Le persone più anziane sono maggiormente vulnerabili sul piano individuale, sociale ed economico.
In Europa circa il 20% di coloro che hanno più di 65 anni risultano a rischio di povertà e di emarginazione: la percentuale aumenta a circa il 30% in alcuni Stati membri dell’Unione, come la Romania, la Bulgaria e le Repubbliche baltiche (www.age-platform.eu).
In Italia la medesima fascia della popolazione risulta caratterizzata da limitazioni nel 37,2% dei casi e da limitazioni gravi nel 12,9% dei casi, per un totale stimato pari al 50,1% degli over 65 (dati Eurostat 2022): il loro numero è superiore a 13,5 milioni di persone (dati Istat 2024), potenzialmente, portatrici di fragilità.
Al riguardo è necessario valutare se l’età e le conseguenti problematiche rappresentino fattori rilevanti per l’apertura di una amministrazione di sostegno o di un’altra misura di protezione.
In particolare l’art. 12 della bozza Cendon, già nel 1986, prevede la possibilità di una amministrazione di sostegno a favore dell’anziano che sia gravato da “impedimenti dovuti all’età” e dal conseguente “bisogno di essere protetto nel compimento degli atti della vita civile” (Cendon, Comand, 20 anni di amministrazione di sostegno, Milano, 2024, 672).
Successivamente è noto che il disegno di legge S375, approvato dal Senato il 21 dicembre 2001, propone l’amministrazione di sostegno anche a beneficio della persona in età avanzata: “la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica ovvero a causa dell’età avanzata, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere adeguatamente alla cura della propria persona o dei propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”. Il testo viene modificato e approvato dalla Camera il 15 ottobre 2003, per poi essere condiviso dal Senato il 22 dicembre 2003, senza conservare un esplicito riferimento all’età: “la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio” (art. 404 c.c.; si vedano i lavori preparatori, nel contesto della 14a Legislatura, in www.senato.it e in https://leg14.camera.it).
La disposizione in esame muove da concetti di natura privativa – come l’infermità, la menomazione e l’impossibilità di compiere attività necessarie – rispecchiando il pensiero dell’epoca ed evidenziando l’obiettivo di colmare uno o più bisogni di protezione, attraverso la garanzia offerta dal giudice tutelare e l’esercizio del suo potere discrezionale: i provvedimenti del giudice, in tal modo, rispondono alle necessità dei beneficiari, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente, nel rispetto della capacità di agire e della autonomia individuale (art. 1, l. 9 gennaio 2024, n. 6).
La giurisprudenza si è frequentemente interrogata sulle potenzialità applicative dell’amministrazione di sostegno, riconoscendola o negandola, di volta in volta, a coloro che soffrono della malattia di Alzheimer, del morbo di Parkinson, o di limitazioni riconducibili all’invecchiamento.
L’Alzheimer, come noto, è un disturbo neurocognitivo che colpisce prevalentemente la popolazione anziana, con il trascorrere degli anni, causando tra l’altro problematiche rilevanti per la memoria, l’apprendimento, il linguaggio, la sfera percettiva e del movimento, etc. (DSM-V, 2013, 612).
Laddove emerga un disturbo neurocognitivo “maggiore”, accompagnato da una “componente degenerativa”, il Tribunale di Torino ritiene preferibile l’interdizione all’amministrazione di sostegno (Trib. Torino, 22 settembre 2017, in questo sito, dal quale provengono le successive pronunce di merito, salvo diversa indicazione).
Tale scelta non è condivisibile, in base al principio secondo cui “l’esistenza di un disordine mentale, anche grave, non può essere l’unica ragione per giustificare un provvedimento totalmente ablativo della capacità” del paziente (Corte EDU, A.N. vs. Lituania, App. no. 17280/08, 31 maggio 2016, § 123, con ulteriori richiami), nonché alla luce dell’orientamento della Cassazione secondo cui è irrilevante il “grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi”, ai fini della interdizione, o piuttosto, della amministrazione di sostegno (Cass. 26 ottobre 2011, n. 22332): quest’ultima “si presenta come uno strumento volto a proteggere senza mortificare la persona affetta da una disabilità, che può essere di qualunque tipo e gravità” (Corte Cost., 10 maggio 2019, n. 114).
Il Giudice tutelare di Bari ha pertanto ritenuto di aprire una amministrazione di sostegno, in favore di un paziente portatore di una “grave forma del morbo di Alzheimer”, affinché l’amministratore possa provvedere alla cura della persona e alla gestione della sua pensione (G.T. Bari, 4 luglio 2007).
La giurisprudenza ha avuto occasione di soffermarsi anche sul morbo di Parkinson: esso, come noto, è una patologia ricorrente con l’avanzare dell’età e può coinvolgere, tra l’altro, le funzioni cognitive, la sfera emotiva, l’area motoria, etc. (DSM-V, 2013, 637 e 638).
Su richiesta di una persona di 71 anni, il Giudice tutelare di Modena ha aperto una amministrazione di sostegno e conferito al legale rappresentante della paziente il potere sia di rilasciare il consenso a future cure palliative, sia di negarlo di fronte a trattamenti antibiotici, di ventilazione, di alimentazione e di idratazione artificiale, indesiderabili dal punto di vista della paziente (G.T. Modena, 23 dicembre 2008, in DeJure).
Il Giudice tutelare di Trieste, viceversa, ha negato l’apertura di una amministrazione di sostegno per una persona di 68 anni, sofferente di grave rallentamento psicomotorio dovuto al morbo di Parkinson e bisognosa di un dispositivo per l’alimentazione artificiale: il Giudice ha infatti rammentato che l’urgenza di procedere alla attività terapeutica “consente di prescindere dal consenso informato del paziente, e impone al medico di eseguire sul paziente e per il paziente, incapace di esprimere il proprio consenso, ogni trattamento sanitario utile e necessario, in modo tempestivo e adeguato, secondo la migliore scienza ed esperienza” (G.T. Trieste, 26 febbraio 2010, in www.assostegno.it).
L’età avanzata, infine, per alcuni può giustificare l’amministrazione di sostegno, mentre per altri no.
Il Giudice tutelare di Modena ha aperto una amministrazione di sostegno per una donna di 86 anni, contraria alla misura, ben orientata nello spazio, ben curata nell’aspetto, non affetta da patologia mentale, in relazione ai soli adempimenti impossibili da espletare personalmente: la riscossione della pensione e il pagamento periodico delle utenze, delle imposte e delle rate del condominio. Il Giudice ha infatti attribuito rilevanza alla “vecchiaia quando possa determinare una limitazione apprezzabile delle funzioni della vita quotidiana”, con l’obiettivo non di mortificare l’autonomia della persona, ma di riconoscere e conservare le sue attuali abilità (G.T. Modena, 24 febbraio 2005).
Il Giudice tutelare di Vercelli, invece, ha rigettato il ricorso per l’amministrazione di sostegno di una donna di 92 anni, lucida, ben orientata, in possesso di una memoria e di una intelligenza fervida, con problematiche circoscritte alla sfera della vista, dell’udito e della deambulazione: a tali limitazioni, infatti, la persona interessata ha dimostrato di saper ovviare tramite il servizio sociale, i vicini e le persone di sua fiducia (G.T. Vercelli, 16 ottobre 2015, in www.altalex.com).
Infine il Giudice tutelare di Milano ha rilevato che le misure di protezione sono un “rimedio del tutto residuale”, per “atti giuridici che non possano altrimenti essere compiuti”: a titolo esemplificativo, l’amministrazione di sostegno può essere rivolta a “disabili gravi o anziani malati e soli, senza rete parentale di riferimento in grado di occuparsene, ovvero in situazioni di abbandono”, con beni da gestire, senza dunque assumere una “valenza generalizzata, uniforme, ‘obbligatoria’ per tutte le persone anziane” (G.T. Milano, 6 dicembre 2023, ined.).
Le misure di protezione sono così destinate a coloro che ne hanno bisogno, garantendo i diritti delle persone anziane, a fronte di situazioni di concreta vulnerabilità.
“Affermare i diritti significa ascoltare gli anziani, preoccupati di pesare sulle loro famiglie, mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto”, ha ricordato il Presidente della Repubblica (Messaggio di fine anno del 31 dicembre 2023 in www.quirinale.it).
In proposito è noto che la nostra Costituzione contiene previsioni a favore dei lavoratori e delle loro esigenze, anche nel caso di vecchiaia (art. 38, secondo comma, Cost.), mentre la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, più ampiamente, riconosce il diritto degli anziani di condurre una esistenza dignitosa, indipendente e partecipe della vita sociale e culturale (art. 25 Carta UE).
In questa prospettiva il legislatore ha elaborato una serie di misure per coloro che hanno compiuto 65 anni, per coloro che hanno raggiunto gli 80 anni e per le persone anziane che soffrono di gravi limitazioni, o di una perdita dell’autonomia, coinvolgendo le istituzioni e i privati, tramite una serie di interventi mirati (artt. 1-2, d.lgs. 15 marzo 2024, n. 29): in particolare una valutazione multidimensionale unificata (al fine di coordinare i servizi socio-sanitari), la sanità preventiva e la telemedicina a domicilio (per ridurre l’incidenza delle patologie legate all’età e per utilizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie), il contrasto all’isolamento e alla deprivazione relazionale e affettiva, la coabitazione solidale domiciliare per le persone anziane e la coabitazione intergenerazionale (secondo buone prassi adottate, tra l’altro, a Milano, nella Casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi, in base all’art. 2 del suo statuto), etc.
Qualora la valutazione multidimensionale unificata evidenzi bisogni di cura e di assistenza, può procedersi alla redazione di un progetto di assistenza individuale integrata: esso è predisposto, tra l’altro, con la partecipazione della persona interessata e/o del suo amministratore di sostegno, munito dei necessari poteri (art. 27, comma 12 e comma 15, d.lgs. 15 marzo 2024, n. 29, con ulteriori previsioni relative ai familiari, al caregiver, all’eventuale tutore e agli enti del terzo settore).
L’amministrazione di sostegno, in tal modo, riconferma la sua attualità e la capacità di intervenire accanto alle persone anziane, a seconda delle loro esigenze, in base alle statuizioni emesse di volta in volta dal Giudice tutelare.