Ho appena terminato di leggere un libro che la mia collaboratrice ha regalato a mio marito. Per caso l’ho leggo, per scelta vi invito alla lettura.
Un SDE, un sicario dell’economia racconta la sua vita. Non è un romanzo. E vita vissuta: nomi, cognomi, date, luoghi, riscontri, tutto estremamente preciso, lucidamente narrato, freddamente esaminato, dolorosamente ricordato. Per chiedere perdono a se stesso e al mondo per quello che ha fatto e per quello che tanti altri americani stanno facendo oggi. Lui più colpevole perché informato e consapevole, oggi molti altri meno informati e meno consapevoli, privi di scrupoli, o meglio privi di morale, amorali.
John Perkins ci offre tutti gli strumenti per leggere gli eventi degli ultimi 60 – 70 anni di storia, una lettura cruda di un progetto crudele e autodistruttivo, il progetto della costruzione di un impero globale da parte dei potentati economici americani. John Perkins è un americano fedele alla sua nazione, fedele ai valori fondanti, convinto che gli States abbiano la missione di diffondere il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità a tutti gli uomini della terra. Questa sua convinzione lo conduce a denunciare l’altra faccia della America, quella potente, quella economica, che utilizza strumenti valutativi e statistici falsati per costruire progetti inutili e dannosi (l’azienda per cui lavorava l’autore costruiva centrali elettriche in paesi emergenti sovra valutando le possibilità di espansione economica e di crescita del paese). Quale lo scopo? Il guadagno delle grandi multinazionali statunitensi nell’immediato, ma nel futuro l’indebitamento dei paesi del terzo mondo e la sottomissione dei loro politici, ottenendo così nazioni non più libere di autodeterminarsi, le cui ricchezze naturali vengono sfruttate indiscriminatamente dagli americani, senza nessun vantaggio economico e sociale per i proprietari di tali risorse, gli abitanti del luogo, <<gli indigeni>>, con lo scopo finale di dominare il mondo, realizzando appunto <<l’impero globale>>. Quali gli strumenti attuativi? Il dollaro perché gli States battono moneta senza aver necessità di riserve auree e, pertanto, il debito statunitense è non reale e non pericoloso, potendo aumentarsi all’infinito, poi la Banca Mondiale che elargisce prestiti ai paesi poveri per attuare i progetti americani, senza nessuna garanzia di restituzione, incamerando interessi e interessi, infine l’ONU le Nazioni Unite, il braccio <<politico>> del progetto.
Nulla a che fare con la fantasiosa idea del <<complotto>> di pochi potentati, un progetto vero e proprio che in un primo momento si è dato strumenti violenti (guerre, insurrezioni, epurazioni razziali, volute, fomentate, finanziate dagli S.U.) e successivamente si è arricchito e, per così dire, sofisticato con la potenza dell’economia e in primis del petrolio. L’autore respinge il complotto perché tale idea consente ai suoi concittadini di escludersi dalle responsabilità. Egli sostiene, viceversa, la responsabilità personale e collettiva di tutti gli americani nella distruzione dell’ecosistema, nella persecuzione di intere popolazioni, nell’asservimento di nazioni più o meno vaste e ricche di materie prime. Come non ricordare Salvador Allende e il Cile con le sue miniere di rame? Ma Perkins ha vissuto personalmente altre due morti violente Jaime Roldos, presidente dell’Ecuador, e Omar Torrijos, presidente di Panama, entrambi conosciuti personalmente, entrambi incorruttibili, entrambi fedeli amanti del loro paese, entrambi morti in incidenti aerei. <<Le loro morti non furono accidentali. Vennero assassinati perché si opponevano a quella congrega di signori delle multinazionali, dei governi e delle banche che si prefiggevano l’impero globale. Noi sicari dell’economia non eravamo riusciti a persuadere Roldos e Torrijos, perciò erano intervenuti sicari di altro tipo, gli sciacalli della CIA che avevamo sempre alle spalle>>.
Incalzante, lascia senza fiato, e un senso di rabbia e frustrazione si fa strada nel lettore. Ma l’autore, che attualmente ha una onlus che lavora in Ecuador, invita alla fine alla speranza. L’invito è rivolto ai suoi concittadini, ma deve essere accolto da tutti noi: <<una cosa che ciascuno di noi può – e deve – fare è educare se stesso e le persone intorno a sé. La democrazia si basa su una popolazione istruita: capace non solo di leggere e scrivere ma di porre continuamente domande importanti. Dobbiamo essere scettici nei confronti dei nostri leader, dirigenti e giornalisti, dobbiamo insistere perché ci informino. Tutti noi dobbiamo leggere tra le righe>>.
Leggere tra le righe è un dovere di tutti noi. Ed è l’unica speranza per evitare l’autodistruzione di un sistema che collasserà e trascinerà tutto il mondo con sé. Se non lo fermiamo …