La pandemia da Covid ha prodotto danni? Ed essi sono risarcibili? Il dibattito coinvolge scienziati, giuristi, cittadini, opinionisti, vicini di casa, colleghi ed estranei, ponendoli a confronto mediante tutti gli strumenti di comunicazione disponibili: le risposte condizionano, infatti, i singoli e la collettività, l’economia e le istituzioni, la cultura e, in definitiva, le prospettive dell’umanità.
L’ottimismo ci sospinge verso l’ipotesi di una restituzione integrale di quanto abbiamo perduto, mentre il pessimismo ci propone visioni distopiche: ad esempio, una fiction televisiva ha immaginato che una Corte suprema avrà l’assoluto potere di avocare, istruire e giudicare qualunque caso avvenuto nei giorni del virus, al cospetto dell’intera nazione, collegata in diretta, legittimata ad esprimere la propria opinione e tenuta lontana dal pensiero della malattia, della miseria o della critica contro la classe dirigente (Angmapansa, Corea del Sud, 2021).
Queste suggestioni ricordano che l’epidemia ha prodotto ripercussioni ad ogni livello, e per chiunque: al giurista spetta contribuire alla riflessione comune, analizzando le soluzioni offerte dal nostro ordinamento.
Al riguardo Diritti in movimento, lo scorso marzo, ha organizzato un dibattito su Pandemia Covid e danni extracontrattuali: quali spazi per il risarcimento, contribuendo, successivamente, alla pubblicazione del volume su Pandemia e Danni risarcibili, presso la casa editrice Corsiero.
Il curatore dell’opera, Prof. Paolo Cendon, si è tra l’altro soffermato sulle problematiche riguardanti il vaccino contro il Covid, tra facoltà ed obbligo. Se l’adesione volontaria ad una campagna di vaccinazione ha precedenti storici – come documenta, ad esempio, la Notificazione del Comune di Ascoli in data 30 aprile 1836 – anche l’obbligo è documentato fin dall’epoca napoleonica ed è conforme al moderno ordinamento costituzionale.
Nel caso di una previsione facoltativa, in particolare, il paziente è invitato ad esprimere il proprio consenso alla vaccinazione, esercitando diritti riconosciuti anche alle persone più fragili: la conservazione della loro autonomia è infatti coerente con gli spazi di autodeterminazione già previsti dal nostro ordinamento e gode della garanzia delle funzioni del Giudice tutelare. Nel caso di previsione obbligatoria, è noto che il trattamento deve preservare la salute del pubblico e del diretto interessato, senza che quest’ultimo sia tenuto a subire conseguenze eccedenti la normale tollerabilità: egli, in tale ipotesi, ha infatti diritto alla corresponsione di una equa indennità, a prescindere dai paralleli rimedi risarcitori (Corte Cost. 18 gennaio 2018 n. 5).
Nei successivi interventi assume rilievo la dialettica tra indennità e risarcimento, nonché, per quest’ultimo, tra responsabilità contrattuale e aquiliana: la scelta degli strumenti più idonei non è indifferente, dato che il Covid ha finora cagionato circa sei milioni di morti, oltre a “un ‘buco’ di circa dieci trilioni di dollari nell’economia globale” (si veda l’intervento di A. Negro, L’Assicurazione). E se è difficile avanzare domande risarcitorie individuali nei confronti della Cina, come rileva il Prof. Franzina, si pone la problematica della responsabilità civile in Italia.
Di fatto è innegabile che “i continui tagli alla spesa sanitaria, l’incuria per l’aggiornamento dei piani pandemici, la preferenza data dai politici all’efficienza aziendale del sistema a tutto scapito della sicurezza delle cure abbiano fatto da detonatore di fronte a un virus a elevata infettività e con modalità di contagio allora sconosciute” (A. Venchiarutti, Gli atti leciti dannosi). Né si può ignorare la testimonianza di coloro che hanno affrontato il Covid e hanno provato l’esperienza diretta di essere ignorati dalle autorità sanitarie, visitati in strada dal medico di base, ricoverati in un pronto soccorso trasformato in lazzaretto, senza spiegazioni, senza coperte e al freddo. Meglio tacere del bagno “delle scope”, dei tentativi dei medici di praticare l’ecografia senza conoscerla e della frettolosa dimissione: “annientato ma vivo”, commenta l’Autore (M. Bona, Covid-19 e sistema politico-amministrativo).
In questo scenario alcuni rilevano la inadeguatezza degli ordinari strumenti risarcitori e la necessità di ricorrere ad una indennità, o al contenimento della responsabilità sanitaria, a seconda dei temi in esame e di considerazioni quali l’entità dei danni (G. Marcatajo, L’ingiustizia dei danni da Covid), la possibilità di una “caccia agli untori” (M. Meli, I contagiati imprudenti), il rischio di una medicina difensiva e la riduzione dei costi di assicurazione (U. Salanitro, Le strutture sanitarie). Inoltre, pur essendo evidente la portata dell’epidemia, è utile rilevare che il risarcimento non elimina la ricorrenza del danno, ma determina la traslazione del pregiudizio, in presenza dei requisiti di legge (P. Ziviz, I danni non patrimoniali). Altri Autori difendono invece lo strumento risarcitorio, richiedendo l’applicazione del diritto positivo e sviluppandone le potenzialità alla luce della stessa pandemia; diversamente, l’emergenza potrebbe diventare “terreno fertile” per introdurre riforme imprudenti, o frutto di valutazioni meramente economiche (N. Todeschini, I singoli sanitari, gli ‘esercenti’ nella riforma Gelli-Bianco).
Il volume è completato da riflessioni riguardanti il trattamento dei dati personali – specie con riferimento alle informazioni sensibili di natura sanitaria e rilevanti per contrastare l’epidemia (A. Clemente, La privacy al tempo del Covid) – nonché le problematiche di natura penale e deontologica, rispettivamente, riguardanti l’ambiente di lavoro e la diffusione delle notizie tramite la stampa (si vedano gli interventi di G. Spangher e di A. Armano).
Questa Opera ha dunque il pregio di esprimere francamente il pensiero degli Autori, senza che sia celato tra numerose note a piè di pagina (ricordo un caro amico, recentemente scomparso, solito criticare coloro che citavano la Cassazione anche per dire “che ore sono”!). Ed è un libro da conoscere, per meglio comprendere l’evoluzione del nostro ordinamento, nella perdurante epidemia.