C’era stata una pausa qui, il cellulare di Joseph era suonato; mi ero alzato per non disturbarlo, spostandomi verso la finestra, avevo guardato fuori.
Geneviève c’era adesso, potevo vederla accanto alla siepe di ortensie. Distante una trentina di metri.; il glicine l‘aveva coperta qualche metro indietro, due minuti prima, ecco perché non l’avevo scorta.
Nessuno accanto a lei, portava un cappello di paglia bianco, a larghe tese, con un nastro blu; aveva raggiunto ora il caprifoglio, lì vicino, accarezzava qualche foglia con le dita Sembrava uscita da un quadro di Monet, non le avrei dato più di trent’t’anni.
Trasformava il giardino la sua presenza, ne faceva qualcosa di animato. lo guardavo un po’ coi miei occhi, mi accorgevo, un po’ con quelli del marito; per entrambi avrei detto che incarnava l’essenza della femminilità, oltre il tempo e lo spazio.
E c’erano delle frasi, comunque, a echeggiarmi nella testa, che mi riportavano alla realtà: ‘‘Neanche a sfiorarla riusciresti, una creatura del genere’’, ‘’Mai accadrà che ti stringa fra le sue braccia’’.