Letteratura  -  Pant√® Maria Rosa  -  11/10/2010

LA VECCHIAIA NON È PIÙ UNA RICCHEZZA, ANZI È UNA INSOSTENIBILE SPESA – Maria Rosa PANTÉ

Più che te, mamma, piango le tue cose
finite in mano mia, noncurante,
là dove forse non avresti mai
voluto, immaginando
le tue vesti gettate alla rinfusa,
tu le tenevi invece allineate
a schiera e profumate.
Mamma, spargevi salviette odorose
persino dentro al letto.
Le camicie da notte imprigionate
in uno scatolone di cartone
per chissà quale destinazione.
Le tue borsette, ah le tue infinite
borsette. Sparse, svuotate, sventrate
dalla mia mano distratta, tu invece
le nutrivi di carta
per farle panciute,
persino dei miei libri di ragazza.
E l'oro, i foulard, ne hai un cassetto,
mamma, pieno e impalpabile
non posso, mamma, non posso affondarci
le mani. Come spuma
del mare come chiare
montate a neve come vera neve
li scioglierei. Piango le tue cose,
mamma, che farò mie:
camicette improbabili,
colorate e infantili: quella viola
ma quando l'hai indossata?
Forse a casa da sola per lo specchio,
per la gatta, la foto sorridente
di papà. Sarà il mistero che tu
hai voluto. Nessuno le terrà
come facevi tu, si abitueranno
ad armadi confusi che aborrivi.
Mamma che dolce follia ci univa!
Siamo state le due
facce d'una stessa medaglia, o testa
o croce, mamma. Ci siamo rincorse
tutta la vita, finché tu hai lasciato
la corsa, ormai siamo la moneta
sospesa in aria fra terra e cielo.




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