-  Santuari Alceste  -  04/11/2014

SI ALLA SOCIETA MISTA PER LA FARMACIA COMUNALE ANCHE SENZA FARMACISTI DIPENDENTI – Cons. St. 5389/14 – A. Santuari

-- Pubblica amministrazione

- Una regione ha contestato la possibilità di ricorrere alla società mista senza farmacisti dipendenti per la gestione della farmacia comunale

- Il Consiglio di Stato ha confermato, invece, le ragioni del comune

 

Un comune aveva presentato ricorso al Tar Campania contro la decisione da parte della Regione Campania di non eseguibilità della deliberazione del comune di costituire una società mista per la gestione della farmacia comunale in assenza di farmacisti gestori di farmacie comunali. La Regione riteneva tale scelta in contrasto con la previsione dell"art. 9, l. n. 475 del 1968, atteso che le forme di gestione della farmacie comunali consentite dalla legislazione in materia sono "unicamente quelle previste dall"art. 10 L. n. 362 del 1991" e cioè: in economia; a mezzo di azienda speciale; tramite consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari; a mezzo di società di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestano servizio presso le farmacie di cui il Comune abbia la titolarità.

 

I giudici amministrativi campani (cfr. Tar Campania – Sez. staccata di Salerno – Sez. I, n. 01729/2011) hanno accolto il ricorso di parte comunale, evidenziando che "i Comuni possono scegliere di gestire una farmacia comunale mediante la costituzione di una società a capitale pubblico/privato senza che sia ostativa la circostanza della mancanza di farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie comunali".

 

Contro la sentenza ha proposto appello la Regione Campania che, tra l"altro, ha dedotto la non applicabilità della forma di gestione mista della farmacia comunale, ai sensi dell"art. 9 della legge n. 475 del 1967 e successive modificazioni, "stante l"assenza sul territorio di farmacisti gestori di farmacie comunali da associare nella costituenda società di capitali."

 

Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza 31 ottobre 2014, n. 5389, ha respinto il ricorso e quindi confermato la sentenza appellata, ribadendo quanto segue:

  1. la disciplina risalente in tema di farmacie di cui il comune è titolare (art. 9 della legge n. 457 del 1968, come modificato dall"art. 10 della legge n. 362 del 1991) prevedeva, tra l"altro, la possibilità di gestione "a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità";
  2. il TUEL agli artt. 112 e segg. ha disciplinato in toto la materia dei servizi pubblici locali, nel cui ambito ricade il servizio farmaceutico, prevedendo (art. 113, lett. c) fra le forme di gestione quella a mezzo i società per azioni o a responsabilità limitata con partecipazione di capitale dell"ente pubblico locale;
  3. il TUEL ha regolato l"intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l"abrogazione delle leggi interiori che regolavano le forme di prestazioni di singoli servizi, come appunto l"art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall"art. 10 della legge 1 novembre, n. 362 (cfr. Cons. St., sez. V n. 210 dell" 8 maggio 2007;.sez. III, n. 3647 del 9 luglio 2013);
  4. l"art. 23 bis, comma 1, del d.l. n.112/2008 (che ha integrato e in parte modificato la normativa prevista dall'art.113 dal Testo unico degli enti locali - successivamente modificato dal d.l. n. 135 del 2009, nel testo emendato in sede di conversione operata dalla legge n. 166 del 2009 di "Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici di rilevanza economica") ha previsto l"esclusione delle farmacie comunali dall"applicazione della disciplina ivi prevista, confermando quindi la riconduzione della gestione delle farmacie municipalizzate all"originaria regolamentazione disciplina di cui all"art. 9 legge n.475 del 1968;
  5. l"art. 23 sopra citato è stato espunto dall"ordinamento con referendum abrogativo con decorrenza 21 luglio 2011;
  6. dopo l'abrogazione in via referendaria dell'art. 23 bis sopra citato è intervenuta nella stessa materia l'art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, che al comma 34 ha nuovamente previsto l"esclusione dalla nuova disciplina sui servizi pubblici locali anche "della gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475.";
  7. con sentenza n. 199 del 2012 la Corte costituzionale ha poi dichiarato l'illegittimità delle disposizioni del citato art. 4, in quanto dirette a ripristinare norme abrogate dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall'art. 75 Costituzione;
  8. ciò ha determinato la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del d.lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici;

 

I giudici di Palazzo Spada hanno inquadrato le norme sopra richiamate quale parte di un complesso di norme attuative di principi dell'Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, "con la conseguenza che una interpretazione "esclusiva" dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968 più volte citato dall"effetto abrogativo - nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti - dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di Giustizia. (cfr. sui principi Cons. St., Sez. III, n. 3647 del 2013)".

 

Tutto ciò considerato, il Consiglio di Stato non considera l"assenza di farmacisti dipendenti di farmacie pubbliche quale condizione ostativa alla costituzione di una società a capitale pubblico e privato per la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune. Il modello della società mista pubblico-privata dunque rientra a pieno titolo tra le formule giuridico-organizzative che i comuni possono adottare, in specie dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 199 del 2012, n. 229 e 236 del 2013, per la gestione dei servizi pubblici locali e, quindi, anche delle farmacie comunali.




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