Una donna non più giovane, sposata e con figli, entra a un certo punto nella spirale della depressione; causa non secondaria è il fatto di ritrovarsi per marito un perdigiorno, fatuo e disoccupato, il quale a tutto pensa al mondo meno che a lei.
L’uomo è sempre fuori casa, ama il divertimento, si occupa solo di auto sportive, Porsche e Ferrari soprattutto, ogni tanto beve: ci sono anche momenti di gioco d’azzardo, ha storie con ragazze fuori città.
I figli è come se non esistessero.
Fatto sta che la moglie decide, un brutto giorno, di asserragliarsi nel salotto di casa, e di non uscirne più; per nessuna ragione al mondo.
Passano alcuni anni, le cose non cambiano; finchè un giorno si presentano gli addetti di una ditta di traslochi: occorre procedere allo sgombero, c’è uno sfratto esecutivo cui dare corso.
È il marito ad accogliere gli operai, dice loro in sostanza: “Entrate, disfate tutto; troverete in salotto un po’ di confusione, odori terribili, voi prendete ogni oggetto e non lasciate niente: può darsi che ci sia una cosa che si muove, là dentro, un essere vivo, almeno credo, portate via anche quello”.
Così gli incaricati entrano, si accorgono di una presenza che respira, è una creatura umana; avvertono i Servizi socio-sanitari, i quali provvederanno a far ricoverare la donna in ospedale e a curarla.
Si apre poco dopo il processo; il marito finirà condannato per violazione del dovere di assistenza, sul piano sia penale che civile.
Sapeva e nulla ha fatto per aiutare quella poveretta.
Fra i due era stata pronunciata la separazione coniugale, intanto; sembra però che alla fine - sono esseri “strani” le donne … - lei volesse ritornare a vivere col marito, che ne fosse sempre innamorata: era lui a continuare a non volerla.
Di vicende del genere molte se ne sono ripetute, anche se meno estreme, negli ultimi decenni