Responsabilità civile  -  Redazione P&D  -  02/12/2022

“ Sul  ritenuto  concorso  di  colpa  delle  vittime  ex  art.1227  comma  1  c.c. :  una  decisione  molto  discutibile “- Trib. L’Aquila  sentenza  11.10.2022, n.676 - Massimo Niro

1.La  pronuncia  che  si  commenta  ha  suscitato  reazioni  immediate  nella  popolazione  locale, non  proprio  di  segno  positivo, in  quanto ha  ritenuto  sussistere  il  concorso  di  colpa  delle  vittime  del  crollo  di  un  palazzo  verificatosi  a  L’Aquila  la  notte  del  6  aprile  2009  a  seguito  del  noto  terremoto  che  ha  colpito  la  città  abruzzese  e, quindi, ha  proporzionalmente  diminuito  il  risarcimento  dei  danni  spettante  agli  attori ( i  familiari  delle  persone  decedute  nel  crollo ).  Infatti, nel  capoluogo  abruzzese  sono  comparsi  subito  cartelli  e  striscioni  con  la  scritta  “ Le  vittime  non  hanno  colpa “  e  anche  il  Consiglio  Comunale  di  L’Aquila  ha  espresso  solidarietà  con  la  protesta : d’altra  parte,  era  prevedibile  che  una  decisione  giudiziaria  del  tenore  indicato  suscitasse  reazioni  nella  popolazione, così  gravemente  colpita  dal  terremoto  del  2009 ( cfr. S. Monti, Terremoto  e  crollo di  un  palazzo :  le  vittime  hanno  colpa ?, in  www.IlQuotidianoGiuridico.it, 10  novembre  2022 ).

In  questa  sede, ovviamente, ci  si  soffermerà  sulla  sentenza  in  esame  dal  punto  di  vista  tecnico-giuridico,  analizzando  le  motivazioni  che  hanno  indotto  il  Giudice  aquilano  a  ritenere  configurabile, nel  caso  di  specie, il  concorso  di  colpa  delle  vittime, ai  sensi  dell’art.1227, 1° comma, c.c..

Va  premesso  che  il  Giudice  monocratico  del  Tribunale  di  L’Aquila  ha  ravvisato  la  responsabilità  dei  due  Ministeri  convenuti ( Ministero  delle  Infrastrutture  e  dei  Trasporti  e  Ministero  dell’Interno )  nonché  degli  eredi  del  costruttore  per  l’evento  de  quo,  rilevando  che  l’edificio  crollato  era  stato  costruito  nel  1963,  nella  vigenza  della  L.1684/1962 

( “Provvedimenti  per  l’edilizia, con  particolari  prescrizioni  per  le  zone  sismiche “) e  del  R.D.L. 2229/1939 ( “ Norme  per  la  esecuzione  delle  opere  in  conglomerato  cementizio  semplice  od  armato “) :  i  due  citati  testi  normativi  devolvevano  agli  organi  dei  due  Ministeri 

( rispettivamente  l’Ufficio  del  Genio  Civile  e  la  Prefettura )  compiti  di  controllo  funzionali  a  garantire  la  sicurezza  dell’edificio  da  costruire “ ,  compiti  che  nel  caso  specifico  erano  stati  palesemente  non  osservati.  Infatti,  era  evidente  la  negligenza  del  Genio  Civile “,  che  aveva  certificato  erroneamente  la  conformità  dei  progetti  e  della  connessa  costruzione  alla  normativa  antisismica,  così  come  era  evidente  la  negligenza  della  Prefettura  per  non  avere  rilevato  gli  errori  commessi  dal  costruttore  nella  realizzazione  delle  strutture  in  cemento  armato,  errori  di  miscelazione, getto/ripresa  e  compattazione “,  come  si  desumeva  dal  fatto  che  la  licenza  d’uso  era  poi  stata  emessa  dalla  stessa  Prefettura.  

Ritenuta, quindi, la  responsabilità  concorrente  dei  due  Ministeri  menzionati  e  degli  eredi  del  costruttore,  il  Giudice  ha  invece  escluso  la  corresponsabilità  del  Comune  di  L’Aquila,  osservando  che  il  controllo  a  detto  ente  demandato  dalla  disciplina  prevede  un  controllo  meramente  formale  circa  l’esistenza  delle  autorizzazioni  di  competenza  del  Genio  Civile  e  Prefettura “.  

Tuttavia - questo  è  il  punto  della  pronuncia  che  ha  destato  sconcerto  e  che  è  oggetto  delle  presenti  considerazioni -  la  responsabilità  dei  due  Ministeri e  degli  eredi  del  costruttore  non  è  esclusiva,  in  quanto  il  Giudice  reputa  sussistente  il  concorso  di  colpa  delle  vittime, ai  sensi  dell’art.1227  comma  1  c.c.,  accogliendo  l’eccezione  avanzata  dai  Ministeri  delle  Infrastrutture  e  dell’Interno,  nei  termini  che  seguono :  E’ infatti  fondata  l’eccezione  di  concorso  di  colpa  delle  vittime  ai  sensi  dell’art.1227  I  comma  c.c.,  costituendo  obiettivamente  una  condotta  incauta  quella  di  trattenersi  a  dormire - così  privandosi  della  possibilità  di  allontanarsi  immediatamente  dall’edificio  al  verificarsi  della  scossa -  nonostante  il  notorio  verificarsi  di  due  scosse  nella  serata  del  5  aprile  e  poco  dopo  la  mezzanotte  del  6  aprile,  concorso  che, tenuto  conto  dell’affidamento  che  i  soggetti  poi  defunti  potevano  riporre  nella  capacità  dell’edificio  di  resistere  al  sisma  per  essere  lo  stesso  in  cemento  armato  e  rimasto  in  piedi  nel  corso  dello  sciame  sismico  da  mesi  in  atto, può  stimarsi  in  misura  del  30% ( art.1127  I  co. c.c. ), con  conseguente  proporzionale  riduzione  del  credito  risarcitorio  degli  odierni  attori “. 

2. Sul  concorso  di  colpa  del  danneggiato  ex  art.1227  comma  1  c.c.  la  giurisprudenza  di  legittimità  ha  enunciato  il  principio  secondo  cui  stante  la  genericità  dell’art.1227, c.1, c.c. sul  punto,  la  colpa  sussiste  non  solo  in  ipotesi  di  violazione  da  parte  del  creditore-danneggiato  di  un  obbligo  giuridico, ma  anche  nella  violazione  della  norma  comportamentale  di  diligenza, sotto  il  profilo  della  colpa  generica “ :  cosicchè  ai  fini  dell’art.1227, c.1, c.c.,  sussiste  il  comportamento  omissivo  colposo  del  danneggiato  ogni  qual volta  tale  inerzia  contraria  a   diligenza, a  prescindere  dalla  violazione di  un  obbligo  giuridico  di  attivarsi, abbia  concorso  a  produrre  l’evento  lesivo  in  suo  danno

( Cass. sez. un. sentenza  24406/2011 ).   Tuttavia, nel  caso  che  ci  occupa  ben  difficilmente  può  configurarsi  una  ‘colpa  generica’  nella  condotta  delle  vittime  dell’evento  dannoso,  poiché  

pare  impossibile  qualificare  la  condotta  come  negligente  e  colposa :  essendo  inconsapevoli  dei  difetti  di  costruzione, le  vittime  potevano  ben  confidare  nella  stabilità  di  un  fabbricato  che  non  solo  era  resistito  alle  precedenti  scosse, ma, per  quanto  ne  sapevano, era  stato  altresì  realizzato  in  conformità  alla  normativa  antisismica “ ( così  S. Monti,  op. cit. ).

In  effetti,  considerare  una  “condotta  incauta”  quella  serbata  dalle  vittime  dell’evento  in questione,  per  essersi  trattenute  a  dormire  nel  fabbricato  nonostante  si  fossero  già  verificate  due  scosse  nella  serata  precedente  e  poco  dopo  la  mezzanotte  del  6  aprile  2009,  appare  una  forzatura  giuridica  contraddetta  dai  dati  di  fatto,  visto  che  lo  stesso  Giudice  aquilano  tiene  conto  “dell’affidamento  che  i  soggetti  poi  defunti  potevano  riporre  nella  capacità  dell’edificio  di  resistere  al  sisma  per  essere  lo  stesso  in  cemento  armato  e  rimasto  in  piedi  nel  corso  dello  sciame  sismico  da  mesi  in  atto”.   Se  l’affidamento  delle  vittime  nella  stabilità  dell’edificio  era  incolpevole  e  dunque  ragionevole,  non  si  comprende  perché  e  in  base  a  quali  parametri  la  loro  condotta  debba  qualificarsi  colposa ( cfr. anche, in  questi  termini, C. Maranzano,  Il  concorso  di  colpa  delle  vittime  del  terremoto, in  www.StudioClaudioScognamiglio.it, 15  novembre  2022 :  Sul  punto, la  decisione  appare  assai  discutibile, sia  perché - in difetto  di  una  specifica  indicazione, dell’Autorità  di  protezione  civile  competente, ad  abbandonare  le  case  a  seguito  delle  prime  scosse  ed  in  particolare  per  la  notte -  non  si  può  ritenere  colposo  il  comportamento  delle  vittime, sia  perché  risulta  contraddittorio  sostenere  che  le  vittime  potevano  ragionevolmente  confidare  sulla  tenuta  dell’edificio  e  che, al  tempo  stesso, sarebbero  state  tenute, secondo  un  canone  di  diligenza, a  dormire  fuori  casa “ ).

In  conclusione, il  riconoscimento  di  un  concorso  di  colpa  delle  vittime, in  base  al  disposto  dell’art.1227, 1° comma, c.c.,  nella  fattispecie  in  esame  non  appare  giustificato  sul  piano  giuridico    su  quello  fattuale,  non  essendo  dato  capire, dalla  motivazione  della  pronuncia, sulla  scorta  di  quali  criteri  obiettivi  la  condotta  delle  vittime  potesse  qualificarsi  come  imprudente o  negligente :  piuttosto, ciò  sembra  conseguire  ad  un  giudizio  svolto  impropriamente  ex  post  anziché, come  avrebbe  dovuto  essere, ex  ante ( così, in  maniera  condivisibile, S. Monti, op. cit. :  Ben  lungi  dall’essere  condivisibile  sotto  il  profilo  tecnico-giuridico, la  configurazione  del  concorso  di  colpa  delle  vittime  ex  art.1227, comma  1, c.c.

( peraltro, per  una  percentuale  arbitraria )  sembra  allora  conseguire  soltanto  a  un  giudizio  di  diligenza  effettuato  impropriamente  secondo  un’ottica  ex  post, anziché  ex  ante “ ).

Allora  la  composta  protesta  dei  familiari  e  della  popolazione  locale  nei  confronti  di  questo  aspetto  della  sentenza  in  esame ( non  privo  di  effetti  pratici, vista  la  riduzione  del  risarcimento )  non  era  priva  di  giustificazione :  si  spera  che  questa  incongruenza  giuridica  

( inedita, dato  che  non  risultano  altre  pronunce  per  il  medesimo  evento  di  questo  tenore )  possa  essere  corretta  ed  eliminata  in  sede  di  impugnazione.

                                                                                                      Massimo  Niro

                                                                                              ( giurista,  ex  magistrato )


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