Famiglia, relazioni affettive  -  Giuseppe Piccardo  -  07/05/2022

Il tramonto della PAS tra diritto e attuazione dei principi della suprema corte

Con una recente ordinanza, la numero 9691 del 24 marzo 2022 n. 286, della quale anche i media hanno parlato molto, la Corte di Cassazione ha, in modo pressochè definitivo, rifiutato il concetto di alienazione parentale (c.d. PAS), ritenendola non fondata sotto il profilo scientifico ed esprimendosi nel senso di ritenere che in nome della bigenitorialità non si possa privare il minore della figura materna in forza del riconoscimento della PAS e di ogni analoga teoria in quanto si tratta di teoria pseudoscientifico utilizzato a base di provvedimenti gravemente lesivi per i bambini e le bambine.

Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che l’ascolto del minore costituisce adempimento a pena di nullità del procedimento, garanzia per il minore medesimo di verifica delle sue concrete esigenze , quale parte sostanziale dei giudizi che lo riguardano, del diritto al contraddittorio e ad un equo processo.

Infine, censura la prassi, purtroppo diffuse, di esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dalle madri con utilizzo della forza pubblica nei confronti dei bambini e delle bambine, ritenendo tali modalità attuative  dei provvedimenti del giudice estranee allo Stato di diritto ed al principio di legalità.

LA PAS come concetto psicologico nasce negli anni ottanta del secolo scorso, quando la comunità scientifica ritenne di attribuire alla PAS medesima natura di sindrome riferita all’induzione dei figli minori, da parte di uno dei genitori, al rifiuto dell’altro,  con atteggiamenti denigratori, con la conseguenza, sul piano giudiziario, di un affidamento dei minori stessi, presunti soggetti passivi di PAS, in via esclusiva all’altro genitore.

La vicenda, nota anche come “Caso Massaro”, trae origine dalla denuncia sporta dalla signora LM, nei confronti del padre di suo figlio, nonché suo ex compagno, per il reato di atti persecutori; in sede di giudizio civile di separazione/divorzio, la signora M., tuttavia, veniva ritenuta una madre “Alienante”, nel senso di madre denigrante la figura paterna innanzi al figlio minore e, come tale, genitore inadeguato all’affidamento, , con conseguente allontanamento del figlio dalla madre.                                                                                                                                       Dopo una lunga battaglia giudiziaria, la Corte di Cassazione accoglieva integralmente il ricorso di LM, con reintegro di quest’ultima nella responsabilità genitoriale. 

Nonostante l’ordinanza della Suprema Corte si apprende, proprio in questi giorni, dagli organi di stampa (Corriere della Sera del 5 maggio 2022), che il figlio della signora LM non è a casa con la madre, ma ancora in una casa famiglia, in condizioni di salute peggiori rispetto a quelle di circa un anno e mezzo fa. 

Circa le motivazioni del provvedimento in oggetto, la Cassazione evidenzia l’assenza di fondamento scientifico della PAS e  che  il principio di bigenitorialità non può andare contro, e superare, il supremo interesse del minore. I Giudici di legittimità, inoltre, stigmatizzano in modo netto l'uso della forza fisica  usata per prelevare il minore dalla abitazione nella quale viveva con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia, precisando che la prassi di allontanare i figli dalle madri, mediante uso della forza pubblica, non è conforme ai principi di uno Stato di diritto e, si aggiunge, ai principi  espressi dalla CEDU sul punto. In particolare, con la sentenza  9 gennaio 2007 - 9 aprile 2007, ric. n. 26634/03, Kriz c. Repubblica Ceca, la Corte di Strasburgo ritiene violato, in casi come quello sopra descritto, il diritto alla vita privata e  familiare del minore, ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Uomo.
L’ordinanza in commento, ad avviso dello scrivente, fa giustizia di una lunga e dolorosa vicenda, che può essere considerata un caso di vittimizzazione secondaria, in senso proprio. Il caso  M. infatti, è molto simile al recente caso Landi contro Italia, di cui alla sentenza CEDU del  20 gennaio 2022, nella parte in cui, a seguito della denuncia di un reato, è stato deciso per la decadenza dalla responsabilità genitoriale in danno del genitore denunciante (in entrambi i casi la madre) ed è simile a molti altri casi che sono stati individuati e ben esplicati nella relazione sulla vittimizzazione secondaria della Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere 2022. Ad una legislazione nazionale in linea con il diritto europeo e, in generale, con il diritto internazionale, corrisponde, purtroppo, l’arretratezza culturale e sociale su  questo grave e perdurante fenomeno.




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