Nel corso dei decenni sull’argomento si sono pronunciate molte opinioni che hanno sempre a vario titolo prospettato una differenza tra accertamento convenzionale e accertamento giudiziale fino al punto da ritenere addirittura inammissibile quello compiuto al di fuori della sede processuale.
Trattasi di figura d’altra parte non prevista dall’ordinamento giuridico che tra l’altro non parte da una definizione di negozio ma di contratto a differenza di altri ordinamenti a noi vicini.
Dal punto di vista del suo significato per accertamento si può intendere quell’atto col quale si mira a stabilire la corrispondenza di un fatto a verità e, in diritto, l'esistenza di fatti o di rapporti giuridici, mediante indagini e controlli con un inevitabile nesso tra una situazione presente nel tempo passato e si rilancia verso il futuro. Si tratta dunque di una situazione in cui, secondo una continuità logica, si riprendono ad analizzare fatti pregressi sui quali giungono dichiarazioni negoziale successive ad integrarne alcuni elementi ed innovandone in termini costitutivi, modificativi od estintivi.
Per quanto in dottrina la materia sia stata ed è tuttora assai discussa, tra chi riconosce un valore negoziale e chi invece di dichiarazione di scienza, al pari della confessione (artt. 2733 c.c. e ss.) con cui viene comunicato un fatto del quale l’autore è al corrente.
In qualche modo si potrebbe accostare detta formulazione alla ripetizione del contratto ove si intende la esternazione di una nuova dichiarazione di volontà contrattuale, identica nel suo contenuto ad una dichiarazione precedente. Tipico è il caso in cui le parti, avendo stipulato l'accordo in forma di scrittura privata, decidono di stipularlo nuovamente in forma di atto pubblico in cui le parti possono decidere di ripetere il contratto possono essere diversi; può esserci l'esigenza di precostituire una prova, oppure di consacrare l'accordo con una forma che garantisca maggiore certezza, o di rinnovare un contratto smarrito, oppure di redigere un documento ai fini della trascrizione (ad esempio concludendo un contratto di vendita immobiliare per scrittura privata non autenticata l'accordo, pur se valido, non è trascrivibile).
Si vede un accostamento dunque tra come viene espressa la volontà negoziale e contrattuale rispetto anche all’elemento documentale che in un momento successivo la contiene e raccoglie e non come funzione solo di prova ma di certezza giuridica circa la conformità della dichiarazione negoziale effettuata in precedenza.
Un caso potrebbe riscontrarsi nell’arbitrato in cui le parti in contratto (art. 1349 c.c.) deferiscono a dei terzi gli stessi poteri che avrebbero sul punto i privati stessi e designano i terzi arbitratori ad emettere un giudizio generalmente definito di equità, sul fatto incerto che produce efficacia immediata tra le parti, analogamente ad una convenzione tra le stesse, è così un negozio di accertamento.
La principale funzione tradizionalmente ricondotta al negozio di accertamento (che il L. Mazeaud viene paragonato ad un rivelatore che sulla oscura pellicola fotografica fa apparire l’immagine, prima invisibile ma già impressa) è di natura dichiarativa con cui si intendono di rimuovere una situazione di incertezza relativa ad un già completo regolamento di interessi o comunque a un fatto riconducibile a quest’ultimo anche in considerazione che l’effetto di accertamento ottenuto dalle parti per il tramite del negozio è di certo costitutivo dal momento che si va a rendere certa una situazione incerta, foss’anche per costituire un metro interpretativo atto a rendere la vicenda incerta come certa.
D’altra parte non si può escludere che talvolta l’intento negoziale possa accomunarsi, più che a disporre di nuove posizioni giuridiche, a confermare una situazione esistente, eliminandone i dubbi circa le sue consistenze e su cui gli effetti giuridici non saranno innovativi ma propri della situazione accertata in modo tale da conferire alle parti quella certezza che prima non c’era, conferendo così un effetto retroattivo, pur sempre nel rispetto della relatività dei contratti rispetto ai terzi, coen non potrebbero vedere lesi i loro eventuali diritti connessi.
Tutto ciò differenziandosi rispetto al provvedimento giudiziario che accerta in senso proprio senza apportare alcuna formula costitutiva. Si tende soprattutto in sede giurisprudenziale ad ammettere pacificamente la figura, come negozio di secondo grado che si innesta su un preesistente rapporto tra le parti, valorizzando la loro l'autonomia e la meritevolezza della causa in base all’art. 1322 c.c., individuata nella volontà di eliminare un oggettivo stato di incertezza.
Secondo la Cassazione civile 91/885 il negozio di accertamento di un diritto di credito, destinato ad eliminare l’incertezza su una situazione giuridica preesistente, deve necessariamente indicare il rapporto cui l’obbligazione che forma oggetto dell’accertamento si ricollega dato che obbligazione e credito in tanto sussistono come situazione giuridica di un certo tipo con un determinato contenuto in quanto si ricollegano ad un fatto giuridico idoneo a determinare il sorgere in conformità all’ordinamento. Diversamente per i negozi di accertamento aventi a che fare con i diritti reali in cui (cassazione civile 1983/7274) si riconosce validità al negozio di accertamento a prescindere dall’indicazione del rapporto di fondo.
Per la forma del negozio di accertamento non ne è prevista una vincolata (Cassazione civile 97/4994) e quindi in difetto di una palese espressione normativa, non è esigibile una forma scritta e si può perfezionare anche oralmente e per fatti concludenti, forme idonee a realizzare la volontà delle parti.
Del resto sul piano processuale la caratteristica dell’incertezza può essere rapportata alla sentenza di accertamento che ha la funzione di dichiarare, da un lato, la realtà dei fatti e, dall’altro, la regola di diritto che ad essi si applica, invece sul piano sostanziale l’incertezza può essere rapportata al negozio di accertamento.
In tutto questo emerge la rilevanza dell’attività di interpretazione il cui compito forse cruciale è quello di sussumere o ricondurre il fatto concreto ad una data norma o regola che presuppone un accertamento dei fatti che vanno a costituire quella fattispecie, con i principi fissati nell’art. 12 delle Preleggi secondo il quale: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore” ed in genere si tende ad attribuire tale compito al giudice anche se nel corso del tempo si è fatta largo la concezione per cui si vuole valorizzare l’autonomia privata nella sua funzione di accertamento negoziale mediante cui accertare una vicenda preesistente senza modificarla ma fissandone in modo preciso anche con riferimento alla sua efficacia anche al fine di evitare possibili contenziosi. Certo è che si distingue il negozio di accertamento rispetto alla transazione in cui si ha efficacia costitutiva mentre il negozio di accertamento ha efficacia solo dichiarativa. Presupposto della transazione è che sia sorta o possa nascere una lite, mentre per in negozio di accertamento è sufficiente la mera incertezza.
Di certo si tratta di materia specificamente controversa ed ancora oggi forte di uno sviluppo dottrinale e giurisprudenziale non indifferente e su cui vi sarà modo di poter rientrare quanto prima per ulteriori analisi ricognitive.
Intanto un importante studio era stato svolto dal Consiglio Nazionale del Notariato – civilistico n. 4-2017/C, cui si rinvia per un approfondimento.
Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14618
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5.1. – Nel negozio di accertamento, il quale persegue la funzione di eliminare l'incertezza di una situazione giuridica preesistente, la nullità per mancanza di causa è ipotizzabile solo quando le parti, per errore o volutamente, abbiano accertato una situazione inesistente, oppure quando la situazione esisteva, ma era certa. Pertanto, con riguardo ad una scrittura privata avente ad oggetto il riconoscimento di una determinata intestazione di proprietà immobiliare, la mancanza di effetti traslativi, e la circostanza che il documento non contenga un'espressa indicazione dei rapporti che l'hanno preceduta, non sono ragioni di per sé sufficienti per affermare la nullità ed inoperatività della scrittura medesima, per difetto di causa, rendendosi necessaria un'indagine sui possibili suoi collegamenti con negozi precedenti intercorsi fra le stesse parti, al fine di stabilire se ricorra l'indicata funzione, e se, quindi, sia configurabile un negozio di accertamento rivolto a rendere definitiva e vincolante una precedente situazione incerta (Cass. n. 7274/83). Il fatto che il negozio di accertamento non costituisca esso stesso, proprio per l'assenza di una sottostante causa dispositiva, fonte del rapporto tra le parti, ed anzi che ne presupponga di necessità la preesistenza, non significa, però, che il medesimo rapporto debba essere provato altrimenti, ché, diversamente, la stessa funzione del negozio d'accertamento sarebbe postulata invano. E', piuttosto, la nullità del contratto da cui si origina il rapporto che, ove dimostrata, ne travolge l'accertamento convenzionale, e non, come vorrebbe parte ricorrente, che quest'ultimo sia inidoneo a provare il rapporto preesistente per il solo fatto di essere un negozio di tipo dichiarativo.
5.1. – Nello specifico, il giudicato (Cass. S.U. n.24664107) di cui alla sentenza n.212/99 qualifica la scrittura privata 15.3.1976, appunto, come atto ricognitivo di un rapporto di tipo societario non manifestato all'esterno, nel senso che solo GS appariva quale titolare dell'officina meccanica, e che i conti correnti presso cui erano depositati i proventi dell'attività aziendale non erano intestati alla società, ma cointestati in via disgiuntiva ai due fratelli. Tale accertamento è esattamente quello presupposto dalla sentenza impugnata, li dove in essa si afferma, in maniera del tutto logica e comprensibile, che l'inequivocabile richiamo al rapporto societario preesistente induce a ritenere la validità del contratto del 1976, che non ha avuto altro scopo, nell'intenzione delle parti, che quello di eliminare le incertezze in ordine alla suddivisione dei profitti e all'intestazione dei beni acquistati con i proventi del lavoro comune.
5.2. – Né pregio alcuno può riconoscersi all'affermazione secondo cui la Corte territoriale non avrebbe approfondito l'esame delle circostanze idonee a rilevare l'esistenza di un rapporto societario tra le parti, quanto a fondo comune, partecipazione agli utili, alle perdite e alla relativa alea, ed affectio societatis, posto che l'esistenza di tale rapporto è coperta proprio dall'efficacia di giudicato della sentenza n.212/99, che parte ricorrente lamenta, in piena contraddizione logica e senza fondamento, non essere stata considerata dalla Corte territoriale come prevalente rispetto alla sentenza di primo grado.