La delimitazione rigorosa della categoria in esame, e cioè l'identificazione di un denominatore comune fra le varie fasce che interessano, non appare tra i nodi più facili da sciogliere; e d'altro canto è impossibile negare che la difficoltà, per certi versi, nasce anche dall'eccesso di proliferazione delle "carte" e delle dichiarazioni di diritti, quali si sono accumulate nel corso di questi ultimi anni. E' palese, infatti, che lodare il succedersi di quelle proclamazioni come un fenomeno interamente positivo - a prescindere da ogni considerazione circa la vaghezza di quasi tutti i documenti in questione - non potrebbe giustificare l'estensione all'uno o all'altro gruppo di persone fragili di regole ed esiti che, per esse, non avessero in ipotesi un significato pratico.
Dall'altro lato, la necessità di soluzioni accurate si impone tanto più in quanto l'obiettivo che lo studioso può aver di mira, nel campo che stiamo considerando, non è davvero la confezione di un pacchetto puro e semplice di privilegi a cui, per i deboli considerati volta a volta, essere ammessi graziosamente o gratuitamente. Accanto ai benefici statutari (che pure esistono, e potrebbero essere qua e là consistenti) vi sono varie serie di inconvenienti e di costi possibili, soprattutto in termini di debilitazioni, incapacitazioni, sostituzioni formali - risvolti tutti che, in certi casi, finirebbero per apparire privi di un valore apprezzabile ed anzi sgraditi.
E' verosimile, allora, che la ricerca di una definizione non evasiva debba fare leva su una nozione di fragilità sincronizzata direttamente con l'esercizio dei diritti tradizionali della persona, specie delle prerogative esistenziali pi intense.
Per lo studioso si tratterà quindi di occuparsi, certamente, di individui i quali risultano "menomati" o "sottoattrezzati" (per qualsiasi ragione) rispetto a un certo standard generale di integrità fisica o psichica - quali ad esempio (a parte minorenni e infermi di mente) malati gravi, soggetti infilati in polmoni d'acciaio, comatosi, dializzati, handicappati fisici gravi, oligofrenici, tossicodipendenti, forse zingari, immigrati in genere. E non andranno poi trascurati gli individui che appaiono privati della libertà (in quanto carcerati, o internati in manicomio giudiziario, oppure sottoposti a TSO). Sinteticamente - e lasciando stare, in questa sede, qualsiasi accenno a "non soggetti" in senso tecnico: animali domestici e selvatici, piante e altri elementi verdeggianti della vita naturale - ci si rivolgerà a tutte le persone con difficoltà di accesso alla civiltà, intesa nel significato più ampio, al versante dei consumi pi diffusi sino a quello delle consuetudini più innocentemente idiosincratiche.
Sembra conseguente non comprendere dunque entro la cerchia in esame coloro che - pur diversi dalla media per qualche ragione, o fisicamente un po' difficultati, o istituzionalmente un po' strambi, o immersi in funzioni vergognose/riprovate, o fortemente minoritari, o costretti a subire più o meno passivamente le decisioni altrui - non accusano comunque (se non lievi) ostacoli suscettibili di abbassare le possibilità espressive della persona: si pensi ad esempi come le donne incinte, le religiose, i consumatori, gli spettatori televisivi, i pedoni, i ciclisti, le prostitute, gli studenti, i transessuali, i soldati, gli anziani sani, i malati leggeri, i fumatori.
Nè mancano i soggetti per i quali la "debolezza", come fattore idoneo a giustificare una particolarità di statuto, apparirà fortemente dipendente dalle circostanze e dai punti di vista che si assumono - ciò che può valere ad esempio per soggetti quali nani, obesi, anoressici, giganti, minoranze linguistiche, o più ampiamente per homeless, barboni, epilettici, diabetici, immigrati, disoccupati, omosessuali, alcolizzati, e così di seguito.