tutto il nostro schema di valori e di obbligazioni”.

Così scrive in una lettera il filosofo ebreo polacco: “Perciò è altrettanto urgente, se non addirittura più urgente, cambiare tutta l’atmosfera, la mentalità generale, l’opinione pubblica in cui e in mezzo alla quale vivono gli scienziati. Questo nuovo atteggiamento, che noi (Lei come me) cerchiamo di produrre, deve diventare così generale e diffuso che i fisici che seguiteranno a lavorare allo sfruttamento militare di progetti atomici finiscano per sentirsi circondati da un mondo ostile, da un mondo che li considera come nemici, dispregiatori di ogni valore e distruttori potenziali dell’umanità".  [2]

L’arte “democratica e rivoluzionaria” non aveva compreso che era indispensabile “isolare” gli scienziati che lavoravano senza più valori, senza più etica. Senza vergogna di sé. L’arte “democratica e rivoluzionaria” criticava il consumismo che è “il frutto” del liberismo ma non il liberismo nel quale gli artisti hanno continuato a vivere, immersi in una realtà sempre più virtuale, o sarebbe meglio chiamarla con il suo aggettivo proprio una realtà “falsa e falsificata”.

Gli scienziati hanno continuato a operare senza vergogna perché indispensabili al liberismo “dal volto umano”, e con le mani grondanti di sangue.

La vera rivoluzione è in quel carteggio di due uomini diversi e attratti dal medesimo amore per l’umanità. Un filosofo e un aviatore. Loro erano la vera rivoluzione.

Se solo li avessimo ascoltati…

6 agosto 2024.

[1]  B. Liddel Hart, La seconda guerra mondiale in Storia del mondo moderno, XII, Garzanti, Milano 1971

 [2] Günther Anders L'ultima vittima di Hiroshima. Il carteggio con Claude Eatherly, il pilota della bomba atomica, nuova edizione rivista e aggiornata di La coscienza al bando (con introduzione di Bertrand Russell e Robert Jungk), a cura di Micaela Latini, Mimesis, Milano-Udine (2016).

 




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