Il giudice del Tribunale di Trieste Edoardo Sirza ha ordinato all'Asugi di accertare entro 30 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza se sussistano le condizioni previste dalla sentenza Cappato della Corte costituzionale (del 2019) per accedere al suicidio assistito: verifiche chieste dalla 55enne triestina "Anna", nome di fantasia scelto per ragioni di privacy. La donna, affetta da sclerosi multipla, chiede da tempo di poter mettere fine alle proprie sofferenze: la patologia è considerata irreversibile, non ci sono cura né terapie. Il 4 novembre aveva chiesto di accedere alla verifica delle sue condizioni per la morte assistita ai sensi della sentenza della Corte costituzionale, ma non avendo ottenuto risposta nei tempi sperati ha dato mandato all'avvocato Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'associazione Luca Coscioni, e al collegio legale costituito, di avviare la procedura «contro le inadempienze dell'Azienda sanitaria» con un ricorso d'urgenza.
Il giudice ordina all'Asugi di verificare se nel caso di "Anna" ci siano i tre requisiti principali indicati nella sentenza del 2019 per concedere il suicidio assistito: il malato deve essere mantenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; la patologia deve essere irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psichiche ritenute dal malato intollerabili; la persona deve essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Nell'ordinanza si sottolinea che «l'Asugi non ha adempiuto ai propri obblighi di tutela del diritto alla salute». Il giudice ha condannato l'Azienda a rifondere metà della spese processuali e, qualora trascorressero più di 30 giorni senza adempiere all'accertamento, a pagare 500 euro per ogni giorno di ritardo.
Un équipe di medici dell'Asugi dovrà visitare "Anna" e poi stilare una relazione in cui si indicherà se sussistano i tre requisiti. A quel punto servirà, come rimarca il giudice, il parere del «Comitato etico territorialmente competente». Infine, in caso di via libera, i medici individueranno il farmaco, dosi e modalità di somministrazione.
Secondo l'ordinanza l'Azienda ha sbagliato nel chiedere già nei mesi scorsi un parere su competenze e percorso da seguire al Comitato etico unico regionale del Fvg (Ceur) prima ancora di procedere all'accertamento delle condizioni di "Anna". Il parere ottenuto dal Ceur, infatti, era risultato inevitabilmente generico in assenza delle verifiche mediche che indicava di eseguire. Poi, c'è la questione annosa del vuoto normativo. Ecco cosa ha scritto il giudice: «Trincerandosi erroneamente dietro al parere del Ceur e all'assenza di una disciplina legislativa di dettaglio, l'Asugi non ha adempiuto ai propri obblighi di tutela del diritto alla salute della paziente in quanto non ha accertato se versa nelle condizioni dettagliate dalla Corte costituzionale». E poi la precisazione che il parere del Comitato dev'essere chiesto successivamente all'accertamento dei tre presupposti delineati nella sentenza del 2019: per il giudice non ha rilevanza «la genericità del parere trasmesso dal Ceur» proprio perché l'Asugi l'ha chiesto prima dell'accertamento delle condizioni della donna. «A tal proposito – si legge – non si può non sottolineare che il Ceur si è detto disponibile a collaborare con Asugi».
L'accoglimento del ricorso è stato, comunque, parziale. A differenza delle precedenti pronunce nelle Marche – i casi di Federico Carboni e "Antonio" –, dove il Tribunale aveva ordinato anche le modalità di somministrazione del farmaco, il giudice di Trieste le ha subordinate alla verifica delle condizioni del malato. Non essendo scontato l'esito dell'accertamento, non ci sono i «requisiti di attualità» per imporre all'Azienda sanitaria gli ulteriori adempimenti richiesti e, in particolare, per ordinarle di «determinare il trattamento farmacologico» e di «verificare le modalità di esecuzione del suicidio». «Si ritiene però congruo – aggiunge il giudice –, tenuto conto dell'urgenza data dalla gravità della situazione che coinvolge diritti fondamentali della persona costituzionalmente tutelati, dare un termine finale di 30 giorni».
«È significativo che il Tribunale abbia accertato il diritto costituzionalmente garantito a ottenere entro 30 giorni il completamento delle verifiche – commenta l'avvocato Gallo –. Ha anche chiarito che il parere del Comitato deve essere espresso solo dopo il completamento di tutte le verifiche da parte dell'Azienda. L'Asugi l'aveva invece erroneamente chiesto prima di procedere all'accertamento. L'Azienda è stata ritenuta inadempiente, ha disatteso una sentenza della Corte costituzionale. Fondamentale, poi, la condanna al pagamento per ogni giorno di ritardo. Il giudice ha evidenziato la necessità che siano dettati tempi certi e perentori entro cui le Aziende devono svolgere le verifiche di loro competenza, che poi è esattamente quanto chiede la nostra proposta di Legge Regionale. Tanto più in un caso come quello di "Anna", le cui condizioni stanno peggiorando. È la prima ordinanza di un giudice in Italia in materia di suicidio assistito che prevede una sanzione per il ritardo e condanna al pagamento di parte delle spese». —