Due recenti provvedimenti, uno del Tribunale di Monza in data 22 luglio 2021, l’altro del Tribunale di Ravenna in data 30 agosto 2021, hanno posto l’attenzione sulla problematica del diritto alla vaccinazione ai minori, nel caso in cui uno dei genitori separati non presti il relativo consenso.
In un caso, quello trattato dal Tribunale di Ravenna, il minore era prossimo alla maggiore età (16 anni), mentre nella fattispecie oggetto della pronuncia del Tribunale di Monza si trattava di minore quindicenne.
Nel caso lombardo, il Tribunale ha pronunciato decreto con il quale ha consentito al minore di potersi vaccinare con il solo consenso della madre, a seguito della verifica dell’applicabilità, nella fattispecie, dell’articolo 709 ter c.p.c e della competenza del Tribunale a decidere la questione, alla luce dell’argomentazione secondo la quale la disposizione di legge citata ha proprio lo scopo di risolvere i contrasti che insorgono tra genitori separati o divorziati in relazione all’esercizio della responsabilità genitoriale con riferimento alle decisioni relative a istruzione, educazione, salute e residenza dei figli. In caso di disaccordo, quindi, circa la somministrazione di un vaccino e, di conseguenza, in relazione ad una decisione rilevante circa la salute del minore, il potere di decisione spetta al Giudice, a prescindere dall’obbligatorietà o meno del vaccino.
Il Tribunale monzese, successivamente, con riferimento al merito della opportunità o meno della vaccinazione, in continuità con precedenti decisioni di merito, tra le quali quella del Tribunale di Ravenna sopra citata, ha ritenuto valida l’attribuzione al giudice del potere di sospendere la capacità genitoriale di quello contrario al vaccino e, quindi, di procedere al trattamento sanitario, qualora sussistenti due condizioni:
1) nel caso in cui via sia un pericolo concreto per la salute del minore, in considerazione alla gravità e alla diffusione del virus;
2) nel caso in cui vi siano dati scientifici univoci da cui risulta l’efficacia di quel determinato vaccino.
Di conseguenza, occorrerà valutare l’esistenza di un grave pregiudizio per la salute del minore e la diffusione della malattia a livello nazionale; inoltre, dovrà essere esclusa qualsivoglia possibilità di sostituzione da parte del giudice della volontà del genitore contrario alla vaccinazione, qualora il virus non abbia raggiunto una significativa diffusione; circostanze escluse, allo stato attuale, dal Tribunale di Monza.
Circa l’efficacia del vaccino, il giudice ha ritenuto di adottare l’opinione del comitato di esperti nazionali e internazionali che ritengono da tempo che i vaccini approvati dalle autorità nazionali e internazionali siano efficaci, anche in rapporti ai rischi – benefici (soprattutto nel caso in cui sussista, come nel cso di specie, una precisa indicazione pediatrica alla vaccinazione) e che la mancata vaccinazione sia di gran lunga superiore ai rischi connessi all’immunizzazione e,con riferimenti specifico ai minori, al loro percorso educativo, limitando la possibilità di accesso alle strutture formative.
Infine, il Giudice ha tenuto conto della volontà espressa dal minore alla vaccinazione, conformemente a quanto previsto dalla legge 219/2017, secondo la quale i minori hanno diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di decisione e della circostanza secondo la quale il consenso informato al trattamento sanitario nei confronti del minore deve essere espresso da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, tenuto conto della volontà del minore medesimo, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità (nei casi specifici 15 e 16 anni).
I principi espressi dalle decisioni in commento, ad avviso dello scrivente, sono sicuramente da condividere, soprattutto perché da un lato tutelano la salute dei minori, in periodo di grave pandemia, come quello attuale e dall’altro lato valorizzano, correttamente la volontà dai medesimi espressa. E ciò non è scontato, se si pensa a quante volte l’ascolto del minore, nei procedimenti di separazione e divorzio non avvenga, come rilevato dai Giudici di legittimità nazionale e dalla giurisprudenza sovranazionale, in violazione dei principi fondamentali che il nostro Paese si è più volte impegnato a rispettare, anche mediante l’adesione e la ratifica di importanti Convenzioni internazionali a tutela dell’infanzia e dei minori.